Carissime/i abbiamo aderito come A.N.P.I. al presido che Emergency ha promosso per domani mattina SABATO 10 GENNAIO 2015 alle ore 10 in Piazza Facta a Pinerolo in merito ai drammatici fatti che stanno succedendo in Francia. Invitiamo tutti i nostri iscritti, gli antifascisti e la cittadinanza a parteciparvi Cordiali Saluti Riccardo Vercelli A.N.P.I.Pinerolo
Di seguito troverete il comunicato di Emergency sulla strage di Parigi.
"La strage di Parigi ci ha lasciati addolorati, sgomenti, arrabbiati. Tutti sentiamo il bisogno di reagire. Ricordiamo quello che il premier norvegese Stoltenberg disse dopo la strage di Utoya del 2011: “Reagiremo con più democrazia, più apertura e più diritti”.
Non vogliamo cedere alla paura e all’odio. Rifiutiamo la logica di chi divide il mondo in base alla religione, al colore della pelle, alla nazionalità. Rifiutiamo la logica di chi specula sulla morte per i propri interessi, alimentando una spirale di odio e violenza.
È il momento di stare insieme, di far sentire la voce di tutti quelli, e sono tanti, che di fronte alla morte e alla violenza rispondono con il dialogo, la solidarietà e la pratica dei diritti. Tutti quelli che non fanno distinzione tra le vittime di Utoya e Peshawar, di Baqa, di Baghdad, e Parigi, nel Mediterraneo e a New York. Tutti quelli che credono che diritti, democrazia e libertà siano l’unico antidoto alla guerra, alla violenza e al terrore. Dove l’ odio divide, i diritti possono unire.
Vi aspettiamo, sabato 10 gennaio, alle 10 in piazza Facta a Pinerolo
Matteo Bianchi, Poesie in bicicletta (Este Edition, 2007)
Evidentemente,
considerato sia il titolo della silloge poetica in disamina, sia le tre
fotografie che ne supportano il contenuto letterario, dev’essere la bicicletta
il mezzo ispiratore del giovane (appena ventenne) autore ferrarese, Matteo
Bianchi. E perché no? La bicicletta, specie se condotta a misurate pedalate nel
mezzo delle bellezze della natura, sa dare una mano a trovare quella giusta
dimensione, bucolica ed insieme rasserenante, che crea un giusto equilibrio tra
anima e corpo e che, in aggiunta, sa procurare un introverso stimolo artistico.
Il giovane
poeta impone, nel contesto della sua raccolta, una rapsodica “estetica dei
colori”. Una cromatica messinscena della parola. Pur
esprimendo le antitesi dell’esistenza o dei concetti, il protagonista sa
individuare l’armonia che la poesia, e solo essa, può esternare in una maniera
del tutto particolare, lieve e ovattata, soft. Tanto che gli opposti talora non
appaiono neppure tali.
Mentre i
componimenti sono tutti senza titolo, le quattro sezioni che ne fanno da
contenitore recano per titolo appunto i nomi di quattro esemplari colori:
Grigio, Argento, Bianco e Nero.
Il passaggio
dalla vita alla morte, dal vero al falso, dalla realtà all’irrealtà (questi sono
i preponderanti limiti-ossimori che contornano i versi del libro) nel primo,
diretto confronto tra il grigio e l’argento, pur essendo tra di
loro direttamente evidente il rapporto d’una dimessa esistenza, adusa ad un
melanconico meditare (in Grigio), che conduce ad una riflessione sulla madre (in Argento), v’è, nel medesimo argenteo
timbro, un altrettale soffuso senso d’emersione che migliora lo stato del
precedente grigiore («Per poco più d’un soffio | di brezza | quella quiete fu
mia», p. 19), facendo da pendantal successivo livello cromatico bianco.
