domenica 22 marzo 2015

Giancarla Parisi Transhumanist Art Manifesto, nota critica di Fabio La Rotonda

"Transhumanist ART in Italy: MANIFESTO":

 Chiunque si avvicini alle opere di Giancarla Parisi non pu� non restare coinvolto dai colori e da quello che trasmettono. 

Da quelli meno nuovi dove una giovanissima pittrice, gioca con i colori lasciando un velo di morbidezza e di dolcezza, � il caso di Blink e di Donna senza Volto, a quelli ove i colori la fanno da padrone con i chiaroscuri e con le luci forti, che dimostrano che la Parisi � cresciuta, ha conosciuto anche il dolore, ma trasmette la voglia di amare e di essere amata. 

Complimenti Giancarla, mi ricordi quello che sono stati Van Gogh e Gaugain nei confronti dei loro contemporanei. Le tue opere sono un inno alla vita ma anche un inno alla ricerca di se stessi. 

Postato da Fabio La Rotonda in IL Futurista magazine alle 16 marzo 2015



colore-azzurro-velo occhi poesia



Il colore azzurro di un velo ha gli occhi della Poesia

di Pierfranco Bruni




Una stanza è semplicemente una stanza. Una luce fioca ha il colore azzurro di un velo che copre una lampada. Si sono dati appuntamento.
Sebastiano Ararat  ed Eloisa Portinari. Ma chi sono? Mai domandarsi se i personaggi sono la realtà o sono la fiamma dell’anima…
Parlano intrecciando parole che non sono sempre neppure le loro. Tutto si confonde nel dialogare. A volte l’eco del mare…
Il tema è la Poesia… l’Amore…
Possiamo ascoltarli? Leggerli? Immaginarli… Basta raccogliere la fantasia la finzione e la recita… Il tutto però non avrà senso…
Ma la poesia ha mai avuto un senso?

*********


Sebastiano Ararat: “Ci guardiamo negli occhi. Siamo penetrabili nello sguardo e tu mi chiedi perché continuo a scrivere versi anche quando la notte ha ceduto il suo silenzio alla luce delle prime voci. Resti smaliziata, con quel fumo di sigaretta che annebbia persino le parole. Vai via? Io non smetterò di scrivere versi… Sino a quando il mio pensiero non sarà più pensiero, ma fantasia, mistero, magia… Io continuerò non solo a scrivere parole…
Le parole…
Ma tu sai cosa sono per me le parole? Una dietro l’altra… Una parola può formare un verso…
Il fumo della tua sigaretta ha nuvole di vento che spaziano però tra le parole.

Sei nel cuore
uno scavo
ed hai la profondità
della sabbia
quando la sabbia
ha il cerchio del deserto.

Vedi, le parole sembrano non dire e poi forse dicono e raccontano anche, ed è come se dicessero c’era una volta… o il dubbio non tradirà il c’era una volta…
Tu, mi guardi ma è come se restassi persa e fingi che la poesia sia il nulla quando per me può sembrare o essere il tutto…”.


Eloisa Portinari: “Ti sbagli.
Ho sempre ascoltato le parole che diventano versi. Io sono un verso. Sono semplicemente un verso e tu su di me hai danzato con le parole… Anzi, hai fatto in modo che le parole danzassero il Cantico dei Cantici e poi sei andato oltre sino a toccare il vento dei ragazzi che si baciano nel cuore della notte e mi hai cercato alle cinque della sera non solo tra i volti che affollavano l’attesa della corrida ma anche ai mercati…
Non hai il coraggio di affermare che la poesia è oltre la vita pur restando nella vita stessa…è la vita pur recitando i tagli sulla scena di un teatro inimitabile.
Io per te sono diventata una poesia…”.

Sebastiano Ararat: “…No, non sei diventata una poesia… Tu per me sei la poesia e sei giunta con la spuma del mare proprio quando è scesa subito la sera e d’immenso hai illuminato il mio cammino perché in te la terra, la terra rossa e i Mediterraneo e gli Oceani si sono incontrati…
Non sei una poesia, sei la poesia, questa inutile parola che nel giungere, come la morte, avrà sempre i tuoi occhi…”.

