domenica 3 aprile 2016

La scienza pop di Paperino

fonte MeteoWeb

di Roby Guerra


Fumetto e scienza è binomio, attraverso la fantascienza, costante fin dalle origini nel novecento: da Flash Gordon a Superman o Nembo Kid o i Fantastici 4 della Marvel, tra tante declinazioni. Anche Walt Disney spesso nelle varie collane ha presentato certo immaginario scientifico, ambientando le imprese di Topolino o Paperino nel futuro o nello spazio profondo: ricordiamo anche le icone specifiche di Archimede Pitagorico e Eta Beta. E ora la Disney in Italia ha inaugurato Scienza Papera, bellissimo ulteriore binomio in questo caso linguistico, una serie di eleganti volumi riassuntivi sul mondo dei paperi e anche di Topolino e amici nel mondo nuovo della scienza e del futuro. Ecco quindi un delizioso florilegio con soprattutto Paperino (ma non solo) protagonista dell'era spaziale: in particolare con "Paperino e la penuria ferrosa": il nostro eroe spedito nel cosmo dallo Zio Paperone a recuperare le tonnellate di materiale ferroso in orbita attorno alla Terra, la cosiddetta spazzatura astronuatica.

Proprio con un razzo-nave ad hoc progettato da Archimede Pitagorico. Sennonché, a lavoro concluso, Paperino e la strana astronave sono colpiti da una tempesta spaziale e vengono risucchiati verso un lontano Pianeta dominato dai cosiddetti Metallici. Paperino sbarca, bene o male, entra in contatto con una "tribù" superstite ecologica tipo quasi Avatar, con tanto di bellissima papera principessa tipo Leila di Guerre Stellari. Naturalmente Paperino salva il pianeta, sconfiggendo i Metallici, grazie a alcuni semi terrestri, dimenticati nella fretta della partenza (senza addestramento…) in qualche tasca, prodigiosi nel sabotare il supercomputer dei Metallici. Il finale per la cronaca è esilarante: tornato sulla Terra, i corrispondenti semi del pianeta alieno avuti in dono, sempre per distrazione, infestano all'istante il deposito di Paperone, alla fine del suo racconto di bordo. Con lo Zio e la stessa Paperina a rincorrerlo, la papera contro il Don Giovannismo spaziale di Paperino. Infine: curiose le anticipazioni dell'episodio. Oggi si sperimenta sempre più il turismo e l'impresa spaziale privata prossimo ventura (come poi illustra in generale uno speciale stesso nel volumetto) e si progetta di coltivare ortaggi su Marte (e puntuale un secondo inserto sul pianeta rosso, probabilmente destinato, dopo la Luna, al primo sbarco umano nel favorevole anno finestra 2035 – con Marte nella sua orbita a distanza minima periodica – relativamente- alla Terra).

Il primo volume della collana è poi completato da altri episodi "storici" della "nascente" scienza disneyana: "Paperoga eroe dello spazio" del 2013 con il bislacco papero capace di vincere un esercito di robot in un complicato conflitto o golpe interstellare, grazie alle sue strategie imprevedibili e diversamente creative (affascinante apologia dell'innovazione mentale come risoluzione delle problematiche), o – altro episodio in certo senso simile con Topolino e un altro superstrambo, il prode amico fidato Pippo, su un asteroide tutto d'oro, ovvero "Topolino e Pippo, pionieri a Straluna" (1998), con tanto di citazionismo di un certo Spielberg…., trama sempre ricorrente nella fantascienza spaziale, ovvero lo Spazio frontiera futura di risorse minerarie ed energetiche. E da "Archimede e la policalamita" (2006), con lo scienziato inventore disneyano protagonista: appunto,una missione dei Paperi, il solito capitalista avventuriero Paperone, che accentua certa dinamica futureconomica, nello specifico a caccia di diamanti astrali. In un menu complessivo che poi attraversa, dopo il consueto imprevisto, anche certo umanismo cosmico, per salvare un pianeta alieno in crisi energetica e di risorse, con Paperone costretto a sacrificare – non senza dubbi diversamente morali alla rovescia – quasi un asteroide intero di diamanti, appunto. Insomma: la disneyana scientificità si innesta deliziosamente in certa science pop, simbolicamente importante per la divulgazione di massa delle conquiste della tecnoscienza e del futuribile. Altro che Paperino diseducativo e da abolire, i fumetti stessi poi, come, a suo tempo e incredibile col senno di poi, fu "denunciato" persino in Usa da certi "esperti".

