Casalino: GABRIELE D'ANNUNZIO E L'AVVENTURA I FIUME. LA CARTA DEL CARNARO.

 


La Carta del Carnaro costituisce ancora oggi, a distanza di quasi un secolo da quegli eventi che ne videro la proclamazione, un momento di straordinaria suggestione e passione civile. Il testo di quella costituzione rappresenta, infatti, una delle esperienze più importanti del fermento e del travaglio morale, politico, ideologico e giuridico degli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale. Si tratta di uno dei tentativi più significativi promossi in quel periodo storico per delineare un assetto costituzionale politicamente e socialmente avanzato, in grado di rinnovare e, sotto certi aspetti, di rompere con la tradizione liberal-democratica, senza dover accettare l'alternativa proposta dalla Russia sovietica nascente. Lo spirito dell'avventura fiumana interpreta non solo istanze legate alle convulse giornate del nostro processo di unità nazionale, ma recepisce anche le ansie (e le amplifica) di liberazione e di indipendenza di molti popoli nuovi affacciatisi sul quadrante della storia, al termine dell'immane conflitto del 1914-1918. L'eco dell'esperienza fiumana giunge anche al Congresso di Sanremo (19209, contro il quale si scaglia Gabriele D'Annunzio con le sue invettive al  vetriolo, definendo i delegati di quel consesso internazionale "biscazzieri". E proprio il comandante Gabriele D'Annunzio e il suo capo di gabinetto Alceste De Ambris sono gli ispiratori della costituzione fiumana. Non è un caso che tale documento costituisca non soltanto una traccia di architettura costituzionale, ma anche un passo di grande valore letterario e lessicale. L'inventiva del Vate aggiunta all'elaborazione giuridica di De Ambris segnano un'epoca, coniugando la vocazione del costituente con la "prosa d'arte" del genio della cultura. De Ambris, esponente sindacalista-rivoluzionario, che muore poi in Francia, dove si rifugia all'indomani della "marcia su Roma" per il suo deciso antifascismo, e Gabriele D'Annunzio sono i due artefici della Carta nel più vasto contesto del "fiumanesimo" e al tempo stesso ne mettono in luce il nesso che la lega ad altre analoghe esperienze contemporanee. Promulgata l'8 settembre 1920 dallo stesso Vate per il libero Stato di Fiume, la Carta, aldilà del suo indiscutibile valore letterario, frutto dell'intuizione e del genio d'annunziano, maturato nell'esaltante macrocosmo legionario di esaltata contestazione dello status quo internazionale, il documento appare come la risultante di un clima segnato dagli slanci avveniristici scaturiti, in larga misura, dalla grande stagione intellettuale futurista e interpretati in modo originale da un manipolo di coraggiosi. L'inedito testo costituzionale è la proiezione di quelle idee volte a ricostruire gli equilibri mondiali e a dare voce agli oppressi. Inutile discutere quanta parte di paternità abbia De Ambris  e D'Annunzio nella stesura della Carta. Altre sono le ragioni di questo atto, la cui eredità non va dispersa in sterili dibattiti ermeneutici. "E' qui oggi la più risonante aria del mondo" scrive il D'Annunzio fiumano nel giugno 1920 a Toscanini. Si apre davanti a noi, dunque, una pagina di rivoluzione e di utopia che merita rileggere.
Casalino Pierluigi, 30.03.2013, Beirut