Le sfumature che diversificano un colore dall’altro, in questa prima ipotesi,
sono davvero minime. Ma, se nell’intenzione del poeta (lo scrive nell’epigrafe
della terza sezione), quest’ultima tinta è la metafora d’un ciclo d’abulia che
ne appanna temporaneamente la volontà, ed è una variante (non propriamente
antitesi, anche se tale potrebbe essere pensata) dei due precedenti colori,
costituendo un ulteriore, progressivo avanzamento rispetto ai due precedenti
risvolti cromatici, di fatto cede il passo all’ultimo colore, nero, che
assurge ad ossimoro per eccellenza. Palesemente, rispetto al precedente
bianco; e, per evidente contrasto d’emozioni e di sentimenti, rispetto ai
primi due più tenui, ma alquanto ambigui, colori. Anche qui, nella negra parte
finale, ripescando la tetraggine della morte («Il rimbombo del buio | nella
volta celeste | è il canto dei morti»), già apparsa in argento (tanto da
far da continuo strascico ad un motivo ossimorico ben preciso), oltre alla
contrapposizione s’intravede il perfezionamento dei precedenti passaggi
malinconia-quiete-abulia nell’implicito eterno riposo intriso d’escatologica
speranza, da un lato, e di compiutezza esistenziale dall’altro.
Questa
raccolta di poesie, al di là della sua originale collocazione stilistica e
concettuale, desta interesse per una coordinata, inusuale, collaborazione
editoriale. L’impostazione che l’Editore ha voluto – non so se per esclusiva o
condivisa (con l’autore) volontà – dei musivi frammenti della silloge fa sì che
la visibilità strutturale della parola sposti il baricentro da un’ipotetica
forma della strofa (ipotetica, in quanto l’autore, a parte qualche rima,
sembrerebbe mosso dalla libertà, od almeno da una certa libertà) alla forma
della pagina. In effetti, qualora nella pagina siano poste più composizioni
poetiche, ognuna è predisposta, con rigorosa alternanza, con la centratura ora
alla sinistra ora alla destra della medesima pagina. Il risultato è un
plusvalore della resa estetica. E lo vedrei marginalmente catalogabile come
interpretazione di un’evoluzione (in un senso ovviamente assai lato) della
poesia visiva.
Alla luce del nuovo attentato islamico integralista di Parigi, paragonabile all'11 settembre per l'Europa, tempo di considerazioni radicali sulla, parafrasando, anche paradossalmente Marx e Engels, (ma altri tempi!) Questione Islamica. Soprattutto oggi che -ancora una volta- l'Occidente e l'Europa sembrano esorcizzare l'essenza del cosiddetto scontro di civiltà, parole a vuoto inquietanti, tranne in Italia la Lega, Flli d'Italia e in Francia Marina Le Pen. Come se nelle guerre in corso vincesse la diplomazia e non chi è più forte sul piano militare e tecnologico. mentre invece prevale la cosiddetta sindrome di Stoccolma. Con queste premesse... . (Bertrand Russell, 1912) "Il bolscevismo unisce le caratteristiche della Rivoluzione Francese a quelle della nascita dell'Islam. Marx ha insegnato che il comunismo è fatalmente destinato ad accadere; ciò causa uno stato d'animo non dissimile da quello dei primi successori di Maometto (cioè i cosiddetti "Califfi virtuosi") (op. cit. p. 29); Tra le religioni, il bolscevismo, deve essere considerato insieme al maomettanesimo, piuttosto che insieme al Cristianesimo e al Buddismo. Le ultime due sono principalmente religioni personali, caratterizzate da dottrine mistiche e amore per la contemplazione. Il maomettanesimo ed il bolscevismo sono pratici, sociali, non spirituali, impegnati a conquistare l'impero del mondo (op. cit. p. 114)". ("Theory and Practice of Bolshevism", Bertrand Russel, London 1921) (Umberto Eco, 8 gennaio 2015, Corriere della Sera) "Siamo in guerra, fino al collo. L'ISIS è il nuovo nazismo...Lo Stato islamico vuole impadronirsi del mondo. È come quando da piccolo vivevo sotto i bombardamenti" Usando, categorie discutibili ma efficaci all'italiana, certa filosofia cattocomunista buonista cosmica…. sembra caratterizzare i fronti islamici attualmente aperti in tutto il mondo... Lasciando perdere, certa cecità stessa del cosiddetto turbo capitalismo e dei Governi occidentali, incapaci di conciliare guerre umanitarie di liberazione globale con necessari e paralleli Piani Marshall, va da sé – come accennato- lo spreco a tutt'oggi di risorse umane, militari e civili, e tecnologiche in conflitti fondamentali per il futuro della libertà e della democrazia a livello planetario. Il rischio non tanto di perdere le