domenica 4 gennaio 2015

Marinetti, un wireless di 70 anni

Zairo Ferrante

 Da Marinetti fino ai giorni nostri, un filo lungo settant'anni
Quando si parla di futurismo spesso si è portati a pensarlo come una forma d'arte esplosiva e
estroversa che poco o nulla può avere a che vedere con l'anima. Di solito si pensa all'arte futurista
come una sorta di bomba insensata che deve esplodere e generare il caos nello "spettatore".
Certamente si può essere in accordo con la seconda parte di questa definizione ma occorre
necessariamente dissentire e eliminare l'aggettivo "insensata", infatti, in poche parole, e forse anche
in modo riduttivo, potremmo definire il futurismo di Marinetti come uno stratagemma di rara e
sottile genialità partorito per risvegliare dal torpore gli animi assopiti di un intero popolo.
Ecco che da questa breve e imperfetta definizione possiamo già estrapolare due concetti, il primo è
che l'arte futurista è stata creata per perseguire uno scopo e pertanto non la si può assolutamente
definire "insensata"; il secondo concetto, invece, lo si può ricavare pensando all'oggetto su cui essa
concentrava tutte le proprie forze, il luogo ideale in cui la bomba Marinettiana doveva annidarsi e
esplodere e cioè l'animo assopito, o meglio milioni di animi assopiti che necessitavano di un risveglio
per reagire e non essere divorati da quell'inevitabile sviluppo tecnologico e scientifico che
di lì a poco avrebbe rivoluzionato per sempre e in modo irreversibile l'intera Umanità.
Ovviamente quando gli animi si ri-svegliano accade ciò che io amo definire il miracolo più grande
che l'uomo riesce a compiere, ossia il "fare anima".
Quindi, in quest'ottica, futurismo e "fare anima" diventano un concetto quasi indivisibile.
Marinetti, spinto da una forza propulsiva e, perché no, anche carica di amore per l'uomo, ha dato
vita a un'arte volta a fare anima, una forza attiva che non voleva limitarsi a descrivere il semplice
moto di un sentimento, come spesso era accaduto fino a quel momento, ma che ambiva a generarne
di nuovi, una spinta propulsiva che si prefiggeva l'obiettivo di forgiare milioni di animi impegnati
costantemente nel fare.
Naturalmente, quando si parla di "fare anima" non si può prescindere dal chiamare in causa James
Hillman, uno dei padri più influenti della moderna filosofia psicoanalitica, che nel 1975 in Revisione
della psicologia scriveva: “La terapia o l’analisi... è un processo che si svolge in modo
intermittente nella nostra individuale esplorazione dell’anima, negli sforzi per capire le nostre
complessità... Nella misura in cui siamo impegnati a fare anima tutti siamo ininterrottamente, in
terapia”.
Ecco quindi che a questo punto si delinea ancor meglio il significato del "fare anima", che possiamo
definire come un'introspezione attiva che si compie nell'autoanalisi e nel constante impegno che
tutti noi, quotidianamente, mettiamo nel comprenderci e nel capirci.
Ovviamente, a sua volta, anche il "fare anima" ha un fine, uno scopo ultimo, che risiede nel parto e
nella produzione di idee e pensieri.
Quindi, volendo riassumere tutto quello che fin qui si è detto, possiamo tranquillamente affermare
che il fine di Marinetti e del Futurismo era proprio quello di supportare e spronare l'uomo a
partorire quel pensiero o idea, anche soggettivi, in grado di liberarlo dalle catene della staticità e di
