ARABESCHI

 di Casalino Pierluigi, 2.02.2015

> Sul non ancora compiuto ingesso dell'Islam nella modernità e nel
> razionalismo operativo, secondo un processo avviato da Ibn Rushd
> (l'Averroè latino) si è discusso e si discute a lungo anche alla luce
> di una perdurante manifesta divaricazione tra l'Islam intellettuale e
> quello tradizionale. Uno, invece, degli auspici più ricorrenti e non
> solo nel mondo arabo, è quello che si riaffermi l'autonomia e la
> specificità dell'Arabismo rispetto al generale contesto islamico.al
> fine di non esserne coinvolto in un generale appiattimento ideologico.
> Tale tentativo, iniziato nel XIX secolo proprio durante il dominio
> coloniale europeo, si andò progressivamente affievolendo al sorgere
> del contrasto modernità-tradizione. Le idee liberali di origine
> occidentale, peraltro, e la scoperta dell'identità araba nel quadro
> del movimento del riscatto nazionale dei popoli dell'Africa e
> dell'Asia, suscitarono nelle genti di lingua araba, in particolare
> contro l'imperialismo turco, favorita dagli eventi maturati intorno
> alla prima guerra mondiale, e dal delinearsi dei nuovi equilibri
> internazionali, si intensificò nel secondo dopo guerra. L'avvio della
> fase post-coloniale e l'ascesa delle due superpotenze vincitrici, gli
> USA e L'URSS, incoraggiò lo spirito nazionalistico arabo e la spinta
> al rinnovamento di quelle società. L'appesantimento del clima politico
> generale, conseguenza della guerra fredda, l'esplodere del conflitto
> palestinese e la reazione neo-islamica alle riforme civili e sociali
> promosse dalle élites laiche nazionalistiche, provocarono tuttavia una
> battuta d'arresto e un conseguente arretramento del processo
> rinnovatore. La crisi e l'eclissi dell'ordine dell'ordine di Yalta e
> la generale incertezza della situazione geopolitica, con sempre più
> evidenti segni di disagio e di contestazione nei confronti del disegno
> della globalizzazione, hanno finito per riacutizzare i rapporti tra le
> diverse culture e ad aprire inquietanti orizzonti per la sicurezza e
> la libertà dell'umanità. Gli effetti dell'approfondirsi del divario
> Nord-Sud del mondo e il permanere di endemici ed irrisolti problemi di
> giustizia hanno avuto sui popoli arabi una ricaduta negativa non
> paragonabile a quella di altre aree della Terra. Il senso di
> frustrazione e di risentimento verso l'Occidente, il deficit
> democratico e il riemergere incontrollato dei fantasmi
> dell'intolleranza e del fanatismo hanno condizionato in termini
> drammatici l'opinione pubblica araba. Ciò nondimeno intellettuali e
> personalità arabe si interrogano sulla capacità di quei popoli di
> uscire dallo stato profondo di malessere in cui versano da tempo. La
> crisi della cultura araba non può certo essere affrontata con il
> ricorso ad un islamismo militante e regressivo o con un sensibile
> ripiegamento nazionalistico, né con una meccanica trasposizione di
> regole e di forme di governo secolare nel tradizionale ambiente
> permeato di pregiudizi anti-moderni, viste spesso come un'imposizione
> esterna. L'attuale aspro confronto inter-islamico tra la concezione
> messianico-imperiale dello shiismo iranico e la differenziata e
> inquieta comunità sunnita araba spinge a spezzare il pesante
> condizionamento confessionale sul destino degli arabi, risolvendolo in
> una guerra ben più spietata. Ibn Khaldun, il più grande grande
> sociologo di tutti i tempi, scriveva nelle su Muqaddimmat
> (Introduzioni) già nel XV secolo di fronte al declino dell'Arabismo
> classico, quanto influisse sul crollo del califfato e sulla fine
> dell'indipendenza araba, con il prevalere di dinastie musulmane non
> arabe , il venir meno della credibilità delle istituzioni a causa
> della corruzione e dell'incapacità di affrontare un serio progetto di
> cambiamento. In "Maometto e le conquiste arabe", il grande arabista
> italiano scomparso Francesco Gabrieli, già sessant'anni fa, in
> proposito commentava con parole profetiche il mancato rinascimento
> arabo:" E' il torbido presente dei popoli arabi:", che della
> conquistata indipendenza non sembrano fare buon uso, logorati come
> sono da piaghe economiche, da un complesso di frustrazione e di
> xenofobia e da sterili rancori nazionalistici (oggi, diremmo,non di
> rado sfociati nel fanatismo religioso). Una volta constatati
> irrealizzabili i sogni di rinnovata potenza dovrebbero agire su di
> essi con l'ispirazione a risalire in modo degno questa china
> pericolosa". E aggiungiamo noi liberandosi dai demoni che ne
> continuano a sottomettere la libertà di pensiero e l'aspirazione al
> progresso civile.