La “quarta ondata” della comunicazione
Ciò che il bruco chiama fine del mondo, Due libri, quasi vent’anni fa, contribuirono a farmi nascere quella curiosità che mi ha portato a navigare oggi, quotidianamente, nelle reti “telematiche”. Uscirono tutti e due nel 1980. Tutti e due, in qualche modo, profetici. Perché era inimmaginabile, a quell’epoca, la diffusa disponibilità delle tecnologie che oggi chiunque di noi può usare; e perché l’evoluzione che descrivevano sta cominciando solo oggi a realizzarsi davvero. Uno è Le Défi Mondial, “La sfida mondiale”, in cui Jean-Jacques Servan-Schrieber spiega come le nuove tecnologie elettroniche aprano alla conoscenza umana spazi prima inimmaginabili; e come nel mondo in cui viviamo l’elemento fondamentale non siano più le risorse o gli strumenti produttivi, ma l’informazione, il pensiero umano. La risorsa inesauribile, che se bene applicata può sostituire tutte quelle risorse “materiali” di cui non abbiamo riserve sufficienti. Questa è tutt’altro che un’utopia, anche se finora non siamo stati capaci di tradurla in pratica. L’altro è The Third Wave, “La terza ondata”, di Alvin Toffler. Ci sono tre “ondate”, spiega Toffler, nella storia dell’economia e della cultura umana. Le “tre ondate” economiche e sociali La prima è l’agricoltura. Una specie fatta di tribù nomadi, dedite alla raccolta e alla caccia, diventa stanziale: impara a coltivare la terra e ad allevare animali. Non più vagante alla ricerca del cibo o di un riparo provvisorio, ma capace di modificare l’ambiente, costruire case e città, preparare le risorse per il domani. Contemporaneamente impara a navigare, così nascono le esplorazioni, i commerci e gli scambi. Si inventano concetti del tutto nuovi, come la proprietà, il denaro, il commercio, il diritto. La seconda è l’industria. Nascono le macchine; la produzione e il trasporto non sono più affidati alle braccia degli schiavi o agli animali da soma, ma alle macchine. Nelle fabbriche si producono beni in grandi quantità e a prezzi sempre più bassi (tutto diventa più omogeneo, più standardizzato). Il destino degli uomini, delle imprese, delle nazioni non è più determinato dalla proprietà della terra, ma dal controllo delle tecnologie e dei mezzi di produzione. La terza è l’informazione. L’epoca in cui viviamo. Ciò che conta non è più il possesso delle risorse, né delle macchine per trasformarle. È la conoscenza. Il potere è nelle mani di chi ha maggiori conoscenze, o può controllare il flusso delle informazioni. L’occupazione, cioè il lavoro, che prima era prevalentemente agricolo, poi fu soprattutto industriale, oggi è prevalentemente nel “terziario”. Sono sempre meno numerosi gli agricoltori e gli operai; sempre più numerose le persone che si occupano di rapporti umani e di scambio di informazioni. Non ha più senso rappresentare il lavoro con un simbolo come “falce e martello”. Qualcuno definisce questa terza epoca come “postindustriale”. Il termine mi sembra improprio, perché l’industria si trasforma ma non scompare. Con l’automazione potranno esserci sempre meno operai; le esigenze ambientali richiedono cambiamenti profondi; ma l’industria rimane un elemento portante della società e dell’economia. Sbaglia anche, secondo me, chi pensa che questo sia un fenomeno che riguarda soltanto i “paesi industrializzati”. È vero che gran parte dell’umanità è ancora dedita all’agricoltura; ma non c’è angolo del mondo in cui la “terza ondata” non sia in arrivo, mescolata (purtroppo) con fenomeni di affrettata, spesso perversa, industrializzazione. Anzi credo che nel cosiddetto “terzo mondo” l’era dell’informazione possa essere ancora più importante che in Europa (come diceva già allora Servan-Schreiber, e come spiega John Naisbitt nel suo interessante libro Global Paradox). Ma questo è un argomento così complesso che meriterebbe un libro a parte... Le tre ondate non si annullano, si sovrappongono. Nelle ere successive rimane l’agricoltura (se no moriremmo tutti di fame) e nell’era dell’informazione rimane l’industria (è necessario continuare a produrre gli oggetti di cui ci serviamo). Ma l’elemento dominante è cambiato. Il meccanismo accelera i tempi, anche se i grandi cambiamenti non avvengono in periodi brevi. La prima ondata durò dieci millenni. La seconda è durata due secoli, se la facciamo partire dalla nascita delle macchine a vapore, oppure sette se teniamo conto degli sviluppi tecnici e industriali precedenti. La terza... è ancora presto per poterne valutare l’evoluzione..... C http://gandalf.it/net/ondate.htm |