Eloisa Portinari: “Abitami, già solo tu mi potrai abitare… ma abitami come la parola riesce ad abitare il verso e il verso è un’immagine… come una nostalgia, come i ricordi che si aggrappano alle nostre carni ignude e al mio vestimento leggero nel settembre che tu conosci e non dirmi mai… mai e adesso siediti su quella seggiola … piuttosto non smettere di ripetermi che vorresti vedermi danzare come le zingare del deserto e tu essere un dervisci che ascolta l’Illuminazione del Cielo…
Se io sono non una poesia ma la Poesia raccoglimi tutte le pietre a forma di anima che troverai lungo la tua strada e con le parole trasformale in alchimia del vento e questo vento custodirà in una conchiglia tutti i baci possibili anche sino all’impossibile perché dove regna l’impossibile c’è sempre un possibile ritorno…”.

Sebastiano Ararat: “Ti ascolto. Sono disarmato e tu, mia Arianna, mi porterai oltre questo labirinto perché se una verità c’è, e la verità esiste, ha soltanto un nome: Poesia. Per dirti il mio amore e affinché tu possa raccogliere questo mio amore dentro il tuo amore ti porterò per mano lungo le parole che il sogno mi detta e che il nostro quotidiano sfiora incredulo.
Già, tu non sei una poesia. Sei la Poesia, ma per essere la mia Poesia io ti vivrò un giorno dopo l’altro pur sapendo che la vita se ne va mio amore mio dolce meraviglioso amore…
Cosa darei per un bacio, un bacio che le tue labbra accolgono sotto quella verde luna che a te mi legò in un giorno di marzo… Sei venuta di marzo…”.

Eloisa Portinari: “Verrà un giorno che saremo tutti carichi di anni e come le viole giocheremo con la rugiada, ma ogni stazione passerà e sarà come il dolore, il dolore sottile  e questo sottile dolore avrò gli occhi stanchi di una tigre anche quando qualcuno ti dirà respirami fino a perderti dentro il mio respiro e quando nell’età del tempo rito trovato ti insegneranno a fare l’amore tu non puoi fare altro che ad insegnare ad amare…”.

Sebastiano Ararat: “Sai cosa sono le parole per me!”.

Eloisa Portinari: “Perché… Ti eri illuso… ?
Mio poeta. Poeta, mio poeta. O capitano…
Tu vivi di poesia la poesia e la vita nella vita come la terra nella morte con i garofani sul davanzale del tuo giardino mentre gli anni ti recitano il sorprendente che resta intrecciato tra le dita come i capelli di Calipso tra le mani di Ulisse…”.

Sebastiano Ararat: “Mi rubi la scena?
Io che ho cercato di intrecciare la parola nella costruzione del verso per dare un senso alla poesia e definire la Poesia…”.

Eloisa Portinari: “Ora io, Arianna, ti prendo per mano…
Ti condurrò dove le parole non hanno senso, dove il verso non si costruisce, dove la Poesia non si pensa, dove uno sguardo è tanti sguardi e gli sguardi sono il Tempio del Mistero… Non hai bisogno di seguirmi… Ti condurrò nel gioco del fuoco perché la poesia è fuoco nello squarcio dei veli che solo gli amanti possono indossare… e la Poesia è l’amante fedele quando è poesia e ci lacera dentro e si lacera dentro mai aspettando e sempre ricucendo le onde smarrite con quelle nascoste sotto i faraglioni sventolati dalla luce dei fari…
Ti condurrò dove ogni parola non ha bisogno del verso e dove ogni verso non ha bisogno di rima ritmo musica perché tutto è in te e resta in te come il fantastico dell’immaginario ed io e te siamo la Poesia perché oltre a raccoglierla tra le pieghe della pioggia la viviamo come pioggia lasciando che il pineto crei quelle nuvole che vanno e che vengono… Forse diventerà un grido taciuto quando su di noi si piegherà per una carezza in più o una carezza nell’attraversamento del chiarore che nasce nel bosco e non avrà la Poesia bisogno di parole…
Alla fine non avrà più bisogno di parole perché sarà uno sguardo oltre lo specchio… una voce che avrà bisogno del silenzio o un silenzio toccato… su di noi scenderà la vita e il vissuto come un assurdo che assurdo non è ma è soltanto magia… ed ora danzerò con i veli del deserto per affidarli al vento del mare sino a far toccare negli orizzonti la luna e gli azzurri i verdi i gialli i tramonti le aurore…
il tuo passo leggero come… La Poesia impareggiabile indefinibile che ha il mistero dell’inspiegabile… e tutto o nulla … ma noi siamo il tutto e siamo il nulla… questo indecifrabile Dio nel canto di un silenzio… un sussurro… un accenno…”.

