L'estremismo ha preso in ostaggio l'Islam

L'estremismo ha preso in ostaggio l'Islam. Questo è il messaggio che il regista mauritano Abderahhamane Sissako ci invia con il su Tumbuktu, film esemplare che ci spiega come sia grottesca e pericolosa la reislamizzazione dell'Islam voluta dalle correnti fondamentalistiche della religione coranica. E non è un caso che proprio in occasione del Festival del Cinema di Cannes la pellicola sia stata definita "un'opera urgente", sia perché è apparsa come un autentico inno alla tolleranza e sia, soprattutto, perché ha messo in luce le terribili contraddizioni degli estremisti, che "impongono la Sharia e poi, di nascosto, fumano, vanno in moschea armati e violentano le donne e agiscono da mercenari senza scrupoli, strumentalizzando le loro debolezze con atteggiamenti intollerabili. Se un Islam moderato esiste, e ce lo chiediamo oggi, dopo i tragici fatti di Parigi, ha il volto di questo geniale uomo di cinema, che viene da un'esperienza maturata tra esili e brevi ritorni della sua patria d'origine, la Mauritania, dove ha girato questo film tra le mille minacce di isolate gesta di fanatica intolleranza, quell'intolleranza che l'autore considera una scorciatoia per affermare unicamente la sete di potere di coscienze frustrate e strumentalizzate da oscure trame che muovono da lontano, da molto lontano. I musulmani, ha detto una celebre intellettuale marocchina, Fatima Mernissi, soffrono del mal di presente come la gioventù romantica soffriva del "mal del secolo". La sola differenza, sostiene la Mernissi, consiste nel fatto che la gioventù romantica europea avvertiva la sua difficoltà a vivere, esprimendo il disgusto appunto della vita, mentre i musulmani la percepiscono come un desiderio di essere assenti, di essere altrove, di rituffarsi nel passato, un passato improponibile e fuori del tempo. L'assenza, dunque, e la fuga verso un mondo di demoni che annebbia la ragione e suscita mostri come quelli che agitano anche l'Occidente. E non si comprende perché certe correnti dell'Islam vogliano inseguire il passato solo per non aprire gli occhi sul presente e raccogliere la sfida della modernità. Ma se sarebbe riduttivo pensare che la cosa che conti sia soltanto il futuro, è innegabile, tuttavia, che, all'opposto, l'infatuazione dei moderni islamici per gli antenati, di cui, peraltro, non conoscono le reali aspirazioni, si inserisce in una tradizione in cui il culto degli avi, resta, alla fin fine, legato all'autoritarismo anche gratuito e in tutte le forme dello stare insieme. Una deriva aberrante che è alla radice degli attuali gravi episodi di violenza e che si ha ragione di credere siano il frutto di piani che non nascono in seno al musulmano comune, ma nel segreto delle stanze di chi pesca nel torbido.
Casalino Pierluigi, 11.01.2015