Armando Di Carlo: Salvatore Natalil, postfilosofia della felicità?

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"il fiume è dentro di noi, il mare tutto intorno a noi.”

(T.S. Eliot)


Ho avuto modo di incontrare, in uno dei suoi rari rientri al paese natale, il filosofo pattese Salvatore Natoli, ordinario di Filosofia Teoretica presso l’Università di Milano Bicocca.

 Per descrivere questo prodigioso filosofo in poche parole – di necessità virtù - mi corre l’obbligo di riprendere una citazione che lo stesso Natoli, nel saggio “L’edificazione di sé – Istruzioni sulla vita interiore” ( testo maturo che, fra l’altro, mi ha fatto scoprire l’autore, per la qual cosa non sarò mai sufficientemente grato all’ottimo amico che me ne ha fatto dono ), prese da Nietsche; un passo nel quale il tedesco, scagliandosi contro la secolare pedagogia della rinuncia delle passioni, così concludeva: “Non si devono gonfiare i propri errori fino a farne delle fatalità; lavoriamo piuttosto onestamente insieme al compito di trasformare le passioni dell’umanità in gioia”.Dovesse capitargli sotto tiro quest’articolo, sicuramente il professore mi accuserebbe di essere “impaziente”, ma confesso ugualmente che non stavo nella pelle all’idea di poter assistere alle riflessioni del filosofo che è stato in grado di far rivivere e convivere in maniera unica ed originalissima, reinterpretando senza stravolgere, i grandi filosofi greci, Socrate e Platone, Aristole e gli Epicurei ma anche Spinoza e Nietsche, Leibniz e Schopenhauer, Montaigne e kant, Hobbes e Cartesio solo per citarne alcuni, finendo con l’inglobare persino il padre dell’economia moderna, Adam Smith, in questo esercito di ricercatori della felicità (Così quando scrive: “Smith, pur sottolineando il ruolo decisivo che gli interessi giocano nel comportamento degli uomini, ritiene appropriato solo quell’agire che concorre, alla fine, al pubblico benessere.” ).

 La conferenza alla quale ho avuto il piacere di assistere si intitolava: “La Felicità: l’attimo immenso e la stabilità del bene”.... CONTINUA

QUAZ ART