Teatrino dell'ES - le Mani Parlanti- 5-9 settembre ' 12 a ...Bologna

*da Controcultura SuperEva    * 12/2009

Intervista a Vittorio Zanella (burattinaio, marionettista, ombrista, ricercatore) Villanova di Castenaso (BO) -
TEATRINO DELL’ES (con Rita Pasqualini)

D- Ormai 30 anni di burattini in libertà… in Italia e in Europa.
R- 1979 /2009 - 30 anni di lavoro - Il tempo in realtà si è fermato, forse dilatato. La nostra vita è ormai interamente coinvolta dalle innumerevoli attività legate al nostro splendido mestiere, che ti assorbe tutto per trasformarlo in Arte, in Commedia dell’Arte. Ogni attimo della giornata è vissuto per la realizzazione di utopie, che una volta attivate e avviate verso la loro realizzazione, ne implicano altre, e così via, a grappolo, quasi all’infinito. E’ come una goccia d’olio in un contenitore d’acqua che si espande. Le persone contattate e incontrate nell’arco di questi 30 anni sono un numero immenso, e ad ogni persona abbiamo dedicato tempo, interesse e ascolto. E’ una fatica immensa, e per riuscire a viverla, ci siamo spesso dimenticati della nostra vita privata, evidenziando la differenza fra chi lavora perché deve guadagnare per vivere e chi vive il proprio mestiere come parte integrante della propria esistenza. Anche il sonno è spesso un momento di studio, di ricerca, per un miglioramento dello sviluppo, della diffusione, della sintesi.

Gli spettacoli nascono da dei sogni premonitori, che ricordiamo e trascriviamo, per poi continuare a cesellarci sopra, ma l’incisività drammaturgica della fase rem (Teatrino dell’ ES come riproduzione di una realtà in un teatrino dell’inconscio, del sogno e della fantasia), ha una potenza insuperabile, magari su un piccolo segmento di spettacolo ci si sta ore ed ore. Nel sogno mi trovo a rifare la stessa scena sia da protagonista che da spettatore, che cambia spesso punto cardinale per vedere il luogo migliore di fruizione e d’esecuzione. Cos’è oramai, se non una pura follia, vissuta per il pubblico, che per noi teatranti è un entità quasi mistica, sovrannaturale, a cui tutto è dovuto, a cui tutto è permesso: amare e odiare. Hai poco più di un ora per convincerlo e farti amare.

Il pubblico dei più piccoli a cui rivolgiamo spesso, non sempre, le nostre attenzioni teatrali, non puoi imbrogliarlo. Il pubblico dell’infanzia è il più attento, il più esigente, il più colto, quello che non puoi comprare con ammiccamenti, battutine, effetti speciali. E’ uno spettatore vero, genuino, non corrompibile, non trascinabile, è lui che ti trascina, trasportandoti verso mete impensate. Ogni attimo: contenuto e forma proposti dal palco, rimbalzano dalla platea, arricchiti di nuovi valori e significati, l’artista rielabora questi nuovi input e li ritorna al pubblico, è come una patita a scacchi.

Il bambino, e l’adolescente, sono spettatori non educati a stare fermi, immobili, passivi a sopportare, comportamento che altrimenti affidano alla fruizione della televisione, che assorbono spesso in modo acritico e passivo, dove da leoncini diventano agnelli. Certamente questo atteggiamento differente tra l’essere attivo a teatro e passivo guardando la TV, forza la mano di alcuni politici, che legiferano la negazione dello sviluppo della critica del primo, per l’affermazione dell’accettazione acritica della seconda. Come dire che il teatro ri-sveglia le coscienze, sollecitando le corde più sensibili dove le ingiustizie e le coercizioni appaiono veramente detestabili e inaccettabili.

All’apertura di ogni sipario ci si mette in gioco, perché o sei capace di tenere in pugno lo spettacolo, altrimenti lo spettacolo lo fa il pubblico di te. Il pubblico adulto non convinto, al massimo dopo l’intervallo, non rientra in sala. Penso che tutti i teatranti dovrebbero cimentarsi, prima o poi, col pubblico dei giovani e giovanissimi. Imparerebbero a capire meglio il loro ruolo di attori e teatranti.

