L'autore di questo trattato arabo-andaluso d'amore Ibn Hazm è una
delle più alte figure intellettuali della Spagna musulmana del XI
secolo. Non era etnicamente della stirpe dei conquistatori,
appartenendo ad una famiglia visigota da un paio di generazioni
passata all'Islam; ma la nuova fede, con quella rapidità e totalità di
assimilazione a lei propria, aveva già fissato in pieno il suo marchio
su questi convertiti. Il pronipote di un proprietario terriero
cristiano di Niebla era divenuto un compito cortigiano della corte
califfale di Cordova, fervido studioso e giuridiche islamiche, e
doveva con gli anni diventare uno dei più dotti e combattivi teologi
dell'Islam andaluso. Temperamento profondamente passionale, Ibn Hazm
trascorse la giovinezza tra i torbidi delle guerre civili che
segnarono il tramonto dell'illustre dinastia degli Omàyyadi o
Marwànidi, di cui suo padre e lui stesso furono devoti fautori;
sofferse il carcere, il bando e la persecuzione, al pari di Dante;
ritiratosi dalla vita politica con la definitiva eliminazione dei suoi
sovrani, trovò modo di farsi ancora perseguitare per le sue idee
teologiche, avendo abbracciato l'indirizzo eterodosso degli Zahiriti o
Letteralisti, fondato sull'interpretazione letterale dei testi sacri.
Coinvolto nelle violente polemiche con l'ortodossia, le sue opere
furono date al rogo sulla pubblica piazza e la sua persona fu oggetto
di rinnovate minacce e attacchi che lo costrinsero a ritirarsi, dopo
tempestose vicende, nelle terre dei suoi antenati di Casa Montoija
presso Huelva, insegnando lì ad una piccola cerchia di discepoli
fedeli. E in quel luogo, sdegnoso e solitario, attese la morte. Una
vita, quella di Ibn Hazm, che, come accennato più sopra, per certe
coincidenze di eterni eventi e più per l'intimo abito austero
dell'ideale , ricorda, fatte le debite proporzioni, quelle di Dante.
La Commedia del profugo studioso andaluso non fu un'opera d'arte, ma
di polemica e di scienza, un poderoso trattato di storia critica delle
religioni, che gli assegna in questo campo un poto eminente, anzi di
precursore. Ma naturalmente la sua conoscenza e apprezzamento sono
limitati a pochi iniziati. La fortuna di Ibn Hazm in circoli più ampi,
anche al di fuori di quelli degli islamisti e degli storici delle
religioni, è dovuta invece a questo libretto, che, con un'analogia da
non prendere troppo alla lettera, possiamo chiamare la sua Vita Nuova:
al giovanile, elegante e leggiadro COLLARE DELLA COLOMBA. Si tratta di
un trattatello d'amore che Ibn Hazm scrisse, non ancora trentenne, a
richiesta di un amico in Shàtiba (Jàtiva), in una delle sue
peregrinazioni, quando non era ancora invischiato nelle contese
politiche e non aveva ancora poto mano alle sue opere maggiori. E
quando il suo animo conservava quel tanto di freschezza amabile di
gioventù da poteri intrattenere, sia pur con qualche scrupolo, su un
leggero argomento profano, e nello stesso tempo preannunciava già
quella piega di rigorismo morale, di dedizione austera alla scienza,
di rinuncia ai piaceri ed affetti mondani che doveva improntare tutto
il resto della sua esistenza. Hazm definisce il libro un trattato
scientifico di fenomenologia dell'amore, e una confessione, un
documento storico e umano di non comune valore. Hazm vanta
un'approfondita conoscenza del mondo femminile ed è pervaso, peraltro,
da una visione platonica dell'amore, ed è così che va esclusa ogni
rappresentazione pornografica di questo testo. Aldilà del contenuto,
su cui si potrà tornare, facendone oggetto di una speciale
considerazione, IL COLLARE DELLA COLOMBA resta tuttora una colonna
della tesi araba sulle origini della lirica provenzale, per quanto
riguarda le affinità intellettuali, mentre diversi altri autori, come
il Menendez Pidal e il Ribera sottolineano le sorprendenti analogie
metriche tra poesia araba e romanza, fondate comunque su tutt'altre
fonti, come i zagial popolareggianti di Ibn Quzmàn, che non il
rigidamente classico COLLARE. In questo tema è solo l'aura generica
dell'amor cortese che a tratti si può credere di respirare. Ma anche
così ridotto ad un vago e problematico influsso indiretto, questo
tenue vincolo fra la piritualità dell'operetta di Ibn Hazm e il
nascente mondo romanzo aumenta ai nostri occhi il fascino di questo
delicato libretto.
