Nei giorni scorsi, mi è capitato tra le mani “Obiettivo Ferrara”, edito nel 1987 dalla Liberty House di Lucio Scardino. Gli “scatti” di Luca Gavagna, rigorosamente in bianco e nero, indagavano situazioni, luoghi, persone di una Ferrara di venticinque anni fa, eppur così lontana.
Sfogliando le foto, ho “incontrato” don Franco Patruno col suo sorriso pensieroso. Sul tavolo, un disegno da completare e alle sue spalle spicchi di sale e libri. E’ Casa Cini.
Da quando don Franco non c’è più, è purtroppo più opportuno e triste dire “era Casa Cini”. Prima, i tanti anni di presenza dei padri Gesuiti che resero quel luogo un centro di formazione spirituale ed alla vita adulta per tanti giovani ferraresi e uno snodo di approfondimento culturale dove, spesso, si organizzavano incontri sul confine o, come direbbe don Patruno, sull’argine, non allineati al volere della Curia ferrarese. Poi, quando Mons. Maverna chiese a don Franco di prendere le redini di Casa Cini, a tanti cattolici (e non solo) parve una scelta indovinata, a tanti altri cattolici sembrò quasi una liberazione. Un don Franco dimezzato, in mezzo a libri e colori, ma non più d’intralcio.
Invece, Casa Cini, sotto il suo impulso, diventò un centro culturale polivalente formidabile....
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