Sebastiano Ararat: “Sono qui… Ancora… Non ti ascolto… Ti vivo…
Ma ascoltarti è viverti…”.

Eloisa Portinari: “Non domandarmi cosa è un verso… Non chiedermi dove la parola possa condurre… Non cerca il senso…

Se la parola è più di una parola
il tuo sguardo
è il volo di una cometa
che conosce
il silenzio del gabbiano
pur vivendo la notte
del giorno
che si perderà
in una nuova notte.

Ora…
Prova a domandarmi a chiedermi a cercare…
L’azzurro di un velo… Una lampada… Il mare…
Fai in modo che l’ascolto sia in te, Poesia…”.

L'eredità postmoderna eretica di Giordano Bruno

 

La figura di Giordano Bruno è complessa e va ben aldilà delle meschine polemiche che segnarono diverse stagioni della storia civile e del pensiero. Solo di recente una più compiuta ed opportuna rivisitazione delle idee e dell'azione del religioso nolano ha gettato nuova e più significativa luce su un personaggio di così vasto spessore culturale e di così straordinaria capacità di suscitare polemiche. L'inesauribile creatività e l'incandescente parabola della sua esistenza fanno di Giordano Bruno non tanto un campione del libero pensiero, ma ne definiscono la cifra rivoluzionaria dell'intuizione scientifica, oltre che della sua  testimonianza autorevole della vitalità della natura. Potente filosofo dell'infinito, della pluralità dei mondi e della creatività mago-ermetica Bruno ci ha lasciato un'eredità intellettuale in perenne espansione, una lettura dell'universo in chiave ultra-moderna, una strenua difesa della libertà del pensiero, una vis enciclopedica, che va aldilà dell'eclettismo. Immagini, idee, concetti, irruzioni spericolate nel pensiero di spiriti magni della filosofia  e della letteratura di ogni epoca, che abbraccia un arco grandioso da Anassimandro ad Apuleio, da Anassimene ad Acidalius, ad Agrippa, a Petrus Albinus, ad Averroè (l'arabo Ibn Rushd, maestro ispiratore di Dante Alighieri), Avicenna (l'arabo Ibn Sina^), Avicebron, ad al-Ghaza^li^, a Pietro Aretino, a Ludovico Ariosto, per concludere con figure del mito classico come Apollo o Atteone, o studiosi come Romano Amerio: tutti elementi che sono legati a Bruno. Senza dimenticare riflessioni e riferimenti che in Bruno ci trasportano verso ardite costruzioni dell'intelligenza. Ma nemmeno ci si può fossilizzare sul ruolo di Bruno come paladino e anticipatore della modernità rinascimentale. Forse, infatti, Bruno va ben oltre gli stessi  angusti limiti consacrati dagli studiosi della sua filosofia. E si può, quindi, a giusta ragione concludere che la vocazione visionaria e l'audace penetrazione delle leggi della natura fanno di Giordano Bruno un uomo non solo dedito alla speculazione più o meno tradizionale, ma un ricercatore appassionato del sincretismo culturale (pre-globale) e soprattutto un teorico profetico della nuova filosofia della scienza.
Casalino Pierluigi, 16.02.2015

