Marcello Veneziani attacca Umberto Eco, eterno cattivo maestro...

Eco, cattivo maestro dai testi di piombo

Torna "Il costume di casa": una raccolta di pezzi degli anni Sessanta che ha gettato benzina sugli anni del terrorismo. Per screditare la destra confonde volutamente pensatori e picchiatori
Il libro è assai istruttivo, coincide con un’epoca cruciale che culmi­na nel ’ 68 e poi si intristisce nei cu­pi anni seguenti. È un libro coevo, per capire il clima, alla firma di Umberto Eco apposta al manife­sto di Lotta Continua contro il commissario Calabresi, poco do­po ucciso su mandato dei medesi­mi lottacontinuai. Pagine interessanti,non c’è dub­bio, a tratti acute, da cui traggo quattro o cinque spunti utili per ca­pire il presente. Parto da quel tem­po. Negli anni Sessanta c’era in Ita­lia una vera borghesia, dignitosa e ipocrita, come è poi la borghesia, che aveva senso del decoro e della morale, un discreto amor patrio, un reverenziale rispetto per le tra­dizioni culturali e religiose, anche se talvolta fariseo o filisteo. Le sue basi erano i costumi di vita eredita­ti, la buona educazione e le lezioni impartite dalla scuola del tempo. Eco demolisce quei santuari a uno a uno: il senso della tradizione e dei buoni costumi, il senso religio­so e il legame con la morale comu­ne, la meritocrazia e «l’illusione della verità». Auspica una «guerri­glia semiologica» (in quegli anni erano parole di piombo), nega il ri­spetto del latino - «L’ossessione del latino è una manifestazione di pigrizia culturale, o forse di forsen­nata invidia: voglio che anche i miei figli abbiano gli orizzonti ri­stretti che ho avuto io, altrimenti non potranno ubbidirmi quando comando»-distrugge i buoni senti­menti e il suo alone retorico che promanavano dal libro Cuore , li­bro di formazione di più generazio­ni che servì a edificare un sentire comune dell’Italia postunitaria e che per Eco è invece «turpe esem­pio di pedagogia piccolo borghe­se, paternalistica e sadicamente umbertina»; elogia Franti il cattivo... C
 
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