Roberto Guerra

Info http://store.corriere.it/fumetti/scienza-papera/ns6sEWcVPDYAAAFSmG9Z7uqP/ct

Matteo Renzi, meglio Marchionne dei Sindacalisti

*Nota di Roby Guerra..  pur nell'imminente, di questo passo, fine del miraggio italiano tardo "progressista" dell'ex rottamatore Matteo Renzi, lo Stil Novo si è sempre rivelato un efficace (fino ad un certo punto) Medium senza Messaggio, con l'Italia sempre in crisi e anzi con emergenze latenti islamo terroristiche e migranti invasori ancora incredibilmente sottovalutati, oltre a costanti politicoballe con derive relativamente orwelliane (al massimo qualche riforma non banale e certamente Renzi senza alcuna alternativa a sinistra degna di questo nome...) colpo di reni del Premier con un aforisma diversamente operaio: Pro Marchionne e contro quei sindacati arroccati ancora nel 1948 o quasi...  Debole magari ma una tantum il Renzi rottamatore di un tempo, prima del Potere, poi ...appunto... La ridefinizione dell'interfaccia Stato-Governo e Mondo del Lavoro, in ogni caso, in futuro, dovrà, se vuole essere una svolta, ripartire da witz linguistici del genere. Dalla presa di coscienza della fine del sindacato (se non del lavoro stesso in ottica rifkiniana anche e futuribile) e dalla semmai indubbia creatività di figure come Marchionne, anche se troppo impopolari, nel senso di poco ideologici, da un lato e da postsindacalisti (sperando s'inventino nomi e espressioni nuove) altrettanto creativi e non zavorre del passato e capaci di captare le nuove grandi possibilità post Automazione e Robotica ecc.

Renzi si schiera con Marchionne:

«Ha fatto più lui di certi sindacalisti»

Il presidente del Consiglio interviene a Classe Democratica, scuola di formazione politica dei dem

fonte  Corriere della Sera


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«Ha fatto più Marchionne, hanno fatto più alcuni imprenditori per i lavoratori che certi sindacalisti...»: Matteo Renzi interviene così a Classe Democratica, scuola di formazione politica dei dem.

Il ruolo di Chrysler
Il premier si schiera al fianco del manager Fca (che solo un paio di giorni fa aveva ribadito: «Voterei Renzi»): «Io difendo Marchionne. La Chrysler era finita, finita, Obama ci ha messo soldi perché i presidenti di sinistra credono negli investimenti pubblici e Marchionne l'ha rimessa in moto — sostiene —. Oggi le Jeep vengono fatte in Basilicata e per me è una cosa bellissima. Per me è di sinistra chi crea lavoro, non arrivo a dire il "compagno" Marchionne ma se vuoi paesi in cui ci sono fabbriche devi avere imprenditori che ci credono e questo atteggiamento purtroppo in Italia la sinistra l'ha respinto».

LINK E VIDEO  CORRIERE DELLA SERA

Milano: ELEZIONI 2016

 


Noi abbiamo deciso di sostenere concretamente l'unità, il rinnovamento ed il rilancio politico e culturale  della destra italiana, partecipando attivamente alla fase costituente promossa da Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale e dando manforte alle sue liste ed ai suoi candidati, alle prossime importanti elezioni amministrative. Destra per Milano - Destra Sociale invita i propri militanti e simpatizzanti ma anche i rappresentanti di tutti gli altri gruppi d'area, i patrioti ed i cittadini che vogliono veramente impegnarsi per il bene comune, per cambiare e migliorare le cose, a scendere in campo, candidandosi come indipendenti per i consigli comunali e circoscrizionali.
 
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Oscar Bartoli: Il solito festival europeo di emozioni, deprecazione generale e retorica solidaristica.

"Letter from Washington".  (www.oscarb1.blogspot.com)

Oscar Bartoli

Washington DC

Il solito festival europeo di emozioni, deprecazione generale e retorica solidaristica.

http://oscarb1.blogspot.it/2016/03/il-solito-festival-europeo-di-emozioni.html

 

ll solito festival europeo di emozioni, deprecazione generale e retorica solidaristica.