Casalino Pierluigi, 12.2015
delle più alte figure intellettuali della Spagna musulmana del XI
secolo. Non era etnicamente della stirpe dei conquistatori,
appartenendo ad una famiglia visigota da un paio di generazioni
passata all'Islam; ma la nuova fede, con quella rapidità e totalità di
assimilazione a lei propria, aveva già fissato in pieno il suo marchio
su questi convertiti. Il pronipote di un proprietario terriero
cristiano di Niebla era divenuto un compito cortigiano della corte
califfale di Cordova, fervido studioso e giuridiche islamiche, e
doveva con gli anni diventare uno dei più dotti e combattivi teologi
dell'Islam andaluso. Temperamento profondamente passionale, Ibn Hazm
trascorse la giovinezza tra i torbidi delle guerre civili che
segnarono il tramonto dell'illustre dinastia degli Omàyyadi o
Marwànidi, di cui suo padre e lui stesso furono devoti fautori;
sofferse il carcere, il bando e la persecuzione, al pari di Dante;
ritiratosi dalla vita politica con la definitiva eliminazione dei suoi
sovrani, trovò modo di farsi ancora perseguitare per le sue idee
teologiche, avendo abbracciato l'indirizzo eterodosso degli Zahiriti o
Letteralisti, fondato sull'interpretazione letterale dei testi sacri.
Coinvolto nelle violente polemiche con l'ortodossia, le sue opere
furono date al rogo sulla pubblica piazza e la sua persona fu oggetto
di rinnovate minacce e attacchi che lo costrinsero a ritirarsi, dopo
tempestose vicende, nelle terre dei suoi antenati di Casa Montoija
presso Huelva, insegnando lì ad una piccola cerchia di discepoli
fedeli. E in quel luogo, sdegnoso e solitario, attese la morte. Una
vita, quella di Ibn Hazm, che, come accennato più sopra, per certe
coincidenze di eterni eventi e più per l'intimo abito austero
dell'ideale , ricorda, fatte le debite proporzioni, quelle di Dante.
La Commedia del profugo studioso andaluso non fu un'opera d'arte, ma
di polemica e di scienza, un poderoso trattato di storia critica delle
religioni, che gli assegna in questo campo un poto eminente, anzi di
precursore. Ma naturalmente la sua conoscenza e apprezzamento sono
limitati a pochi iniziati. La fortuna di Ibn Hazm in circoli più ampi,
anche al di fuori di quelli degli islamisti e degli storici delle
religioni, è dovuta invece a questo libretto, che, con un'analogia da
non prendere troppo alla lettera, possiamo chiamare la sua Vita Nuova:
al giovanile, elegante e leggiadro COLLARE DELLA COLOMBA. Si tratta di
un trattatello d'amore che Ibn Hazm scrisse, non ancora trentenne, a
richiesta di un amico in Shàtiba (Jàtiva), in una delle sue
peregrinazioni, quando non era ancora invischiato nelle contese
politiche e non aveva ancora poto mano alle sue opere maggiori. E
quando il suo animo conservava quel tanto di freschezza amabile di
gioventù da poteri intrattenere, sia pur con qualche scrupolo, su un
leggero argomento profano, e nello stesso tempo preannunciava già
quella piega di rigorismo morale, di dedizione austera alla scienza,
di rinuncia ai piaceri ed affetti mondani che doveva improntare tutto
il resto della sua esistenza. Hazm definisce il libro un trattato
scientifico di fenomenologia dell'amore, e una confessione, un
documento storico e umano di non comune valore. Hazm vanta
un'approfondita conoscenza del mondo femminile ed è pervaso, peraltro,
da una visione platonica dell'amore, ed è così che va esclusa ogni
rappresentazione pornografica di questo testo. Aldilà del contenuto,
su cui si potrà tornare, facendone oggetto di una speciale
considerazione, IL COLLARE DELLA COLOMBA resta tuttora una colonna
della tesi araba sulle origini della lirica provenzale, per quanto
riguarda le affinità intellettuali, mentre diversi altri autori, come
il Menendez Pidal e il Ribera sottolineano le sorprendenti analogie
metriche tra poesia araba e romanza, fondate comunque su tutt'altre
fonti, come i zagial popolareggianti di Ibn Quzmàn, che non il
rigidamente classico COLLARE. In questo tema è solo l'aura generica
dell'amor cortese che a tratti si può credere di respirare. Ma anche
così ridotto ad un vago e problematico influsso indiretto, questo
tenue vincolo fra la piritualità dell'operetta di Ibn Hazm e il
nascente mondo romanzo aumenta ai nostri occhi il fascino di questo
delicato libretto.
Casalino Pierluigi, 12.2015