accompagnarlo nel futuro nuovo mondo, che sarebbe stato ampiamente diverso dal precedente.
Una realtà tecnosviluppata sicuramente più veloce e aggressiva, capace di divorare tutto quello che
non sarebbe stato in grado di seguirla e di rimanere a passo con lei.
Tutto questo accadeva circa settant'anni fa, ed è sotto gli occhi di tutti che in tale arco di tempo il
processo di sviluppo tecnologico poc'anzi descritto non si è mai arrestato, anzi, ha ulteriormente e,
per certi aspetti, spaventosamente accelerato la sua corsa travolgendo e inglobando tutto quello che
gli gravitava intorno.
In poco tempo - una manciata di secondi se paragonato ai classici tempi storici a cui siamo stati
scolasticamente abituati - oltre mezzo mondo si è ritrovato dal guidare la bicicletta a condurre
automobili intelligenti, dal vivere nell'impossibilità di comunicare a poter essere letteralmente
investito, in pochi secondi, da milioni di idee, pensieri e opinioni.
Tale scenario di confusione ha portato inevitabilmente la maggioranza delle teste a smarrirsi nel
caos della comunicazione e a discostarsi dal loro principale compito che era quello del pensare,
opera diventata ormai troppo faticosa e con un basso rapporto beneficio/costo.
Contemporaneamente questo ha estremamente facilitato il compito di una restante e piccola parte di
teste che, approfittando di questa apatia di pensiero, ha cercato di primeggiare sulle altre inventando
un linguaggio "differente", capace di creare messaggi in grado di auto-impiantarsi nei cervelli,
nuovamente dormienti, generando in essi la falsa illusione di possedere idee libere, autonome e
indipendenti, con il solo scopo perverso di omologarli e renderli tutti uguali, schiavi e dipendenti
dagli status-simbol e dal malsano pensiero del " solo se hai questo sei davvero figo".
Questa parte oscura di progresso, che alcuni chiamano "mercato", altri chiamano "marketing", le
multinazionali chiamano " globalizzazione" e i più chiamano "tendenza" o "moda", in pochissimo
tempo e stata capace di coniare l'unico e vero motto di massa del XXI sec.: "io sono perché ho e non
perché penso", un vero e proprio mantra che si è impossessato della gran parte delle nuove e
vecchie generazioni, trasformando il pensiero libero e liberatore in pecora-pensiero, assoggettato e
assoggettante.
A questo punto, in tale situazione, è facile intuire come anche oggi l'Arte è chiamata nuovamente a
risvegliare gli animi assopiti; ancora una volta l'Artista deve impegnarsi a generare un dinamismo
degli animi, o "dinanimismo", per di tirar fuori gli Uomini dal vortice creato dalla parte malsana del
progresso e riaccompagnarli in una dimensione fatta di punti fermi da cui ri-partire. Tale
dimensione è proprio quella del "fare anima" dove il punto fermo è rappresentato dal pensiero e
questo lavoro che l'Arte deve compiere può tranquillamente essere definito come un "futurismo
all'incontrario".
Va da se che anche a distanza di settant'anni l'Arte "utile" all'uomo, per compiere la propria
missione, deve per forza prendere spunto dal futurismo; ecco perché ancora oggi la "vera" arte è in
un certo senso tutta figlia di Marinetti, ecco perché dopo settant'anni il suo pensiero ancora vive e
insegna. (1,2)
Note
1. James Hillman, Re-Visione della psicologia, Adelphi, 1992.
2. http://poesia.blog.rainews.it/2013/08/28/la-vostra-voce-zairo-ferrante/

