venerdì 23 ottobre 2015

RASSEGNA INTERNAZIONALE D'ARTE A BRATISLAVA (SK)

 
RASSEGNA INTERNAZIONALE D'ARTE A BRATISLAVA (SK)
SCADENZA ISCRIZIONI e CONSEGNA OPERE tassativamente entro il 22 novembre 2015;

Le iscrizioni saranno accolte fino alla capienza dei posti disponibili

 
con vera soddisfazione comunichiamo che è giunta l'assegnazione dell'esposizione dal 05 al 31 dicembre 2015, nella prestigiosa Galleria della Radio Nazionale Slovacca "Galéria Slovenského Rozhlasu", al centro di Bratislava e vic ino al Palazzo Presidenziale, precisando che questa è l'ultima rassegna che svolgeremo in quelle prestigiose sale in quando le stesse verranno utilizzate dal 2016 per l'esposizione del Museo nazionale della Radio Slovacca;
 
E COMUNICHIAMO ALCUNI LINK delle precedenti manifestazioni:
 
MANIFESTAZIONE: Rassegna Internazionale d'Arte a Bratislava
LUOGO: nella  prestigiosa Galleria della Radio Nazionale Slovacca a Bratislava,"Galéria Slovenského Rozhlasu";
PERIODO: dal 05 al 31 dicembre 2015, con cerimonia di presentazione sabato 12 dicembre 2015 alle ore 16.00;
 
Chi desidera partecipare è pregato  di darcene urgente comunicazione, proponendo la visione delle opere per av ere un parere dalla Rappresentante ESTERO, CHIEDENDO LE MODALITA' OPERATIVE ED I RELATIVI ONERI, grato di una risposta anche se negativa, poichè le adesioni saranno accolte fino alla capienza dei posti disponibili.
 
Sempre a disposizione cordialmente salutiamo M° Fernando Calvà
 
 
 

Elogio della memoria

Erasmo da Rotterdam esaltava ne "Elogio della pazzia" la follia come
elemento propulsore della conoscenza e del genio. Anche Montaigne
sosteneva che "E' meglio nostra follia di nostra saggezza",
significando quanto fosse superiore la capacità di grandezza della
nostra pazzia rispetto alla piatta ricerca di scienza secondo un
metodo grigio e improduttivo. E sempre Montaigne ci dice che "la
memoria è l'astuccio della scienza", e in effetti una memoria
brillante e selettiva appare ben più utile, oggi come oggi, di quella
informatica che oltre a sfornarci migliaia di dati materiali
senz'anima, ci rende disponibile una conoscenza, pur sempre a rischio
di cancellazione, e ad un tempo inclassificabile e in pratica
utilizzabile. Ecco perché ai giorni nostri sia Erasmo e sia Montaigne
scriverebbero "Elogio della memoria", quella memoria che sola può
esprimere il senso autentico dell'intelligenza e della capacità di
ricordare, una capacità che l'indigestione informatica ha soffocato.
Casalino Pierluigi, 23.10.2015

giovedì 22 ottobre 2015

La cultura araba e gli inizi della poesia italiana

Le influenze della poesia araba, ma anche delle altre espressioni
della cultura dell'Islam, sulla letteratura italiana delle origini (ma
non solo) sono profonde e ancora oggetto di studio per le implicazioni
tematiche, stilistiche e spirituali che tale argomento presenta nel
rapporto più vasto tra l'Arabismo classico e l'Europa latina. Ne
deriva, in particolare, in tale contesto, un approccio nuovo e
straordinariamente fecondo alle esperienze dei due più grandi e
solitari poeti del Duecento italiano, Cavalcanti e Dante (di cui si
celebra il 750 anniversario della nascita). A tale proposito si è
aperto un capitolo interessantissimo che ha come fine la ricerca sul
Cavalcanti di "Donna me prega" e sul Dante del "Convivio", opere,
entrambe, ma non solo queste, dove si colgono, in larga misura, echi
di suggestioni mistiche e filosofiche di origine araba (Ibn Arabi, Ibn
Sina, cioè l'Avicenna dei latini, ma anche di Ibn Rushd, l'Averroè dei
latini, se pur quest'ultimo è più presente in altri testi danteschi
sia per l'influsso filosofico che critico). La ricerca, come di è
detto, proietta sul palcoscenico della grande cultura latina del XIII
secolo questi due autori, il cui contributo è percorso da illustri
testi greci e arabi, appunto, oltre che da mirabili commenti che
rimisero in discussione le basi della passata cultura. Da questa
affascinante civiltà emergono e si manifestano a noi, come segnali
luminosi, problematiche inedite e suggestive sull'essenza d'amore,
della nobiltà, della felicità: in altri termini un'esigenza urgente e
ineliminabile di comprendere le idee ed il senso dei concetti
fondamentali dell'essere e del mondo. Cavalcanti e Dante vissero con
genio creativo questa avventura filosofica, sperimentarono, l'uno in
chiave eterodossa e l'altro in chiave ortodossa, una "felicità
mentale" (le rimando al riguardo al mio precedente intervento su "La
felicità mentale ovvero la non sottomissione della mente" su Asino
Rosso My Blog) che così profonde tracce lasciò nei loro scritti. Si
incontrano in questo itinerario tutto da scoprire ipotesi impreviste,
anzi a sorpresa, che offrono lo spunto per approfondire, e
l'applicazione al secolo XIII, di nozioni teoriche come quella dei
campi semantici mobili che illuminano sul modo di parlare di una
cultura. Ed è proprio sotto questo aspetto che maggiori si colgono i
contributi della cultura araba.
Casalino Pierluigi, 22.10.2015

mercoledì 21 ottobre 2015

1919 ovvero il problema tedesco dopo la prima guerra mondiale.

