Il paradosso di Icaro di C. Bordoni (recensione)

 
di ANGELO GIUBILEO

 

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Oltre l'uomo – recensione a Il paradosso di Icaro

Il paradosso di Icaro è un saggio, ultima opera del sociologo Carlo Bordoni, che definirei piuttosto labirintico. Anche perché affonda le radici del pensiero logico della trattazione nella Grecia vissuta, a giudizio delle stesso autore, "tra il VII e il IV secolo a.C." E' questo, tuttavia, il periodo - definito "assiale" da Jaspers - in cui matura storicamente una rivoluzione del metodo del pensiero che fino ad allora precede - che, come l'autore, moltissimi definiscono ancora prelogico e quindi chiamano mitologico -, rivoluzione che coincide con lo sviluppo e l'affermazione del pensiero che Giorgio de Santillana chiama piuttosto "scientifico", per distinguerlo dalla forma del pensiero, esso stesso, che, in generale, precede.

Questo, mi sembra il "limite" più evidente del saggio; circoscritto a un'era dell'uomo che non crede sia stata possibile o quanto meno non crede nel ritorno a un'"età dell'oro" esiodea - descritta nella letteratura del mito, laico e religioso secondo la dizione della modernità - in cui operi "un insieme indistinto" piuttosto che "una totalità pacificatrice" o un sempiterno regno governato da Dike, ma questa così come la intende Parmenide. A differenza di quella viceversa professata dall'autore.

La vicenda si snoda dunque sul crinale di un'unicum storico, totalizzante, costruito da Hybris e riscattato da Nemesis, attraverso la trama dello sviluppo di un ordine "politico" e "sociale"; che, viceversa, prescinde dall'instaurazione del precedente "ordine divino", così come richiamato dallo stesso Platone in Il Politico. L'ordine viceversa naturale dell'intero essere, narrato ma rinnegato da Platone; significato dal pensiero, esso viceversa logico, di Parmenide e dei pensatori "iniziali" di cui dice Martin Heidegger, inscritto nel percorso più ampio dell'antropologia e della biologia, a cui l'autore concede ben poco, senz'altro troppo poco, e in breve "le scoperte della bioantropologia sulla prevalenza dell'emisfero destro negli uomini primitivi". Chiudendo quindi all'ipotesi di un ritorno al passato o chiudendo all'ipotesi di un futuro, che oggi prefiguriamo e chiamiamo postumano o transumano.

Il saggio tratta quindi degli sviluppi storici e interconnessi di un pensiero logico che si muove in ordine alla contrapposizione dialettica, e quindi platonica, scientifica, e quindi moderna, che origina dal concetto, inteso comunque in senso positivo o pragmatico, di "limite". E' un saggio che tutti dovremmo leggere, ricco di citazioni e riferimenti. Che, tuttavia, mette troppo in conto quella che è stata l'esperienza più recente, di circa 2.500 anni, dell'umano; esperienza che già oggi, come in parte dice l'autore, si dimostra nei fatti superata. Per parte mia, confermo invece che pur esista una linea storica di continuità, mai interrotta, che lega piuttosto il passato remoto, ignorato dall'autore, al "futuro remoto" di cui lo stesso autore invece parla, nel quale potremmo esserci, ma anche no. In fondo, è questo il portato del caso e della necessità.

                                                                                                                      Angelo Giubileo