Info ulteriori
*da eBook La Grande Guerra Futurista, AA.VV..  a cura di R. Guerra  (La Carmelina edizioni)


Il libro poetico-saggistico dinanimista di Zairo Ferrante in eBook

Redazione

I Bisbigli di un'Anima Muta di Zairo Ferrante (ebook, CSA)
Raccolta di saggi, racconti e versi intorno alla poesia. Un libro che invita a ricercare il mondo nella poesia e la poesia nel mondo. Parole che spingono ad ascoltare la propria Anima per non smarrirsi nel correre veloce dell'Umanità. Un'esaltazione del verso dai “mille usi” e della “Poesia come Madre buona di tutte le cose del Mondo”. Pagine che esortano a costruire il proprio personale viaggio senza tracciarne, anticipatamente e oggettivamente, il sentiero. Una professione d'Amore verso l'Uomo e le meraviglie del suo Mondo.

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https://www.bookrepublic.it/book/9788898360246-i-bisbigli-di-unanima-muta/

La Notiziah24 Roma
Intervista (2014)


Ferrara Bologna Alta Velocità, Per Ferrara 2.0 e i ..Ferraristi

Benito Guerrazzi  Editoriale

                                                 
                                                                                                                                                                                                                                       

Noi siamo oggettivi, Asino Rosso il giornale libero di Ferrara esiste da alcuni anni (2008) proprio per tale assioma, altrimenti si occuperebbe solo di avanguardia d'arte e scienza... Tra le poche cose buone del regime Tagliani cattocomunista PD, certamente la sua proposta di connettere (parliamo di Connettonica... non di semplici sinergie politichesi- questo semmai la vera X...) Ferrara a Bologna. Una rara visione a medio lungo termine per un politico, la confusa anche ma nei fatti risolutiva soluzione per il futuro di Ferrara, fanalino di coda dell'ex regione eccellenza rossa, coem indicano fin troppi indicatori autorevoli socioeconomici, se non una semplice vista in trasparenza, neppure nulla di previsionale e futuribile. Ferrara da sola con la sua mitologica storia culturalr, rinascimentale ecc., con solo questo registro di sistema che non produce sviluppo (turismo incluso) non ha futuro. Gli scenari sono prevedibili:
a) Ferrara continua nella sua dimensione semiautistica, iperbarica, gioca non alle grandi mostre ma alla corsa degli struzzi (ex corsa dei somari del palio...) e nel 2020/30 perderà persino il residuo status di capoluogo e città... Decadenza verso il Villaggio che era che è e che sarà in questo caso, dal punto di vista mentale.. e economico... Villaggio spopolato di ferraresi, i giovani via in cerca di aree produttive, gli anziani concluderanno il loro ciclo biologico, unica news rilevante Villaggio multietnico doc con tutte le incognite che persino una sibilla si annoierebbe a elencare... Il terzo mondo relativo della Regione Emilia Romagna....
2. Ferrara ammette i suoi gravissimi limiti ormai strutturali, si connette con Bologna destinata in ogni caso a sopravvivere (in caso di semidefault nazionale) e può rimodularsi, senza affatto perdere la sua storia archetipica e se ben pilotato il processo da politici e uomini di cultura meritocratici e conoscitivi, come persino sperimentale villaggio elettronico doc:  comunità della conoscenza, nello specifico, fermo restando un probabile sviluppo di certe eccellenze paradossali in ambito tecnoscientifico, certe facoltà scientifiche, non ultimo il già avviato Tecnopolo, come comunità estetica conoscitiva, città d'arte sul serio, giardino d'arte di Bologna e della Regione stessa.
Le altre opzioni dirette, laterali altra questione, con Modena Verso o la Romagna e il Mare Verso, avevano senso decenni fa, al via della Via Emilia come bacino di sviluppo o al via il turismo sui Lidi ex ferraresi non a caso già comacchiesi da anni.. Neppure una ferrovia Ferrara- Mare i lungimiranti compagni ferraresi sono riusciti a immaginare e concretizzare bei favolosi anni 60!
Oggi è altra epoca per certe tangenziali geopolitiche in quel senso.
Ferrrara- Bologna alta velocità invece è l'ultimo trend realistico per la città ex capitale del Rinascimento.
In tal senso ha perfettamente Ragione... Vittorio Sgarbi, checchè svanverino politicanti e intellettuali sopravvalutati locali: Sgarbi è già nella storia dell'arte, loro al massimo nella storia del comunismo e delle biblioteche catacombe. Non a caso solo a Ferrara Sgarbi è costantemente osteggiato e insultato da soggetti accidiosi e danteschi!
La X di cui prima ha probabilmente questo senso: alcuni esponenti autorevoli dell'opposizione giustamente nutrono forti dubbi sull'attuale Bologna e Regione capaci di salvare Ferrara e ottimizzarla nello scenario desiderabile di cui prima.... Già a Bologna troppi ferraresi, a parte Alberto Ronchi e parzialmente (ma troppo prossimo a Prodi o comunque la sua memoria) lo stesso uomo di scienza Patrizio Bianchi. Ma Calvano, la Zappaterra, forse tra non molto lo stesso Modonesi e anche Maisto se non si sveglia..., sollevano forti perplessità, se il trend futuro a Bologna e Regione è questo....
Questa X va sicuramente monitorata dalle forze di opposizione... pure il registro di sistema altro non  può essere che la fine del centralismo ferrarese fallimentare e senza orizzonti "indigeni" di sviluppo, anzi. Il nuovo obiettivo, paradossalmente aperto da Tagliani, altro non può essere xhe una trasformazione quasi caratteriale della speriamo fu ferraresità passatista e arcaica: Ferraristi dovrà essere l'obiettivo, mai più ferraresi....
Un tempo i Pink Floyd suonavano live a Pompei... Oggi ci passeggia, quasi disperato (e neppure solo Lui il Reo) un certo Dario Franceschini...e persino il Vesuvio  rimanda la nuova eruzione, è imbarazzato dal degrado...     Si accenderanno le sinaspsi estensi?



