In un universo solipsistico (e solitario) e colmo di approdi immaginari, era fin troppo facile che la coscienza di Ulisse finisse per essere accettata dal ricordo dominante di Itaca. Itaca rappresentava tutto per Ulisse: rappresentava l'amore, la sicurezza, il ripristino di un ruolo sociale e ritrovato di un'identità riconosciuta dagli altri uomini, ritornare quindi, nella normalità e porre fine alle tribolazioni e ai prodigi immaginari di un viaggio simile ad un delirio. A causa della sfuggente e indefinita lontananza, Itaca rischiava insomma di assumere i contorni seduttivi ed ingannevoli di una madre "edenica", esente da ogni male. Si sprigiona però una luce differente: non si può tornare a casa pronti ad essere accolti come se tutto fosse rimasto ad aspettarci. La vita non si ferma e, dopotutto, neppure noi stavamo fermi ad aspettarla. Forse quando ci si crede giunti finalmente a casa, proprio allora l'aspettativa di una realtà che docilmente risponda ad un desiderio a lungo alimentato dalla sua stessa privazione che ci rende più stranieri al nostro mondo di quanto non lo fossimo stati quando ci raffiguravamo come pellegrini in esilio. Si tratta di una riflessione che ci coglie nel momento che il domani è già la memoria del nostro futuro. Nulla è più come prima e tutto è cambiato e anche noi siamo cambiati.
Casalino Pierluigi, 30.08.2014
Casalino Pierluigi, 30.08.2014