guerre, ma di risolvere poco e di favorire per l'Occidente una involuzione multietnica e filomusulmana regressive, in quanto portatrice tale contaminazione di valori regressivi, ostili ai valori universali dell'uomo che soltanto – rimuovendo- le sacche troppo vaste purtroppo neoprimitive del pianeta- possono innestare punti di non ritorno biofili non soltanto nelle società teocratiche ed autoritarie arabe – tout court- ma per il Terzo o Quarto Mondo tutto complessivi. Certo neooscurantismo dominante, certa mistificazione stessa dell'Onu, dell'Unione Europea, dei movimenti pacifisti e-o umanitari cosiddetti, un Occidente, nonostante, la Tecnoscienza a livello di hardware sociale dominante (ma il software è ancora ai livelli dei pallottolieri quasi….), la debolezza dell'America stesssa, per non parlare dell'Europa, delineano scenari globali privi di quel Senso del Futuro necessario per una svolta epocale, sempre annunciata, con il fatidico duemila, eppure soltanto virtuale. La questione per Medio Oriente e Terrorismo islamico è naturalmente delicata, tuttavia – oltre appunto a scenari "umanitari" nuovi e più efficaci possibili (vale a dire Superpiani Marshall ben più potenti delle strategie attualmente in atto) e ad azioni diplomatiche più evolute di quelle attuali è tempo – forse- di ricordare la storia della guerra fredda con l'ex Unione Sovietica e di come l'Occidente l'ha vinta. Tale remember suggerisce considerazioni che soltanto con fenomeni di rimozione psicosociali profondi, appena accennati nelle righe precedenti, è possibile spiegare, non senza – dal punto di vista almeno scientifico culturale- altrettanto profonde inquietudini. Per tutto il secondo novecento, all'indomani della sconfitta hitleriana, l'Occidente optando per la deterrenza nucleare contro l'Unione Sovietica- ha corso il rischio reale – non di gravissimi ma episodici e circoscritti attentati – come quelli ben noti del terrorismo islamico- a partire dalla strage israeliana alle Olimpiadi di Monaco, con il Black Hole poi di Ground Zero nel 2001- ma di un olocausto nucleare, se fosse successo destinato non solo alla fine della civiltà ma persino della specie umana su tutto il Pianeta. La tanto discussa strategia della deterrenza nucleare e della politica atomica, sorta di motore perverso anche ma efficace per l'evoluzione tecnologica, ha alla fine sconfitto l'ex Impero Sovietico: pur con il rischio apocalittico molto concreto di cui prima. Ebbene, oggi, l'Occidente non risolve la questione postmoderna dei Saraceni e del terrorismo islamico o dell'autoritarismo del mondo arabo, in quanto ha rinunciato, pur in un quadro di rischi incredibilmente inferiore e di disparità di potenza e superiorità strettamente militare, indiscutibile, a tale opzione e a tale superiorità! Il rilancio della deterrenza nucleare, con una nuova filosofia occidentale militare per le aree belliche attuali del terrorismo islamico, prima o poi, se non si vuol rinviare il futuro di un altro secolo, soprattutto se si vogliono limitare le continue perdite di vite umane (e – nonostante le ipocrisie dei pacifisti cosiddetti- il maggior numero è dovuto ai frequenti attentati di Al Queda e dei Talebani e dell'ISIS ...dei terroristi islamici). in Occidente, s'imporrà come nuovo Sbarco di Normandia decisivo. Tale ritorno allo spirito vincente americano e occidentale della cosiddetta Guerra Fredda sarà più trasparente quando si comprenderà che il terrorismo islamico è il grande effetto- resistenza di quello choc del futuro pronosticato da futurologi come Alvin Toffler (ma molti altri) alla luce della nuova rivoluzione scientifica e cibernetica (Internet docet….). I Kamikaze stessi islamici (bambini e donne coartate inclusi- ne sono la prova: evento sconosciuto nella storia anche delle guerre umane, ben diversi dal contesto contingente militare e raramente civile dei kamikaze storici nipponici). Nessuna guerra del Bene contro il Male: ma il terrorismo islamico è un fenomeno di necrofilia psicologica (per dirla con certa psicologia- ad esempio Erich Fromm). In principio è l'Informazione, la Società dell'Informazione, prima ancora che la Divina Economia o l'Orrido Capitale, analisi ancora del…secolo scorso riduttive e fuorvianti. L'Occidente si svegli prima delle bombe nucleari (queste sì-altro che deterrenza) di certi nuovi Hitler islamici…. Come già ben comprese persino il vero pacifista Albert Einstein con il Progetto Manhattan!