SCIENZA ECOLOGIA E.... politica

Roby Guerra

La seconda rivoluzione verde




Per la collana Frontiere della Scienza (libri Le Scienze a c. di Marco Cattaneo) un volume interessantissimo, finalmente ecologico scientifico. Come spesso accade, la conoscenza sfata, ridimensiona, relativizza parole a vuoto propinate sia da “apocalittici” che “integrati”, mezzi d’informazione e mondo della politica. Scritto dai migliori esperti ambientalisti e scienziati  internazionali, lo sapevate che non auto e industrie sono i principali “demoni” del CO2, ma i fertilizzanti abusati dell’agricoltura?  Non esiste risoluzione “finale” per il futuro  produttivo alimentare, se non una complessissima sinergia plurale, compresi OGM, prodotti transgenici liminari. Decrescita felice e green economy sono importante risorsa di sviluppo sostenibile, ma pericolosa se non innestato il discorso verso certa nuova Technoeconomy, aperta al presente produttivo ma soprattutto al futuro e la ricerca concretamente previsionale: altrimenti le statistiche girano a vuoto e mistificano. Esistono certe strategie cosiddette No Still e affini,  promettenti, ma praticamente abolendo l’aratro e  in certo senso la lavorazione nei campi agricoli,  sfruttando al contrario sia certo riciclaggio dei residui dei raccolti, sia la possibilità di raccolti potenzialmente perenni e non  effimeri come da tradizione agricola. Componenti fondamentali per l’attività e lo sviluppo agricolo, azoto e fosforo sono a rischio esaurimento, probabilmente più del petrolio. Queste e altre disanime profonde, assai persuasive,  per sfamare sul serio tra pochi decenni qualcosa come dieci miliardi di persone.. Riassumendo, l’astronave giusta, almeno secondo gli scienziati è l’ottimizzazione della tradizione agricola nata millenni orsono con la selezione intuitiva delle piante e risorse verdi “originarie”, per via relativamente naturale e relativamente transgenica, per seminare e produrre piante cosiddette perenni, correggendo i bachi fatali dei nostri progenitori che facevano già ingegneria genetica al primo livello, dissipando altre variabili stesse più produttive ma poco visibili per ovvia non conoscenza genomica eccetera…. Gli scienziati, anche qualche giornalista scientifico,  multidisciplinari e di ogni “nazionalita”, autori e promotori della futura nuova rivoluzione verde? J. A. Foley, Lester R. Brown (celeberrimo), T. Raney e P. Pingali, D. H. Freedman, S. A. Goff e John M. Salmeran, A. Meldolesi, J.P. Reganold, D. R. Huggins, N.Nassar e R.Orviz, A.R. Townsend e R. W.  Howarth,  D. A. Vaccari. E con una premessa-epilogo: scenari di crisi e assai ostici, ma secondo la scienza le soluzioni esistono, in ultima analisi il vero problema è …la conoscenza e la Macchina Politica arcaica! Questo il grande messaggio per la nuova umanità cibernetica e cibarla nel XXI secolo.

Ulteriori Info

La crisi del potere temporale del Papa e le contemporanee manovre diplomatiche.

