Disibernate di Riccardo Roversi, le poesie che ha scritto fra i venti e i trent'anni e mai pubblicate, se non episodicamente, ma con un paio ha vinto importanti premi letterari, ad esempio con "Mezzelune" (pagg. 17-18). Inedite, infatti, praticamente, mai incluse nelle sue mai numerose, ma diverse e puntuali, ritmicamente e cronologicamente ineccepibile (i veri poeti e romanzieri non scrivono/pubblicano per pulsioni nevrotiche, ma solo una tantum nel corso degli anni): quali i volumi editi poetici Serenezze, Proesie, Trappola Minimale, Periplo di Millennio, ecc.
Nel giovane Roversi già nel registro di sistema, un fare poesia oltrepoetico, già "elettronica" (distante dai clichet letterari convenzionali lirici e anche manieristico sperimentali dell'epoca) poi sbocciata nelle raccolte pubblicate, il ritorno de La Forme, in chiave minimal al quadrato, dopo le avanguardie (ma mai contro....).
Dopo tanti anni, ancora oggi, Roversi ai vertici critici certamente del fare poesie a Ferrara (ma parliamo di altitudine nazionale), anche i suoi versi finora top secret, nulla di effimero alla ferrarese e sopravvalutazioni storiche, altrove.
Come poi fuori mura spesso evidenziato....(Roby Guerra)
Queste 50 poesie "giovanili" sono state scritte da Riccardo Roversi fra il 1976 e il 1986, prima della sua pubblicazione d'esordio (1989) e l'autore non le ha mai incluse in alcuna delle sue sillogi. Fertili di accurata cura formale, esse spaziano fra natura amore memoria, come la seguente: «Ricordi i giorni non erano che attimi / e i miei occhi più scuri delle siepi / ricordi correvamo dentro al grano / e fuori dal dolore e dalle angosce / io dico era meglio non capire / così adesso potrei non ricordare».
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Contro il metodo, La scienza come arte, scrisse in modo provocatorio un certo Feyerabend, seguace poi dissidente di Karl Popper, rivoluzionando i paradigmi postpositivistici e propri di certa teoria della conoscenza.
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