Il 7 gennaio del 1978 la strage di Acca Larentia con la morte di tre ragazzi definiti "topi neri".
Chi non ha il coraggio di ricordare quelle morti e quella tragedia non ha la dignità di ricordare a due mesi di distanza la strage di Via Fani…
Chi ha vissuto deve avere il coraggio di testimoniarsi!
Sono passati anni lunghi o anni perduti o anni sconfitti. Acca Larentia. Tre giovani falcidiati solo perché non erano di sinistra. Anzi erano dei "topi neri". Non bisogna dimenticare perché dimenticare è non ricordare. In quel 7 gennaio del 1978.
Io ero in quella Roma di fuoco dove "falce martello e stella" conosceva bene le skorpion. E con una di quelle skorpion viene ucciso una di quei ragazzetti che avevano, allora, forse la mia età, uno, e altri due meno, molto meno, della mia età di quel tempo.
Allora c'erano i compagni che sbagliavano. Chi ha vissuto quegli anni sa e non solo ricorda. Venivano considerati sempre dei compagni, o Bella ciao, anche dei compagni che sbagliavano. Sino al 16 marzo dello stesso anno quando la strage colpì terribilmente il mondo cattocomunista.
Da Acca Larentia a Via Fani (ovvero alla uccisione dei cinque "ragazzi" della scorta di Moro e al rapimento dello statista (democriastiano), e a Via Caetani cosa è accaduto?
I topi neri trucidati. Unaforma stragista (io non ho mai accettato l'attribuzione del concetto di strage ad uno schieramento soltanto) e nuclearista combattente che scimmiottavano il checheravismo mai spiegato completamenmte e mai definito in quella lettura di una Cuba libera…
Cuba libera? Piuttosto the lost city come ebbe a dire l'attore Andy Garcia nel suo straordinario e famoso film.
Ma gli anni sono lunghi e restano indimenticabili tra le strade di una follia culminata in un terrorismo che aveva un senso. (?) Non si può affermare che non ci fosse un senso in quegli anni. Eppure è stato tutto vero. Il terrorismo rosso era praticato dai compagni che sbagliavano, mentre i topi neri erano il fascismo o il neofascismo che usciva dalle fogne.
Quel Fronte della Gioventù non aveva armi ma parole manifesti linguaggi. Eppure i compagni che sbagliavano stavano in trincea e l'uccisione di Moro non toccò l'epilogo. Scrisse l'ipocrisia e la doppiezza di un Regime che viveva un tragico modello parallelo.
Perché vennero uccisi i giovani del Fronte della Gioventù di Acca Larentia?
Chi mai ci rivelerà questo mistero? Perché erano topi neri che uscivano dalla fogna?
Quanti anni di doppiezza ideologica sino a toccare il paradosso nel versante opposto quando si volle far passare le lettere scritte da Moro, nei cinquantacinque giorni del rapimento, come pagine scritte da un pazzo mentre si credeva alle sedute spiritiche che indicavano la via dove Moro era tenuto prigioniero.
Io non smetto di pensare a quegli anni, anche dopo i miei romanzi scritti su quegli anni. Ma quanti del mondo comunista e del mondo cattolico (in riferimento a Moro) hanno rimosso quel 1978?
Si inizia quell'anno uccidendo tre ragazzi che fortemente si erano dichiarati anticomunisti e va avanti siano alla strage di via Fani colpendo un cattolico che era stato amico di Paolo VI, ma che rinnega tutti e tutto quel mondo al quale faceva riferimento.