Ultimamente siamo andati in Sud America: Cile, Brasile, Paraguay ed Argentina. Quattro valigie e quattro sacche piene di burattini, marionette e pupazzi. Abbiamo eseguito tante repliche del “MANIFESTO DEI BURATTINI” nelle due versioni, sia per i bambini che per gli adulti. Il pubblico molto numeroso è molto concentrato, non gli sfugge nulla, ogni battito di cuore viene percepito. L’emozione e l’adrenalina aumentano a dismisura e fra un un numero e l’altro si sentono risate liberatorie, ululati di godimento e ciliegina sulla torta, l’applauso finale in piedi. E’ veramente emozionante e fantastico. E’ un pubblico che ti ripaga con gl’interessi, ti emoziona costringendoti a dare tutto quello che hai da dare, e forse anche di più.


D- Burattini Marionette e il vostro Teatro nell’era di Internet:
R. Internet è uno strumento di grande utilità per diffondere in modo veloce e diretto il proprio lavoro, una volta si telefonava coi gettoni, che ti bucavano le tasche dal peso, e ad ogni cabina telefonica ci si fermava mezz’ora per comunicare con l’Assessore che ti dava l’appuntamento a una determinata ora; poi sono arrivate le segreterie telefoniche, dove il messaggio che registravi annunciava molte informazioni, in modo estremamente veloce, perché il nastro durava poco, gli orari e i numeri telefonici per poter comunicare con te, e i luoghi dove si facevano gli spettacoli durante le tua assenze dalla sede, per potersi incontrare. A volte i messaggi erano così lunghi e recitati così velocemente, che alcuni assessori dovevano richiamarti 6 volte per trascrivere tutti i dati. Era una piccola rivincita. Tutte le lettere si scrivevano a macchina, e quando sbagliavi dovevi ritornare indietro con un tasto e usare la scolorina col pennello o con la cartina di bianchetto e ribattere la stessa lettera per cancellare l’errore, un delirio. Chi ti chiedeva più copie di una lettera ti obbligava ad utilizzare la carta carbone, fino a 5 fogli si leggeva, poi il nulla, e se sbagliavi dovevi correggere tutti i cinque fogli, che rimanevano macchiati e unti.

Poi sono arrivati i primi computer, che ti agevolavano nell’invio dei primi e-mail, dove per scaricare una foto ci mettevano ore. Comunque ancora per molto tempo s’inviava per posta, perché non tutti ne avevano uno, e chi lo possedeva, spesso lo usava come macchina da scrivere con la stampante, non erano tutti collegati alla rete. La stampante iniziò a permettere una qualità grafica migliore, col neretto, gli stili, i colori, le posizioni, i tabulati, ecc…, e poi gli errori si correggevano con un dito, e si potevano archiviare tante lettere senza stamparle. Quando ne avevi bisogno ne prendevi una simile e la cambiavi con poche battute. Così sparirono le macchine da scrivere coi loro nastri neri e rossi imbevuti d’inchiostro.

Noi del Teatrino dell’Es, spedivamo due volte l’anno migliaia di depliant, prima in bianco e nero, poi in bicromia, poi in quadricromia, più la risoluzione dei grigi. Si spendeva ancora relativamente poco per i francobolli, le buste e i depliant, stampati in tipografie con metodi analogici, ora devi aprire un mutuo. Il materiale cartaceo restava appeso nelle porte degli uffici degli assessori, i calendari con le foto e le trame dei tuoi spettacoli sulle scrivanie per un anno intero, e così prima o poi ti chiamavano per uno spettacolo, un laboratorio, un corso d’aggiornamento, una lettura animata, una mostra.

