Le culture Arabo – mediterranee in una geografia dell'umanesimo dell'uomo e non dei mercati
di Pierfranco Bruni
Le culture arabo – mediterranee sono chiavi di lettura per comprendere sia sul piano antropologico e linguistico, ma anche sulla funzione che dovrebbero avere i nuovi processi europei nel campo delle economie e della finanza sistematica, quella geo-politica di un'Europa che non può perdere la sua identità , ma non può fare a meno, in un contesto geo-politico moderno, dei modelli immigratori.
Non è una questione soltanto basata (o da finalizzarsi su un piano di investimento o su politiche intrecciate tra risorse e nuove economie di sviluppo) su piattaforme di mercati o su idee di mercati nelle commercializzazioni dei prodotti o nelle interpretazioni delle finanze.
Bisogna fare i conti, il gap problematico iniziale sta proprio qui, con delle culture altre che entrano a far parte di una tradizione che è stata tutta europea. Non si risolvono i problemi dei mercati se non si entra in una antropologia della conoscenza dei popoli. È completamente inutile tentare di ragionare soltanto su una questione monetaria. Si corre il rischio di creare una nuova visione politica semplicemente su delle linee economiche.
D'altronde già con la Unione europea si è commesso un errore di fondo. Si è pensata di costruire l'Europa sulla base delle monete facendole diventare una moneta unica. Ovvero su una strategia meramente di incontri e confronti se non scontri di finanze. Il peso oggi è ancora maggiore.
Occorrono vissuti profondi per raccontare i Mediterranei. Dalla Mesopotamia ad oggi. Dalla Grecia alla'Armenia. Dalla Turchia a Tunisi. Istanbul è l'intreccio tra Bisanzio e Costantinopoli. La mia pietra d'Oriente non è soltanto un simbolo. Bisogna abitare l'anima della pietra per cercare di capire. Bisogna aver visitato quei luoghi. Bisogna aver abitato quei contesti. Bisogna aver penetrato le coscienze di un Mediterraneo che è Siria ma anche Omero, che è la Striscia di Gaza ma anche la Cappadocia, che è letteratura albanese (sì, perché l'Albania è un mondo Balcano nella storia dei processi ottomani mediterranei), che è il Regno di Napoli con Corrado Alvaro che offre le straordinarie immagini di Istanbul e Ankara, ma anche il vento del Libano, le strade di Siviglia, la roccaforte di San Paolo a Malta.
Nel rapporto tra etnie e religioni è imprescindibile una struttura di pensiero che sia letteraria o antropologica. Ci vuole attenzione e conoscenza, professionalità e saperi.
È da trent'anni che lavoriamo su questioni relative al rapporto tra etnie, letteratura e mediterraneo ed è da decenni che pubblichiamo testi con relativi bilanci su una tale questione e non smettiamo mai di approfondire, restare estasiati, rimanere rattristati in quelle realtà cangianti tra il gioco dei colori, la misura del tempo e la cifra dello spazio. Mi ritornano alcune canti: "Sei rosa sei rosa bianca e garofano nella sera dell'estate con il vento sulle onde e le voci di Bisanzio che ascolto tra le vie delle spezie sono memorie antiche. Porti sul viso il verde e il rosso della trasparenza dei veli delle danzatrici che sfidano il tempo sconfitto dalle età e ti osservo specchiando i miei occhi nei tuoi. Questa sera al canto del muezzin mi avrai nell'anima e i nostri corpi saranno una stretta di isole per viverci come eterni nel finito delle lune sul mare. Ascoltami per una sera ancora. Domani sarà un volo in più nel deserto degli spazi e delle ricordanze".
Soprattutto un'Europa del Sud, quella che è stata Regno di Napoli già subito dopo la Rivoluzione Francese, non ha mai abbandonato i legami con il mondo arabo – mediterraneo, musulmano – islamico – bizantino. Non è assolutamente vero che le Nazioni si uniscono e cercano di dialogare sulla base di un progetto economico.
Possono dialogare in piena armonia o concordanze di idee o discordanze di posizioni se si ha ilo coraggio di capire le distinzioni culturali e le condivisioni culturali moderne che hanno sempre matrici storiche.
