Alex Gezzi nel Dizionario letteratura ferrarese contemporanea: Intervista

D - La scienza come arte e-o poesia, quindi?

 

R - La scienza come arte e l’arte come scienza. Penso proprio di si.

 

La costante è senza ombra di dubbio questa storia universale inerente la Bellezza.

 

E sulle orme di questa storia mi sono imbattuto, per caso – come del resto, credo, ogni cosa nella vita – nel principio “arte come vita”, ovvero in quella identificazione di teatro e vita, l’arte come riscatto dell’uomo, l’arte come liberazione al di là di ogni sovrastruttura. Binomio inscindibile tra arte e vita era la bandiera di un gruppo di artisti che all’inizio del secolo scorso ha rivoluzionato la scena dell’arte. A loro ho sempre guardato e continuo a guardare. A quel teatro dove l’attore non è in scena come nella vita, ma al contrario deve essere nella vita come è in scena. A quel teatro itinerante, di denuncia, popolare, teatro rivolto alla massa, teatro per tutti – o meglio – di tutti. A quel teatro di rifiuto del cosiddetto “teatro tradizionale” e che va alla ricerca di un teatro nuovo. A quel teatro fatto da attori-non attori, un teatro che incarna perfettamente l’ideale di attore-artista che l’attore-artista per eccellenza, Leo de Berardinis (rappresentante indiscusso del Nuovo Teatro Italiano del secondo Novecento, assieme al più noto Carmelo Bene), ci ha insegnato.

 

L’attore-artista è l’artefice assoluto dello spettacolo: non soltanto attore ma anche autore, regista, tecnico delle luci e del suono. Performer, in una sola parola. Paragone bizzarro ma più che mai azzeccato quello che associa l’arte contemporanea a un frullatore. Turbinio di immagini, suoni, colori, musica e parole mescolati insieme. Ribaltamento, sconquassamento emotivo, esperienza polisensoriale.