L’arrivo di internet ha cancellato tutto in un attimo, ha certamente facilitato l’ufficio e l’organizzazione. Spesso non sei più tu che devi proporti, ma sono gli Enti organizzatori che mettono delle parole chiave per trovare in internet gli spettacoli desiderati su determinati argomenti, ed ecco che a volte gli appare il tuo sito, non sempre aggiornato all’ultimo minuto, dove si possono trovare i premi ricevuti, gli articoli, le foto, le trame, le metodologie, le esigenze tecniche, le fasce d’età a cui sono rivolti gli spettacoli, le tecniche d’animazione, i laboratori, il glossario, il museo, le collezioni, ecc…

Io preferivo prima, perché nasceva un rapporto diretto, non virtuale, con l’Assessore e il Sindaco, che sapevano ascoltare il loro pubblico, perché andavano anche loro a teatro, sapevano trarre le somme del gradimento, che ovviamente ritornava sotto forma di preferenze elettorali. Quante lettere di ringraziamento ho ricevuto per la rielezione di alcuni sindaci. Mi scrivevano che il mio spettacolo in piazza, la settimana prima del voto, era servito a loro più di un comizio. La gente apprezzava il fatto che si dava attenzione all’infanzia, perché chi investiva su di essa, incentivando le biblioteche, le ludoteche, le rassegne, i festival, le stagioni di teatro, investiva per il futuro della nazione, con ottime ricadute sulla qualità della vita. In sostanza tutti questi eventi aiutavano le famiglie nell’educazione e nell’istruzione dei loro figli, che così fortemente stimolati, miglioravano l’interesse per la cultura, aumentando le medie dei loro voti a scuola, e in alcuni casi favorendo la decisione del loro percorso culturale e lavorativo, da intraprendere da grandi. Ecco che accadeva che per stima, testata sul campo, l’assessore ti chiamava più volte ogni anno, senza mancarti per tutta la sua legislatura.

Ora tutto è aleatorio, rimangono sì alcuni grandi rapporti consolidati, ma la velocità delle informazioni fa cambiare ogni anno l’interesse su determinate tematiche di rassegna. Come dire che un anno chiamano i burattini, poi l’anno successivo i maghi, poi le letture animate, sempre meno i professionisti del settore, cioè quelli che si versano l’enpals, ma sempre più gli amatori, che si accontentano, tanto hanno un primo lavoro che li nutre. Gli Enti organizzatori così risparmiano all’osso.

In modo polemico mi viene da pensare che dovremmo tutti noi teatranti professionisti, andare ad occupare i posti di lavoro delle altre categorie. Paradossalmente fare i medici, gli avvocati, gli spazzini, gli operai, i filosofi, gl’insegnati, ecc…, ma per fortuna non abbiamo i titoli per poterlo fare, mentre chiunque ha i titoli per fare l’artista. Certamente fra gli amatori e i non professionisti ci sono grandi talenti che non fanno il grande salto nel vuoto, di diventare solo artisti, per paura di perdere le loro certezze, un giorno la pensione. Altri decidono di rinunciare alle loro poltrone e si buttano nella mischia, alcuni si pentono presto, altri ce la fanno e diventano famosi, ma questo ultimo esempio, premia pochi nel nostro settore. Mentre può capitare che da dipendenti di banca, abituati a colloquiare con la gente, si diventi improvvisamente dei comici, vincendo magari un concorso che ti porta subito in televisione.

La comicità è un talento innato che nasce con te, altra cosa è il mestiere che sta dietro al nostro lavoro, non si può improvvisare la scultura delle teste di legno nel cirmolo o nell’olmo, la vestizione dei burattini coi buratti interni, gli snodi delle articolazioni delle marionette, le loro crociere da cui partono i fili, le armature forgiate e punzonate nel rame e nel bronzo dei pupi siciliani, le baracche con le quinte e i cieli, i sipari a impero, a soffietto, a mantovana, a rotolo dal basso e dall’alto, le scene, le pire, i ponti delle marionette, gli schermi per le ombre, le dissolvenze incrociate, la drammaturgia del teatro di figura, i caratteri degli Zanni, delle maschere regionali, dei generici, nati tramite una stratificazione e una sedimentazione durata secoli e secoli, ecc… ecco questo non s’improvvisa e quindi ha un valore, che va preservato perché solo pochi eletti, volenterosi, in punta di piedi possano apprenderne la magia.