(Segnaliamo questo commento di Adriana Cerretelli del Sole 24 Ore perche' ci sembra l'unico sensato nella miriade di piagnistei delle prefiche mediatiche di tutto il mondo occidentale)
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Il solito festival europeo di emozioni, deprecazione generale e retorica solidaristica. Da Madrid a Londra, da Parigi a Bruxelles lo sghembo quadrilatero del terrore jihadista semina morti e feriti a centinaia, si allarga e non promette remissione. Al contrario. Ma il vero problema non sono loro, i kamikaze dell'Islam e chi gli sta dietro, li organizza e finanzia nell'ombra. Il vero problema siamo noi, le nostre società dal pianto facile ma brevissimo di fronte all'orrore della macelleria a ripetizione, delle città rese invivibili dalla paura del nichilismo di pochi: dura poco però, il tempo di dimenticare aspettando un nuovo attentato e ricominciare il ciclo sterile della commozione mordi e fuggi, seguita dalla semi-inazione che comunque ancora non riesce a essere davvero comune.
Intendiamoci: nessuno può condannare l'Europa perché ama il suo pacifico tran-tran, la sua relativamente grassa e comoda way of life, una rassicurante normalità quotidiana. Ma nessuno può illudersi sul terrorismo islamico: non ha alcuna intenzione di abbandonarci a breve.

Dunque basta rimozioni collettive: ci fanno solo male e non risolvono niente. Si limitano a evocare lo spettro di Monaco. Naturalmente le polemiche si sprecano in queste ore.
Bruxelles è un simbolo dell'Europa, il cuore delle sue istituzioni e della Nato, città ferita anche con la complicità della propria "belgitude": 19 comuni, 19 corpi di polizia solo di recente ridotti a 6 ma malati di incomunicabilità tra loro, di connivenze con corruzione e malaffare, di patti indecenti con il mondo sommerso della delinquenza che spesso marcia indisturbata di conserva con le cellule del terrore. Bruxelles, la capitale europea che tra qualche anno rischia di ritrovarsi a maggioranza musulmana e già ospita il maggior numero di foreign fighters in un paese multilingue che perde identità nell'eccesso delle sue diversità. Del resto Bruxelles è anche la città da cui partì il kamikaze che il 9 settembre 2001, due giorni prima dell'attentato alle Torre Gemelle, uccise In Afghanistan Ahmad Massud, il Leone del Panshir eroe della resistenza anti-sovietica.
Belgio e Francia, due vicini che non si amano granchè: a Parigi le barzellette sull'ottusità belga circolano quanto quelle sui carabinieri in Italia. Anche per questo dialogo e collaborazione tra intelligence e polizie non funziona molto.
In Europa non va meglio. Qualche passo avanti ma stentato: la sfiducia reciproca tra strutture giudiziarie e di tutela della sicurezza domina a tutto vantaggio dei terroristi. Il famoso PNR, il registro europeo dei passeggeri aerei ritenuto, non solo dagli americani, uno strumento di lotta decisivo, non riesce a vedere la luce. Come una seria politica europea integrata sulla sicurezza comune. Come un' efficace politica estera nella cintura delle crisi circostanti.
Tutto vero in queste polemiche, tutti pezzi di analisi ineccepibili dell'ennesima emergenza europea irrisolta. Anche se si tende sempre a parlare degli attentati che purtroppo ci sono stati, mai di quelli scongiurati: oltre 300 nel 2015 secondo i dati Europol. Segno tangibile che, dopo tutto, c'è anche qualcosa che funziona nell'Unione.
Ma il problema di fondo è un altro. I terroristi non sono degli alieni ma i vicini della porta accanto, quasi sempre con in tasca il nostro stesso passaporto. Anche per questo spesso imprendibili. Per combattere questa "guerra civile" su scala europea, che ne sfrutta abilmente le libertà senza frontiere, sono fondamentali nell'immediato banche-dati comuni e sistematici scambi di informazioni tra servizi e forze dell'ordine nel segno della fiducia reciproca, tutta da creare, per prevenire e reprimere gli attentati.
Ma quegli strumenti non servono per risolverla alla radice. Per riuscirci, e tanto più ora che si misura con la grande ondata dei rifugiati in maggioranza musulmani e per non condannarsi in prospettiva al disastro, l'Europa deve trasformare l'attuale scontro in un costruttivo incontro di civiltà. Basta ghetti o periferie off-limits per cominciare ma basta anche con le favole: l'Islam smetta di definirsi pacifico e noi di far finta di crederci. I moderati musulmani escano allo scoperto isolando davvero i loro figli degeneri.
E noi europei finiamola di rifugiarci nel relativismo culturale che divide e non aiuta a creare ponti. Riscopriamo con coerenza il valore dei valori fondamentali della nostra identità. Solo intavolando un dialogo tra pari, nella convinzione dei meriti dei rispettivi patrimoni culturali, l'Europa potrà scommettere su un futuro diverso e più ricco di opportunità. Pacificazione e integrazione sono sfide di lunga lena ma si deve cominciare adesso per realizzarle dopodomani. L'alternativa per la società europea è rassegnarsi a sopportare la compagnia  del terrorismo.