Di Pietro seconda giovinezza: anche il PCI di Napolitano andava colpito con Tangentopoli!




 
ROMA - Antonio Di Pietro per una volta dà ragione a Bettino Craxi. Un evento che solo l'oggetto ultimo delle odierne critiche dell'ex pm può spiegare. Il leader dell'Idv infatti sostiene, in una intervista alsettimanale Oggi, che le parole con cui Craxi parlò a suo tempo di Giorgio Napolitano hanno un fondamento.

Esistono - dice Di Pietro - «due Giorgio Napolitano: quello che ci racconta oggi la pubblicistica ufficiale, il limpido garante della Costituzione, e quello che raccontò l'imputato Bettino Craxi in un interrogatorio formale, reso, nel 1993, durante una pubblica udienza del processo Enimont, uno dei più importanti di Tangentopoli».

Un coinvolgimento - quello richiamato dal leader Idv - che fa reagire il Quirinale che parla di «nuovi, assurdi artifizi provocatori nel quotidiano crescendo di un'aggressiva polemica personale contro il presidente della Repubblica». Se, dunque, una reazione voleva ottenere, Di Pietro - con il nuovo attacco frontale - l'ha ottenuta. Anche se, questa volta, ha dovuto utilizzare le parole del suo storico avversario: un segnale evidente, sfacciato, del punto di rottura a cui ormai sono arrivati i suoi rapporti con il Colle.

Di Pietro riprende da Craxi l'accusa più politica che il segretario socialista aveva formulato; i passati legami con l'allora Urss e con la Prima repubblica. «Craxi - dice Di Pietro - descriveva quel Napolitano, esponente di spicco del Pci nonché presidente della Camera, come un uomo molto attento al sistema della Prima Repubblica specie coltivando i suoi rapporti con Mosca. Io credo che in quell'interrogatorio formale, che io condussi davanti al giudice, Craxi stesse rivelando fatti veri perché accusò pure se stesso e poi gli altri di finanziamento illecito dei partiti.
Ora delle due l'una: o quei fatti raccontati non avevano rilevanza penale oppure non vedo perché si sia usato il sistema dei due pesi e delle due misure».
 
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IL MESSAGGERO