Si tocca il ridicolo e il macabro nel momento in cui si celebrano le esequie di Moro senza il cadavere di Moro, ovvero senza feretro, e in grande parata cattocomunista con messa celebrata addirittura dal Papa. Da qui comincia il mio allontanamento dai cattolici e dal mondo cattolico.
Una scena a rivederla ancora oggi, quella della messa senza feretro e non voluta e non accettata dalla famiglia Moro che si celebra il vero funerale, ridicola e che sa di macabro.
Certo, ricordo quel tempo. Lo ricordo perché l'ho vissuto e chi ha vissuto deve testimoniarsi. Deve avere il coraggio di essere presente a quella storia che non è storia bella ciao.
Chi ha pagato in giustizia per quei tre ragazzi uccisi, e uno di questi addirittura da un poliziotto. Ma sì, i pasoliniani erano dei profeti alla rovescia quando recitavano quei versi conformisti e scoordnati in un tempo delle agonia che chiamavano figli di papà i sessantottini nella piazza affollata di inutilità dolorante a Valle Giulia.
Allora tutti gli specchi erano stati rotti. Anche dallo stesso Pasolini, che non smetterò di non stimare, nei suoi articoli considerati profetici che risalgono al 1974 e 1975.
Ma si sa la storia siamo noi Bella ciao, e nell'anno in cui si "celebra" la Resistenza finita, (70 anni) che non finirà nel 1945 perché dentro questo concetto vanno inserite anche gli anni delle Foibe e degli infoibati e si dimenticherà certamente la macelleria messicana di Piazzale Loreto con Claretta e Mussolini a testa in giù appesi dai piedi (70 anni fa), come poter ricordare la strage di Acca Larentia?
Quella storia bella ciao non mi appartiene e non siamo noi non sono io non ci saremo con onore e dignità in quella storia e non vogliamo esserci. Non si potrà mai parlare di una storia condivisa. Non esiste. Ognuno di noi ha la propria storia. Ma ci vuole coerenza e dignità.
Quei ragazzi uccisi il 7 gennaio del 1978 non vanno dimenticati. Perché nelle scuole italiane non si racconta che quel 7 gennaio del 1978 vennero trucidati tre ragazzi che gridavano con dignità di nonessere comunisti e sono stati indegnamente definiti"topi neri"? Chi non ha il coraggio di ricordare la strage di Acca Larentia non ha la dignità di ricordare la strage di Via Fani a distanza di due mesi soltanto. Chi ha vissuto deve avere il coraggio di testimoniarsi!
Il 7 gennaio del 1978 la strage di Acca Larentia con la morte di tre ragazzi definiti "topi neri".
Chi non ha il coraggio di ricordare quelle morti e quella tragedia non ha la dignità di ricordare a due mesi di distanza la strage di Via Fani…
Chi ha vissuto deve avere il coraggio di testimoniarsi!
Sono passati anni lunghi o anni perduti o anni sconfitti. Acca Larentia. Tre giovani falcidiati solo perché non erano di sinistra. Anzi erano dei "topi neri". Non bisogna dimenticare perché dimenticare è non ricordare. In quel 7 gennaio del 1978.
Io ero in quella Roma di fuoco dove "falce martello e stella" conosceva bene le skorpion. E con una di quelle skorpion viene ucciso una di quei ragazzetti che avevano, allora, forse la mia età, uno, e altri due meno, molto meno, della mia età di quel tempo.
Allora c'erano i compagni che sbagliavano. Chi ha vissuto quegli anni sa e non solo ricorda. Venivano considerati sempre dei compagni, o Bella ciao, anche dei compagni che sbagliavano. Sino al 16 marzo dello stesso anno quando la strage colpì terribilmente il mondo cattocomunista.
Da Acca Larentia a Via Fani (ovvero alla uccisione dei cinque "ragazzi" della scorta di Moro e al rapimento dello statista (democriastiano), e a Via Caetani cosa è accaduto?
I topi neri trucidati. Unaforma stragista (io non ho mai accettato l'attribuzione del concetto di strage ad uno schieramento soltanto) e nuclearista combattente che scimmiottavano il checheravismo mai spiegato completamenmte e mai definito in quella lettura di una Cuba libera…
Cuba libera? Piuttosto the lost city come ebbe a dire l'attore Andy Garcia nel suo straordinario e famoso film.