Il momento decisivo perché avvenisse concretamente un mutamento della politica internazionale ed europea nei confronti dell'Italia doveva venire da un accordo diplomatico di pace. Non a caso i Preliminari di Villafranca, lungi dal chiuderla, apriva una serie di nuovi problemi, operando di fatto la prima annessione territoriale al Piemonte a discapito dell'Impero Austro-Ungarico e ponevano l'accento sull'urgente esigenza di riforme anche da parte papale. Una situazione in movimento che comportava l'alterarsi dei vecchi equilibri sanciti a Vienna dalla Restaurazione. Circostanze che cominciavano a suscitare l'interessamento inglese e, all'opposto, il malumore e le proteste della Santa Sede. L'intervento inglese non avveniva senza alcun risultato. Nei suoi programmi, d'altro canto, Napoleone III non voleva sfidare apertamente la contrarietà britannica, e si accingeva ad una politica possibilmente conciliante con Londra. In un suo documento personale l'Imperatore francese, infatti, delineava i punti di un programma per l'Italia, prospettando i riflessi  positivi per il suo sovrano di una piccola entità temporale dello stato vaticano. Gli inglesi approvarono tale intendimento, ma chiedevano che l'intenzione francese fosse subordinata alla dichiarazione di non intervento di Parigi. Ma se Napoleone III non avrebbe avuto nulla in contrario in tal senso, tuttavia temeva che il Papa potesse invocare una coalizione delle potenze cattoliche a difesa di Roma. Ciò nondimeno Parigi iniziava la sua manovra di sganciamento dagli impegni assunti con l'Austria a Villafranca, causando l'inevitabile irrigidimento del Papa, alla cui difesa personale la Francia offriva, peraltro, il mantenimento delle truppe transalpine. L'avvicinamento franco-britannico era però destinato ad incrinarsi al trapelare delle prime notizie del compenso territoriale promesso dal Piemonte alla Francia nel segreto accordo di Plombières, cosa che provocò riprovazione in Inghilterra. Gli inglesi vedevano in questo accordo la conferma tangibile delle mire espansionistiche del Secondo Impero. D'altra parte Napoleone III era fermamente deciso ad ottenere Nizza e Savoia e, a scanso d'equivoci, subordinava l'annessione di territorio piemontese al sostegno alla politica di Torino, nel nome del principio dell'autodeterminazione dei popoli. Principio che costituiva, invece, per la Santa Sede una minaccia assai grave. in quanto si contrapponeva a quel "diritto divino" a cui si appellava il Papa. Ma se la Francia cercava in ogni caso di salvare il salvabile, a favore della causa italiana venivano a giocare altri fattori non irrilevanti. Innanzitutto la crisi del Regno delle Due Sicilie causata dalle iniziative rivoluzionarie di Garibaldi, che per il loro carattere avrebbero autorizzato l'intervento di Cavour. In secondo luogo il fallimento del Congresso di Varsavia, con la conseguente mancata formulazione di un'intesa tra le potenze legittimiste. apriva scenari nuovi sul Vecchio Continente. E la stessa Gran Bretagna, dopo un iniziale periodo di perplessità e contrarietà, decise finalmente di sostenere le aspirazioni del Regno di Sardegna, per sottrarlo dalla soggezione del potente alleato francese. Napoleone III, come in una partita a scacchi, si rivolse allo zar di Russia Alessandro, sfruttandone il malumore nei confronti dell'Austria e contemporaneamente chiese a quest'ultima di essere più morbida a proposito della questione italiana. Nel contempo Napoleone III, per evitare le proteste dei cattolici francesi e francofoni in genere (vedi gli appelli dei cattolici canadesi a tutela del Papato), ribadì la posizione di conservare il suo appoggio militare a Roma. Nell'occasione contrastare la concorrenza inglese e frenare il ritmo incalzante intrapreso dal Piemonte furono aspetti forti della politica dell'Imperatore dei Francesi, anche se la sortita piemontese nell'Italia centro-meridionale e il sempre più sostanziale interessamento inglese alle vicende italiane, Intanto il Cavour, alla luce degli sviluppi in corso, tentò la via dell'accordo con la Santa Sede, mettendo sul tappeto le proprie vedute sulla questione romana. Ecco perché, in fondo, i due veri protagonisti della partita diventavano ormai il Piemonte e la Santa Sede.
Casalino Pierluigi, 4.01.2015