Da: Pierluigi Casalino
Sconosciuta e segreta è la regia della politica, ma affonda le radici nel cuore stesso dell'aspirazione comunitaria e sociale dell'uomo. La tirannia, nello specifico, equivale ad un tradimento egoistico di tale aspirazione, un modo di affermazione dell'orgoglio e dell'ambizione, della superbia e del sentirsi superiore agli altri. Si tratta di un impulso che rientra nel DNA umano, alterato, come si dice, dalla colpa originale, per usare un linguaggio biblico. Dobbiamo, tuttavia, agli antichi Greci non soltanto la sostanza, ma anche la forma della democrazia e delle sue evoluzione ed involuzioni. Dobbiamo all'Ellade, in realtà, l'origine di tutti i termini del nostro linguaggio politico, ormai geopolitico: monarchia, democrazia, tirannia, aristocrazia, demagogia (oggi si direbbe populismo ovvero amore smodato della democrazia per riprendere un concetto di Alexis de Tocqueville). Aristotele, il più preparato dei filosofi greci sulla dialettica politica, nella distinzione dei suoi modelli, definì la tirannia la "forma peggiore" fra le forme di governo, condannandone i sistemi dispotici, che esercita su tutti i cittadini uguali o superiori per l'utilità propria e non dei sudditi. Tale visione veniva ed è tuttora individuata ed identificata nel cosiddetto dispotismo orientale, la cui forma più sofisticata e determinata si coglie nell'Arthasastra di Kautilya (erede speciale di questa particolare visione la dinastia politico-famigliare al potere nella Corea del Nord), antico testo indù di realismo politico spietato e totalitario, coevo dei sistemi politici e democratici greci. La struttura politica dell'Impero Romano, pur maturata dopo l'esperienza della Repubblica, finì alla lunga per fare il verso al dispotismo orientale, avendone imitato in un certo senso i metodi, orientalizzandosi esso stesso, nonostante le sue straordinarie basi giuridiche, il cui lascito resta pressoché intatto ai giorni nostri. Fenomenologie tiranniche si sono manifestate anche in Occidente, ma queste, nella tragicità del loro affermarsi, non hanno mai assunto l'intensità oppressiva della vita privata realizzata in Oriente: se in Oriente, infatti, tutti erano (o sono ancora) schiavi, in Occidente il numero degli schiavi era sempre inferiore, in quanto chi non aveva (o non ha) nulla è assai ridotto rispetto a coloro che hanno di più o tutto (circostanza, peraltro, che l'attuale crisi globale mette in forse). I monarchi orientali, insomma, erano (e sono) tutti tiranni più o meno mascherati, anche se si ammantano di aspetti apparentemente democratici. Essi continuano a detenere anche nell'età del web e dei social (che certifica l'impossibilità di soffocare del tutto il dissenso) un potere assoluto o quasi assoluto sui loro sudditi, spesso un diritto assoluto di vita e di morte. Non è qui è il caso di fare una carrellata degli esempi più o meno mostruosi di tirannia nella storia dell'Occidente, ma anche in quella dell'Oriente, dove gli esempi sicuramente più frequenti. Dagli eroi omerici al diabolico Stato islamico (ISIS), per passare attraverso quelle faziose minoranze che presero (e prendono ancora) il potere con la forza, egemonizzando il quadro politico fino a creare quelle democrazie totalitarie che sono state (e ancora sono) non meno devastanti delle più bieche tirannie del passato. Ci sono regimi tirannici e totalitari, dove nepotismo ed uso personale della cosa pubblica (il cosiddetto tiranno "giardiniere). Ci sono poi tirannici riformatori, che puntano da un lato, è vero, ad usare il potere come prerogativa personale incensurabile, ma che dall'altro lato desiderano migliorare le condizioni della loro società, diventando, in tal modo, i difensori della gente comune, che, nel capo si riconosce e ne apprezza l'illimitata autorità, alla quale affidare fiducia. Segue la schiera dei tiranni che Walter R. Newell chiami tiranni giardinieri messianici come Hitler, Stalin, Mao, Pol Pot e i Jihadisti odierni. Essi non vogliono agire come tiranni giardinieri (la prima categoria) e nemmeno come tiranni riformatori, ma desiderano imporre, con intenzione delirante, un'utopia, a cui l'individuo deve sottoporsi per il bene comune, fino ad aprire la via ad una soffocante tirannia che ricorda il Grande Fratello. Viviamo un periodo in cui il dispotismo ha l'invadente penetrazione dei persuasori occulti tratta di derive demagogiche che vengono solitamente chiamate democrazie di facciata, la cui pericolosità viene sottovalutata. Il tiranno diventa nei vari casi l'assoluto (e negativo) protagonista non solo della sua storia, ma anche della Storia con la S maiuscola, della Storia senza Storia. Il fascino perverso della tirannia seduce con le sue false promesse di ordine e di stabilità, trasformandole in drammi senza limiti. Il mondo di domani forse ritroverà ancora molti di questi esempi negativi. e paradossalmente l'apertura mentale della gente (che, in ogni caso, a perso il senso della misura, il senso critico e l'unicità ed identità del proprio essere a causa di una tecnologia invadente, che diventa essa stessa tirannica), non basterà a scongiurare nuovi drammi della politica sull'esempio di quelli del passato. Il terrore giacobino del 1793 si rinnova attraverso i fanatismi e i populismi che si affacciano ripetutamente sulla scena della Storia, un'alternativa permanente, come è stato detto, agli eventi umani, così come sarà l'epoca folle del Figlio della Perdizione che avanza. Una sola considerazione come antidoto alla tirannia: la democrazia resta di gran lunga un'idea migliore.
Casalino Pierluigi