Ma gli anni sono lunghi e restano indimenticabili tra le strade di una follia culminata in un terrorismo che aveva un senso. (?) Non si può affermare che non ci fosse un senso in quegli anni. Eppure è stato tutto vero. Il terrorismo rosso era praticato dai compagni che sbagliavano, mentre i topi neri erano il fascismo o il neofascismo che usciva dalle fogne.
Quel Fronte della Gioventù non aveva armi ma parole manifesti linguaggi. Eppure i compagni che sbagliavano stavano in trincea e l'uccisione di Moro non toccò l'epilogo. Scrisse l'ipocrisia e la doppiezza di un Regime che viveva un tragico modello parallelo.
Perché vennero uccisi i giovani del Fronte della Gioventù di Acca Larentia?
Chi mai ci rivelerà questo mistero? Perché erano topi neri che uscivano dalla fogna?
Quanti anni di doppiezza ideologica sino a toccare il paradosso nel versante opposto quando si volle far passare le lettere scritte da Moro, nei cinquantacinque giorni del rapimento, come pagine scritte da un pazzo mentre si credeva alle sedute spiritiche che indicavano la via dove Moro era tenuto prigioniero.
Io non smetto di pensare a quegli anni, anche dopo i miei romanzi scritti su quegli anni. Ma quanti del mondo comunista e del mondo cattolico (in riferimento a Moro) hanno rimosso quel 1978?
Si inizia quell'anno uccidendo tre ragazzi che fortemente si erano dichiarati anticomunisti e va avanti siano alla strage di via Fani colpendo un cattolico che era stato amico di Paolo VI, ma che rinnega tutti e tutto quel mondo al quale faceva riferimento.
Si tocca il ridicolo e il macabro nel momento in cui si celebrano le esequie di Moro senza il cadavere di Moro, ovvero senza feretro, e in grande parata cattocomunista con messa celebrata addirittura dal Papa. Da qui comincia il mio allontanamento dai cattolici e dal mondo cattolico.
Una scena a rivederla ancora oggi, quella della messa senza feretro e non voluta e non accettata dalla famiglia Moro che si celebra il vero funerale, ridicola e che sa di macabro.
Certo, ricordo quel tempo. Lo ricordo perché l'ho vissuto e chi ha vissuto deve testimoniarsi. Deve avere il coraggio di essere presente a quella storia che non è storia bella ciao.
Chi ha pagato in giustizia per quei tre ragazzi uccisi, e uno di questi addirittura da un poliziotto. Ma sì, i pasoliniani erano dei profeti alla rovescia quando recitavano quei versi conformisti e scoordnati in un tempo delle agonia che chiamavano figli di papà i sessantottini nella piazza affollata di inutilità dolorante a Valle Giulia.
Allora tutti gli specchi erano stati rotti. Anche dallo stesso Pasolini, che non smetterò di non stimare, nei suoi articoli considerati profetici che risalgono al 1974 e 1975.
Ma si sa la storia siamo noi Bella ciao, e nell'anno in cui si "celebra" la Resistenza finita, (70 anni) che non finirà nel 1945 perché dentro questo concetto vanno inserite anche gli anni delle Foibe e degli infoibati e si dimenticherà certamente la macelleria messicana di Piazzale Loreto con Claretta e Mussolini a testa in giù appesi dai piedi (70 anni fa), come poter ricordare la strage di Acca Larentia?
Quella storia bella ciao non mi appartiene e non siamo noi non sono io non ci saremo con onore e dignità in quella storia e non vogliamo esserci. Non si potrà mai parlare di una storia condivisa. Non esiste. Ognuno di noi ha la propria storia. Ma ci vuole coerenza e dignità.
Quei ragazzi uccisi il 7 gennaio del 1978 non vanno dimenticati. Perché nelle scuole italiane non si racconta che quel 7 gennaio del 1978 vennero trucidati tre ragazzi che gridavano con dignità di nonessere comunisti e sono stati indegnamente definiti"topi neri"? Chi non ha il coraggio di ricordare la strage di Acca Larentia non ha la dignità di ricordare la strage di Via Fani a distanza di due mesi soltanto. Chi ha vissuto deve avere il coraggio di testimoniarsi!