Ecco che la giornata tipo di molti artisti improvvisati è quella di fare più mestieri, così si arrotonda un po’ qua e un po’ la. Non ci si rende conto che la quota di eventi spettacolari è sempre la stessa, anzi col taglio dell’ICI sulla prima casa è diminuita in modo esponenziale, poi il patto di stabilità. Ovviamente tutti sottraggono risorse alla Cultura, di cui alcuni dicono, si può farne anche a meno, perché inutile… e quindi dannosa. Che peccato non capire che tutti noi professionisti della Cultura siamo una risorsa, soprattutto in un Paese che ha la maggior parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità e dell’Arte.

Tutto questo ciarpame, questa cialtroneria, questa incompetenza, rosicchia quel poco rimasto ancora, che dovrebbe essere appannaggio di chi ha da subito scelto di studiare per diventare un giorno dopo anni di gavetta un Artista. Certo gli Enti organizzatori spesso preferiscono i non professionisti, perché comunque ti chiudono un buco, perché costano meno, pertanto il valore dei cachet si abbassa sempre più, arrivando alla miseria. Tutto questo perché non esiste una legge (la legge sullo spettacolo dal vivo) che tuteli la professione, tramite delle scuole pubbliche che t’insegnano il mestiere che ti proteggono per avviarti al lavoro. Sono contrario al “tuttismo” dove chiunque può fare ogni mestiere, abbassando la qualità ai minimi termini.

L’errore di internet è che un venditore di fumo non viene scovato fino a che non lo metti alla prova, davanti ad un pubblico vero, poi …”casca l’asino”. Ci sono giovani capacissimi nella gestione del computer, che sanno far giungere le informazioni del loro lavoro a tutti gli ipotetici acquirenti, ma quasi mai hanno fatto la gavetta, coi grandi maestri. Questi ci mettono poco ad allestire uno spettacolo, tramite internet perché comprano i burattini le scene di altri, copiano i testi, oppure prendono un film d’animazione e lo riproducono con la stessa tempistica. Sono dei clonatori. Il Mestiere e l’Arte sono un altra cosa, come i grandi liutai che producono violini che sanno trillare.

 

D- Il Pinocchio di Collodi e il Pinocchio di Spielberg e Kubrick in AI, solo una coincidenza estetica?
R-Non c’é limite all’inventiva. Ogni cosa, ogni passaggio, ogni idea, ogni pensiero, un regista - burattinaio di vaglia, sa come realizzarla in mille modi differenti. E’ un mestiere che ti permette di creare una vera e propria genesi della materia inanimata, che tramite la sapiente manipolazione prende vita sotto le luci tipiche del teatro di figura, o del cinema, poi riperse con la cinepresa. Ogni cosa può prende vita propria, come Pinocchio nelle mani di Geppetto.

Mi auguro quando lo leggo nelle nuove edizioni o lo vedo nei nuovi film, che non diventi bambino in carne ed ossa, perdendo così la sua perfezione di marionetta, e non burattino, come erroneamente scrive lo stesso Collodi. Pinocchio ha le gambe, cammina, è quindi una marionetta. Anche Mangiafuoco non è un burattinaio, ma un marionettista, perché muove dall’alto verso il basso le sue marionette. Il burattinaio può essere regista di se stesso. E’ chiaro che se uno ti guarda da fuori , giungi prima alla sintesi, perché questo regista esterno può aiutarti d eliminare gli errori, ma col tempo ogni burattinaio manipolatore, e attore timido, perché si nasconde dietro a una ribalta, sa che ad ogni suo movimento ne corrispondono mille altri del suo personaggio, e questo può saperlo solo il burattinaio-regista.

D- Burattini, Marionette e Infanzia, un’affinità elettiva?
R- E’ un grave errore paragonare i burattini e le marionette ai bambini. E’ con l’avvento del cinema, poi della televisione che gli artisti di questo mestiere si danno nuovi pubblici, venendo meno gli incassi. Anticamente erano spettacoli per adulti. Anche il teatro dei pupi siciliani prediligeva i grandi, se uomini, e permetteva solo nelle feste comandate l’ingresso alle donne e ai bambini, cioè per Natale, dove si mostravano le vicende della nascita del bambino Gesù nella capanna a Betlemme. Gli eventi narrati nel resto dell’anno riguardavano conflitti, ammazzamenti, tradimenti, argomenti non adatti all’infanzia.

