Ascoltare Dante o i dantisti?

Di fronte alle ormai secolari dispute sull'identità della donna
gentile nella VITA NOVA (VITA NUOVA) di Dante Alighieri, soprattutto
se pensata in relazione alla donna gentile del CONVIVIUM (CONVIVIO),
l'impressione in genere del comune lettore, che non sia per vocazione
un dantista o frequenti Dante da lungo corso, e a cui, per dirla con
una frase del Contini, non "è stata attribuita alcuna responsabilità,
o magari custodia di cose dantesche", è che qualunque soluzione o
interpretazione si dia alla questione, si manifesta sempre qualcosa
che non appare proprio o addirittura non va. in altri termini si
presenta a noi un nodo da sciogliere, un problema irrisolto, una
contraddizione evidentissima ed insolubile. Or bene ci si deve,
dunque, porre questa domanda che si pose il Nardi e cioè "dare retta a
Dante o a quanto dicono i dantisti?". Il tema non riguarda solo il
Convivio o la Vita Nuova, ma l'intero complesso delle opere del Sommo
Poeta. E' vero, poetis ommnia licet (nel creare), ma anche si
divertono a giocare e ad ingannare sovente il lettore, facendo leva
sulla sua incompetenza o competenza parziale. La realtà è quella che
in genere i dantisti non sopportano l'incertezza e si sentono sicuri
nel giungere a conclusioni. Dal punto di vista dell'osservatore non
dantista, peraltro, tre sono le tesi di base svolte di volta in volta
abbandonate e poi riprese:
1-tutti i testi poetici riferiti alla donna gentile nella Vita Nuova e
nelle Rime, ma anche nel Convivio, furono composti per una donna reale
o immaginaria, ma donna, e\ dopo funzionalizzati al discorso
filosofico;
2-i testi riferiti alla donna gentile nella Vita Nuova sono attribuiti
ad una donna reale, contrariamente a quanto afferma Dante nel
Convivio, mentre gli altri testi sono stati concepiti come allegorie
della filosofia;
queste due considerazioni non paiono raccogliere grande consenso tra
gli studiosi e sono carenti sul piano critico.
3- per il terzo punto, infine, come dice Dante nel Convivio, la donna
gentile della Vita Nuova è già figura allegorica della filosofia,
quella filosofia che per Dante trae origine dalle rivisitazioni
averroistiche di Aristotele, pi ancora che dalle intuizioni
tomistiche; del resto tale punto 3 è speculare al punto 1, mancando
però il 1° e il 2° di grande fondamento sul piano della critica e
della stessa interpretazione dantistica.
Lo studioso, quello attento, parla di "breve dilettazione sensibile",
per chiudere l'argomento o meglio gli argomenti spinosi sopra
considerati.
Ma anche se si concorda al 3° punto, così puntuale da renderlo più
attendibile dei primi 2, per cui il tratto poetico della Vita Nuova è
già filosofia, le problematiche non si riducono, anzi crescono in modo
qualitativo, se pur con miglior predisposizione. Maria Corti ha
parlato del riaffiorare di un fantasma di un possibile intervento
dantesco posteriore sul fiale della Vita Nova a fase IV del Convivio,
con il proporre del perverso e suggestivo rompicapo se la donna
gentile sia la filosofia. e ciò quando Dante filosofo, come è stato
detto, entra in crisi, rifiutando almeno in apparenza l'innamoramento
filosofico. essendo già preso dalla sua straordinaria visione
universale dell'oltretomba. Si apre qui un discorso inesauribile e
quasi non compiutamente intellegibile, anche se in Dante tutto è
possibile, grazie al suo multiforme ingegno, che travalica ogni sua
influenza esterna od interna: ascoltare quindi dante e non i
dantisti....
Casalino Pierluigi, 10.12.2015