domenica 11 gennaio 2015

AVVOCATI, LUI È CHARLIE

 Legal Comunity ufficio stampa
AVVOCATI, LUI È CHARLIE
Origini marocchine, 46 anni di età, Richard Malka è l'avvocato che dal 1992 affianca la redazione di Charlie Hebdo.
RUSSO DE ROSA NELLA DISMISSIONE DI PLANTER'S
La società è stata ceduta ad un gruppo francese operante nel settore della cosmesi naturale.
GOP AL FIANCO DI FINTYRE
Si tratta di una delle prime controversie vertenti sull'applicazione delle tariffe minime in materia di autotrasporto.
GRIMALDI CON INGERSOLL PER IL CENTRUFUGAL DI CAMERON
L'operazione ha un controvalore pari a 850 milioni di dollari.

L'estremismo ha preso in ostaggio l'Islam

L'estremismo ha preso in ostaggio l'Islam. Questo è il messaggio che il regista mauritano Abderahhamane Sissako ci invia con il su Tumbuktu, film esemplare che ci spiega come sia grottesca e pericolosa la reislamizzazione dell'Islam voluta dalle correnti fondamentalistiche della religione coranica. E non è un caso che proprio in occasione del Festival del Cinema di Cannes la pellicola sia stata definita "un'opera urgente", sia perché è apparsa come un autentico inno alla tolleranza e sia, soprattutto, perché ha messo in luce le terribili contraddizioni degli estremisti, che "impongono la Sharia e poi, di nascosto, fumano, vanno in moschea armati e violentano le donne e agiscono da mercenari senza scrupoli, strumentalizzando le loro debolezze con atteggiamenti intollerabili. Se un Islam moderato esiste, e ce lo chiediamo oggi, dopo i tragici fatti di Parigi, ha il volto di questo geniale uomo di cinema, che viene da un'esperienza maturata tra esili e brevi ritorni della sua patria d'origine, la Mauritania, dove ha girato questo film tra le mille minacce di isolate gesta di fanatica intolleranza, quell'intolleranza che l'autore considera una scorciatoia per affermare unicamente la sete di potere di coscienze frustrate e strumentalizzate da oscure trame che muovono da lontano, da molto lontano. I musulmani, ha detto una celebre intellettuale marocchina, Fatima Mernissi, soffrono del mal di presente come la gioventù romantica soffriva del "mal del secolo". La sola differenza, sostiene la Mernissi, consiste nel fatto che la gioventù romantica europea avvertiva la sua difficoltà a vivere, esprimendo il disgusto appunto della vita, mentre i musulmani la percepiscono come un desiderio di essere assenti, di essere altrove, di rituffarsi nel passato, un passato improponibile e fuori del tempo. L'assenza, dunque, e la fuga verso un mondo di demoni che annebbia la ragione e suscita mostri come quelli che agitano anche l'Occidente. E non si comprende perché certe correnti dell'Islam vogliano inseguire il passato solo per non aprire gli occhi sul presente e raccogliere la sfida della modernità. Ma se sarebbe riduttivo pensare che la cosa che conti sia soltanto il futuro, è innegabile, tuttavia, che, all'opposto, l'infatuazione dei moderni islamici per gli antenati, di cui, peraltro, non conoscono le reali aspirazioni, si inserisce in una tradizione in cui il culto degli avi, resta, alla fin fine, legato all'autoritarismo anche gratuito e in tutte le forme dello stare insieme. Una deriva aberrante che è alla radice degli attuali gravi episodi di violenza e che si ha ragione di credere siano il frutto di piani che non nascono in seno al musulmano comune, ma nel segreto delle stanze di chi pesca nel torbido.
Casalino Pierluigi, 11.01.2015

Franco Mari e Il dito di Dio

Riccardo Roversi




Il dito di Dio di Franco Mari  (Este Edition, 2014)