Un esempio che non può essere praticato o inteso su visioni letterarie. In tutto il mondo l'icona dell'opera di Dante Alighieri è centralizzante. Ma nell'Oriente musulmano Dante assume altre connotazioni anche metafisiche e non solo prettamente poetiche. Il duellare tra i Guelfi e i Ghibellini non è uno scontro in una Firenze medievale. È, invece, la visione di idee contrastanti che hanno come punto di partenza il concetto di dominazione, di potere economico, di strategie. L'esiliato Dante non è, meramente, un personaggio carico di idealità poetica. Entra in gioco la politica delle strategie. Il mondo musulmano, leggendo Dante propone una chiave di lettura completamente diversa da come viene proposta in Italia e in molte scuole di pensiero del nord Europa.
Altre cesellature. L'interpretazione che si propone di Machiavelli è al centro di un grande dibattito tra quell'Europa Firenze centrica e Napoli capitale del Sud sino alla caduta del Borbone. Lo stesso poeta Pascoli costituisce, dopo studi seri e appropriati, non il malinconico poeta dolorante per la morte del padre, ma è lo spartiacque tra l'annuncio di un interventista convinto e la nascita del Fascismo in Europa e nel Mediterraneo. Pascoli è il capostipite di una interpretazione di un Mediterraneo che deve essere recuperato dal mondo mediterraneo e che diventare, addirittura, Italia.
Tutto questo per dire che un'Europa nordica oggi non ha più senso. Perché se questa, storicamente, ha avuto una sua triangolarizzazione tra Austria - Ungheria, Germania e Paesi nobili come la Francia reducista tra rivoluzione francese e robesberiano bolscevismo, c'è stata un'altra Europa che non ha mai smesso di dialogare con il nord Africa, con i Paesi arabi e con le geografie dell'Adriatico. Se c'è un'Europa cristiana e calvinista c'è anche un'Europa che ha posto le premesse per un dialogo tra popoli cristiani e musulmani.
Albert Camus, che ha inventata la linea meridiana, era un grande conoscitore del Mediterraneo nella coscienza dello straniero e nella caduta delle rivolte. Carl Schmitt in "Terra e mare" ha disegnato l'inizio e la fine del Mediterraneo. Il Mediterraneo è fatto di voci. Ma il Mediterraneo, si comprenda bene una volta per tutte, non è il musulmano, il cristiano, il bizantino che proviene da una geografia ben definita.
Il Mediterraneo è anche il Pascoli che legge e introduce la storia del Novecento moderno in una Mediterraneo della linea magrebina. È anche Enrico Pea che dedica le sue pagine più belle all'Egitto. È il Ludovico de Varthema che ci fa compiere quel "meraviglioso" viaggio alla Mecca.
Ma di quale Mediterraneo si vuole parlare? Istanbul è Mediterraneo o Adriatico? È Oriente. Ho partecipato a centinai di incontri in tutto il mondo discutendo dei Mediterranei esclusi e dei Mediterranei includenti. Ma il concetto di condivisione esula da qualsiasi interpretazione che possa avere alla base la profondità della conoscenza. L'etnia e la lingua sono un dato di fatto. Come è un dato di fatto l'intreccio tra la fuga, l'esilio e la nostalgia. Ma il canto d'amore è sottile: "Gli azzurri hanno le sfumature del blu nel vento d'Oriente e le parole sono una fuga tra il pensiero e il canto che ha voci di danze sufi.
Non ho sguardi da custodire perché nel viaggio c'è sempre una coincidenza tra la partenza e il ritorno e il sublime è un rischio e un suono di orizzonti. Le mie labbra sfiorano il tuo seno e il tuo volto ha il velo delle trasparenze. Ti racconterò amore mio la storia di una gazzella che ha portato in volo i petali di una rosa bianca". Il Mediterraneo siamo noi e Istanbul è l'Oriente che vive nei nostri viaggi.
Il mondo Mediterraneo è un intreccio tra realtà araba, musulmana, islamica, cristiana. Ma anche in termini culturali non basta puntare lo sguardo su questi semplici elementi. Siamo nostalgici dei dervisci, ma per capire io dervisci abbiamo bisogno di aver capito Rumi e Kajjam in un intreccio tra Oriente ed Occidente.
Il punto nevralgico della visione di una mondo e di una identità nelle identità del Mediterraneo è la consapevolezza di essere occidentali, non in una visione terzomondista, negli Orienti che non solo sono civiltà frontaliera, ma sono ben strutturati in un processo culturale che trova la sua sintesi contemporanea in Italia, come ho avuto modo di sottolineare in una mostra su "Donne mediterranee" presentata su Rai Uno recentemente, attraverso tre processi storici: il Regno di Napoli e l'Unità d'Italia, che nasce sotto la spinta di conquista del Mediterraneo, la guerra giolittiana la cui fase, come preannunciò Pascoli nel 1911, termina con la Grande Guerra, l'occupazione dell'Africa e dell'Albania da parte del Fascismo e l'importanza che ha avuto Italo Balbo nel mediteraneizzare l'Africa.