Certo i bambini adorano i burattini, e noi burattinai sappiamo come ammaliarli con le nostre storie, la nostra grafica d’illustrazione, i nostri volti dei personaggi. Una vita passata nella ricerca di nuove forme espressive, più immediate e riconoscibili nella fantasia dell’infanzia. La ricerca tra testo, contenuti e forma, ora tiene conto della pedagogia e della psicologia infantile e adolescenziale. Il Teatro per i Ragazzi è diventato un vero e proprio genere teatrale, coi suoi codici, le sue regole, i suoi miti, i suoi riti, dentro un esplosione di fantasia come la bomba atomica di Gianni Rodari, che nel suo sogno fa esplodere una torta di cioccolato.

 

D- Progetti Futuri ?
R- Sono infiniti. Ogni giorno ne nascono dei nuovi, alla fine realizziamo solo quelli più puri, senza dimenticare quelli non realizzati. Questo è un periodo più di scrittura che di costruzione ed allestimento di nuovi spettacoli. Mi prende di più il desiderio di mettere nero su bianco le mie emozioni, i miei ricordi, i miei incontri, unici e irripetibili. Sono stato per età (50 anni), e per fortuna, l’anello di congiunzione fra i grandi burattinai (come Otello Sarzi, Maria Signorelli, Zaffardi, i Ferrari di Parma, Cesare Felici di Roma) e alcuni grandi artisti del ‘900 (mia madre la pittrice Venerucci Nazzarena, Giorgio Strehler, Lele Luzzati).

Ho una memoria storica, che molti definiscono impressionante, perché stupisce il mio modo di ricordare le parole, i gesti, gli insegnamenti, i suoni e i valori trasmessi. Io ho molta paura di dimenticare, pertanto continuo a scrivere, affinché tutto resti. Magari nessuno andrà a leggere i miei racconti, i miei ricordi. E’ una lotta impari, fra chi vuole distruggere la memoria, riscrivendo nuove memorie sul passato dell’uomo, che cancellino i momenti più bui della sua esistenza, di cui il ‘900 è stato un grande campo di battaglia e chi, come me, desidera ricordare affinché gli errori del passato non si ripetano.

Tutto questo si chiama revisionismo, che può andare bene se si scoprono gli altarini di tutti, affinché vengano alla luce gli abusi del passato, ma non inteso come lo smacchiamento in tintoria di eccidi nefasti e vergognosi voluti da governi dittatoriali.
Preferisco ricordare e far ricordare tramite i miei spettacoli, il “mio” museo, i “miei” documenti cartacei, da cui sono nate ben 27 tesi di laurea sul teatro dei burattini. Nei progetti futuri ci sono le nuove produzioni, che toccano argomenti mai avvicinati prima.

Poi il Museo, che continua ad arricchirsi di nuovi materiali, per chiudere tasselli di storia, di memoria, come l’ultima mostra presso la pinacoteca di Civitanova Marche (MC), intitolata “TUTTOINGIOCO”, dove abbiamo esposto 600 materiali antichi, provenienti dal nostro museo di Budrio (BO), assieme alle opere fotografiche di Oliviero Toscani della sua mostra “Razza Umana”, e ai quadri di De Chirico, Savinio, De Pisis, Carrà, Depero, Balla, Boccioni, Severini, Burri, Fontana, Morandi, Minguzzi, Afro, Ceroli, Campigli. Per fortuna tutto è riportato su uno strepitoso catalogo che finalmente eleva la nostra Arte assieme ai grandi pittori del Futurismo, della Metafisica e dell’Arte con la “A” Maiuscola. Ora posso sbattere in faccia la realtà, a chi scredita il nostro mestiere: la nostra Arte non è inferiore alle altre, ma forse, comprendendole tutte ne è un espressione superiore.