Quante vite bisogna trascorrere per essere convinti di non avere impiegato il proprio tempo inutilmente? Quanti sentimenti e quante priorità devono alternarsi, dentro l’animo di una persona, prima che sia davvero libera di decidere il proprio futuro? In questa storia, veramente accaduta, un uomo chiamato dalla vita ad impersonare un ruolo ricco di grandi privilegi, viene improvvisamente privato di tutto e costretto ingiustamente in un campo di prigionia. Il protagonista viene travolto dalle vicende imprevedibili dell’esistenza senza mai riuscire, se non alla fine, a deciderne il ritmo o la direzione o l’epilogo.  Solamente l’amore di una donna e i sentimenti dell’amicizia riescono a dare un senso alla sua esistenza e a impedirgli di affondare passivamente senza lasciare di sé alcuna memoria.

Franco Mari nato a Portomaggiore nel 1956 e vive a Ferrara, dove esercita la professione di medico chirurgo. Nel novembre 2011 ha pubblicato il suo primo romanzo Il tesoro di San Leo. Per questa casa editrice ha pubblicato: La Gilda (2012), L’amante del Governatore (2012) e Il marrano (2013).


sabato 10 gennaio 2015

Paris Islam

LA STRAGE DI PARIGI E QUELLO CHE L'ISLAM NON HA MAI DETTO

I fatti di Parigi, gli ultimi di una lunga serie, inducono una volta per tutte a riflettere su cosa sia veramente l'Islam e su quanto esuli assolutamente da un'immagine formatasi dentro e fuori di quella religione, spesso travisata e strumentalizzata a fini politici da opposte sponde. Tra le molte idiozie costruite nel tempo per identificare l'Islam, grazie anche al contributo di sue correnti estremistiche, si distingue il concetto di guerra santa, sul quale chi scrive ha avuto non di rado modo di soffermarsi per spiegarne il significato autentico: una ricerca della perfezione, secondo le intenzioni originarie del Profeta Maometto, al quale sono state attribuite affermazioni non corrispondenti al suo pensiero, sull'abbrivo di influenze ancora oggi esterne al suo messaggio originario. Una somma di soprusi e di falsificazioni di cui sono stati responsabili i cosiddetti fautori della reislmamizzazione dell'Islam.Si può condividere o meno gli insegnamenti dell'Islam e si può criticare l'interferenza di movimenti di rilettura aberrante del suo lascito, ma una cosa è certa: mai e poi mai questa situazione è stata giustificata dall'Islamismo classico. Si è detto delle comuni, storiche frequentazioni tra i fedeli delle diverse religioni in Oriente e non solo in Oriente e dello spirito di convivenza conservatosi nei secoli da quelle parti, fino all'irrompere di elementi legati alle logiche di potenza e come si suol dire di bottega in seno allo stesso mondo arabo-islamico. Dietro la superficiale e pericolosa immagine in cui ormai ci si specchia con grave danno per la tolleranza e la pacifica vicinanza tra religioni, esistono delle ragioni profonde che testimoniano il contrario. Tra queste si colgono verità poco conosciute e che non legittimano la scia di violenza e di sangue che fa comodo a molte forze oscure, come si è detto, dentro e fuori dell'Islam. Tralasciando l'emergenza del terrorismo e la fanatica assenza di quel dibattito sulla tolleranza che ha suscitato la moderna democrazia in Occidente, è opportuno ritornare su un argomento centrale della questione islamica, quello delle donne e del loro ruolo, ancora prevalentemente subalterno, nonostante le spinte innegabili della modernità anche in quel mondo. Secondo una tradizione trasmessa da qualche discepolo bugiardo e tendenzioso, e comunque totalmente inattendibile, Maometto avrebbe pronunciato una forte sentenza di sfiducia sul genere femminile:"Un popolo che affida i propri destini ad una donna, non potrà mai essere prospero". Nulla di più falso, perché il Profeta dell'Islam non ha mai detto cose simili. E d'altronde di governi a direzione femminile, se pur con incerta fortuna, dato il clima creatosi in forza di tale frase. Sta di fatto, però, che la circostanza consacra qualcosa di oltraggioso e di illogico. Dall'anno 622, anno primo dell'Egira, in cui i seguaci di Maometto si insediarono a Medina, provenienti dalla Mecca, l'equivoco, peraltro, esiste ed esercita la sua infelice influenza sull'Islam. Si tratta di un problema che trafigge tutta la cultura musulmana: la posizione della donna all'ombra del Profeta. Maometto aveva prefigurato una società religiosa e democratica in cui uomini e donne, insieme, avrebbero potuto discutere le leggi.formulare le scelte di un nuovo ordine, di un nuovo modo di vivere in comunità e in reciproco rispetto. L'obiettivo era uno stato forte e stabile, capace di affermarsi in un'Arabia governata da tribù, dilaniata da rivalità, guerre civili venate di oscurantismo religioso e culturale. Eppure, nonostante l'assunto del Profeta, che predicava un'uguaglianza più che formale, la "storia" guidata da misogini forsennati (dello stesso tenere dei nuovi islamisti), ha imposto il velo alla donna e, ad un tempo, l'ha emarginata dalla vita decisionale per tanti secoli. Un tendenza che, per fortuna, sta esaurendosi anche tra le fila delle stesse donne velate, laddove il velo, paradossalmente, diventa arma di rivalsa e di contrattacco civile e sociale. Se non si promuove un'indagine serrata che punti a commentare autenticamente le parole, le azioni e le gesta di Maometto, non si potrà mai intraprendere un viaggio nel mistero dei comportamenti islamici e scoprire così come da un indirizzo remoto in cui uomini e donne, nella Medina del VII secolo, discutevano di politica e insieme andavano alla guerra, si sia potuto arrivare ad un così umiliante degrado della presenza e del ruolo femminile. Un'atmosfera ritrovata che fa il paio con quella della polis greca, con i debiti distinguo.
8.01.2015 