Tutto ciò che è avvenuto dopo nasce sotto la spinta di un Occidente americano ed europeo sino alla primavera di Tunisi e alla "rivoluzione" in Libia, compresa la Guerra del Golfo, con la morte di Gheddafi.
Non si può prescindere da ciò anche in letteratura. Soprattutto per una letteratura che è metafora della fuga, del viaggio, dell'esilio, della estraneità, della religiosità portata alla tragedia con il 2001.
È dentro questa constatazione che si fonde vita, storia, letteratura tra poesia e racconto. La letteratura diventa un innesto di un linguaggio esistenziale che è linguaggio di lingue, di etnie, di tradizioni. Si tratta di un'antropologia vissuta sulla conoscenza e non sulla lettura soltanto.
Ecco perché orami, dopo una vita spesa viaggiando e lavorando con le culture dei Mediterranei, diffido sentir parlare di Mediterraneo e di raccontare il Mediterraneo soltanto attraverso la lettura di pagine di libri o dalle singole voci di testimoni che sono nate sulle sponde del Mediterraneo soltanto.
Per dare un senso ad un Mediterraneo, che non potrà mai essere capito attraverso la versione della condivisione, bisogna averlo penetrato, bisogna aver penetrato i Mediterranei, bisogna aver frequentato i luoghi: dalle Medine ai deserti, dai Camini delle Fate alle Moschee. Essersi incontrati e scontrati con il mondo musulmano e islamico. Aver osservato le Gerusalemme e i mari che toccano i deserti di Tunisi, aver capito che la Macedonia e il Kosovo sono in un Oriente islamico e in una ambiguità cattolica sino a toccare l'ortodossia di Cipro.
I Mediterranei sono una letteratura inafferrabile e quando riusciremo a trovare il legame tra queste geografie o la definitiva discordanza tra gli Oceani e l'Adriatico e il Tirreno, che sono nell'abitazione dei Mediterranei, possiamo cominciare a muovere qualche tassello del vasto mosaico anche sul piano della consapevolezza.
Ci vuole conoscenza e frequentazione, capacità interpretativa e molto coraggio. Non basta una lettura tra fogli di libri per discutere di Mediterraneo. Altrimenti è più semplice dialogare di peperoncini appesi alle finestre come cantavano Fabrizio De André e Mia Martini o di danze recitate da Franco Battiato, che ha abitato il Mediterraneo tunisino. Istanbul è Oriente. I suoni e le voci sono un vento spinto dalle onde: "La notte è una danza nel gioco dei veli che ti fasciano il cerchio del passo negli Orienti di Istanbul. Hai la bellezza della luna nelle luci del mare donna che porti
il vento negli occhi e i sorrisi tra le dita. Ti darò il mio cercarti per una carezza
che non dimenticherò". Istanbul non è distanza. L'Oriente è in noi! E la danza è un mistero tra la pietra dei simboli e il viaggio di Paolo.
Se non si parte da una strategia culturale, recuperando la vera anima dell'umanesimo, il dialogo diventerà impraticabile tra le diverse Europe e il mondo occidentale americano. Insistere sul recupero di una eredità e di un'identità europea crea sempre più delle lacerazioni, che non resteranno soltanto all'interno di una visione "estetizzante" dell'Europa moderna, ma diventeranno delle "bifore" tra le storie europee e le culture arabe e mediterranee.
Non si tratta di chiudere o meno le frontiere. Sono problemi da non porsi. È sostanzialmente una questione culturale che non può essere arenata sugli scogli dell'impossibile. L'Europa deve smettere di pensare che tutto sia risolvibile e proponibile su una "identità" economica vera e propria.
La storia dell'Unità d'Italia e le conseguenti divisioni, in un conflitto storico ancora non del tutto assopito, dovrebbero servire da insegnamento. Ancora oggi non c'è l'Europa, o meglio non c'è una sola Europa. È una impostazione antropologica che va capita, ma che va sostanzialmente applicata all'interno di una volontà di dialogo tra le Europe e i Mediterranei.
Questo non significa osservare, ascoltare, auscultare, semplicemente una tavolozza geografica. Ma incidere in uno scavo che deve essere sempre più umano, culturale, linguistico, antropologico e storico. Le Europe devono saper confrontarsi, e viceversa, con le culture arabo – mediterranee in una tradizione dell'umanesimo vero.