Nel 1919 il problema tedesco non era affatto ignorato o sottovalutato.
Qualcuno, è vero, ne negava l'esistenza, ma si trattava di un'esigua
minoranza in ogni paese: erano coloro che si erano già opposti alla
guerra perché inutile e avevano considerato immaginario il problema
tedesco. Ma anche tra coloro che erano stati convinti sostenitori del
conflitto e combattuto con vigore vi era gente incline a credere che
la Germania fosse indebolita per molto tempo. Del resto la Germania
era indebolita davvero, minacciata dalla rivoluzione, sconvolta dal
malcontento sociale e, in genere, salvo i rivoluzionari, tutti
ritenevano che esperienze del simili distruggessero la forza di un
paese. Inoltre, chi era cresciuto nello stabile mondo economico
dell'ultimo Ottocento supponeva che un paese non potesse prosperare
senza un bilancio in pareggio e senza la parità area. Su questo
terreno la Germania aveva molta strada da percorrere; e sembrava più
importante, per il bene di tutti, sollevarla anziché affondarla.
Nessuno, neanche i più allarmisti tra i francesi, sosteneva di essere
minacciato da una nuova invasione tedesca. Il pericolo stava in un
ipotetico futuro, e chi poteva dire che cosa riservasse il futuro?
Ogni grande guerra era stata seguita dalla voce che si trattava di una
tregua soltanto e che la potenza sconfitta sarebbe tornata a colpire,
anche se di rado poi si colpiva davvero o con scarsa efficacia. La
Francia aveva atteso quarant'anni prima di agire contro la
sistemazione del 1815 e con risultati per nulla temibili. Chi
ragionava in questo modo si sbagliava, ma aveva la storia dalla sua
parte. La ripresa della Germania, se pur ritardata, non ebbe
precedenti per rapidità e vigore (come sarà anche dopo la seconda
guerra mondiale). C'era in realtà un altro modo per ignorare il
problema tedesco o negarlo: l'idea che la Germania dovesse essere
riammessa tra le grandi potenze, in quanto, resa edotta degli errori,
incapace o non desiderosa di risolvere i problemi con una nuova
guerra. L'importante dunque nel 1919 non era impedire la ripresa
tedesca, ma garantirne una forma pacifica. Bisognava cautelarsi contro
le rivendicazioni tedesche, ma non contro le aggressioni. Nel 1919
questo punto di vista, tuttavia, era ancora nascosto, dal momento che
prevaleva il concetto di assicurarsi contro la Germania. Molte erano
comunque le domande che si ponevano sulla Germania e non era facile
rispondere; e la mancanza di risposte portò alla seconda guerra
mondiale.
Casalino Pierluigi, 21.102015

martedì 20 ottobre 2015

INTELLIGENZA ARTIFICIALE OVVERO CIO' I ROBOT NON HANNO (ANCORA)

Le macchine intelligenti sono le eredi delle macchine che
affascinarono le coscienze futuriste, accendendo la fantasia di
artisti che coniugarono velocità e poesia, tecnica e invenzione
creativa. Ciò nondimeno le macchine intelligenti sono dotate di
straordinarie funzioni cognitive, se pur limitate nella loro capacità
concettuale:elemento questo che da un lato non consente loro (e la
circostanza non sarebbe così disprezzabile per le pericolose
implicazioni che comporterebbe una tale qualità) di imitare l'uomo,
dall'altro non ne permette un miglior servizio a vantaggio della
scienza e del suo uso pratico. In altri termini, come è stato scritto
autorevolmente, le macchine sono prive per loro costituzione, per ora
irriformabile, di quello che normalmente si chiama senso comune o di
quella complessità logica, per quanto relativamente sofisticata, che
ne autorizzerebbe uno sviluppo in grado di realizzare comportamenti e
cambiamenti impensabili allo stato, ma che, se opportunamente guidati,
non porrebbero ostacoli al loro percorso tecnologico, senza possibili
e incontrollate derive suscettibili di alterare il rapporto naturale
tra l'uomo e il mondo, rapporto fondato sull'insuperabile forza della
libertà. Non mostri, dunque, le macchine, ma strumenti razionali e non
di prevaricazione, si rivelerebbero un aiuto concreto e adeguato alla
civiltà e al progresso.
Casalino Pierluigi, 20.10.2015