Avvertimenti vari sull'imminente attacco tedesco alla Russia nella primavera del 1941

La prima notizia di preparativi tedeschi per un attacco alla Russia sovietica nel 1941 fu comunicata all'inizio di quell'anno al Dipartimento di Stato dall'addetto commerciale dell'ambasciata americana a Berlino, Sam E. Woods, il quale aveva ricevuto l'informazione da un tedesco anti-nazista. Sulla base di questa anticipazione riservata, il Segretario di Stato Summers  Wells informò, nel gennaio 1941, l'ambasciatore russo a Washington, Umanskij del piano germanico. Da parte americana e britannica, inoltre, ma anche da parte cinese, ceche, e private, affluirono messaggi di analogo tenore a Mosca. L'inviato americano a Belgrado fece oggetto di ulteriore informativa al Dipartimento di Stato il 30 marzo del 1941. E ciò derivò dalle notizie trapelate in ambienti diplomatici circa una pressione tedesca sul principe Paolo perché la Jugoslavia entrasse a far parte del "patto tripartito", in vista dell'attacco hitleriano alla Russia in programma per l'estate dello stesso anno. La Jugoslavia, secondo Berlino, avrebbe dovuto aderire al blocco anti-russo. Quest'ultima informazione spinse Churchill a scrivere a Stalin il 3 aprile del 1941 per avvertirlo. Come tutti questi avvenimenti, anche la stessa comunicazione precisa della data dell'operazione Barbarossa contro la Russia (22 giugno 1941) fatta il 15 giugno del 1941 dalla spia sovietica Sorge (da Tokyo) al governo di Mosca, non portò alcun mutamento nella valutazione della situazione da parte di Stalin, se pur sospettasse già qualche manovra tedesca. Sorge aveva anche già fatto presente nel marzo del 1941 l'intenzione di Berlino di attaccare e nel maggio del 1941 lo spiegamento di 150 divisioni germaniche a ridosso del confine russo.
Casalino Pierluigi, 10.01.2015