Marinetti 70, Ferrara Italia intervista Antonio Saccoccio

Per il settantesimo anniversario della morte di Marinetti (1944-2014) è stato anche edito da poco il volume “Marinetti 70. Sintesi della critica futurista”, a cura di Antonio Saccoccio e del futurista ferrarese Roberto Guerra, pubblicato da Armando editore. Nel libro, inserito nella collana Avanguardia 21, figurano alcuni dei principali storici e critici del Futurismo (E. Crispolti, G. Berghaus, G.B. Guerri, G. Di Genova, P. Valesio ecc.). Lo stesso Marinetti – episodio poco noto, segnalato da Giovanni Antonucci nel suo contributo al volume – fu protagonista a Ferrara, nel 1929, per le celebrazioni ariostesche con una conferenza in stile futurista sull’Ariosto.
Ad Antonio Saccoccio  di Roma (Università Tor Vergata di Roma) abbiamo chiesto un approfondimento.
Cosa successe a Ferrara alle Mura degli Angeli? Perché venne scelto proprio quel luogo?
Il 7 luglio 1929, in occasione delle celebrazioni per il quarto centenario della morte di Ludovico Ariosto, F.T. Marinetti tenne un discorso pubblico sulle Mura degli Angeli di Ferrara. Precisò tre anni dopo lo stesso Marinetti: “improvvisai all’enorme pubblico seduto o sdraiato sull’alto bastione fiorito e ombroso di Ferrara una lezione di Futurismo estratta precisamente dall’Orlando Furioso”. Nella prima parte del suo discorso Marinetti si scagliò contro il “feticismo passatista” nemico dell’ottimismo futurista. Successivamente elencò gli “insegnamenti ultrafuturisti” contenuti nell’opera dell’Ariosto, di cui ricordo qui i più significativi: compenetrazione tra arte e vita, velocità, aggressività eroica, passione sportiva, gioia distruttiva e creazione dell’effimero, “senso trasformista della vita”, ottimismo assoluto, sintesi, simultaneità, instancabilità, “giocondità goliardica beffatrice” e “senso aviatorio”. La conferenza si concluse sorprendentemente con il ricordo di un momento di vita familiare, in cui la “pupa Vittoria”, figlia primogenita di Marinetti, diventava il simbolo della spontaneità iconoclasta che anima bambini e poeti.
Quali influenze futuriste/marinettiane ci furono a Ferrara? Attualmente, resiste qualche eco in città?
Quando si parla di Futurismo a Ferrara non si può non ricordare Corrado Govoni, uno dei poeti più originali del gruppo futurista. Voglio ricordarvi il testo di una lettera che Govoni scrisse a Marinetti nel 1910, una lettera da cui emerge in poche righe il suo complesso rapporto con il futurismo e al tempo stesso con la città estense: “Oh il divino sopore, la deliziosa pigrizia che hanno invaso tutto il mio essere al mio giungere a Ferrara! Vi assicuro che a Ferrara solo si può realizzare il sogno di Buddha, il nirvana profondo con annientamento di pensiero e cure moleste e inerzia sensitiva. So bene che il nirvana non fa per voi; ma perché non dovrebbe essere l’ideale di un futurista distruttore come siete voi? Io credo che ogni opera di distruzione dovrebbe avere lo scopo di non più ricostruire. Allora tanto vale lasciare intatte le costruzioni esistenti, non vi pare? Dunque, distruggendo senza l’intenzione di rifabbricare, dove si arriva? Al nirvana sublime suddetto. Tutto questo per farvi conoscere che anche a Ferrara si può vivere una vita importante e amabile”. Come si può intendere, Ferrara è descritta come una città sonnolenta e passatista, ma per Govoni anche una città siffatta può avere qualcosa di amabile.
E Ferrara è anche la città di un futurista contemporaneo…
Sì, attualmente vive a Ferrara uno dei futuristi contemporanei più noti, il poeta Roberto Guerra, che conduce un’instancabile attività editoriale e promozionale. Non a caso l’instancabilità è tra le qualità futuriste da me ricordate a proposito del discorso marinettiano sull’Ariosto. E non a caso Guerra è co-curatore con me proprio dell’ultimo libro su Marinetti.

FERRARA ITALIA


FUTURI a Roma



FUTURI a Roma
22 marzo 2015 - Italian Institute for the Future



sabato 28 marzo alle 19.30, l'Italian Institure for the Future (Napoli) tornerà a parlare di scenari futuri a Roma alla Libreria Café "N'Importe Quoi" (via Cenci 10).   un'occasione importante per incontrarai...  soci e follower romani e rip rendere il discorso lanciato con il quarto numero della rivista FUTURI, in vista della pubblicazione del prossimo numero.

Ne parleranno
  • Carolina Facioni, sociologa e ricercatrice all'ISTAT
  • Emmanuele J. Pilia, curatore della collana di Transarchitettura di Deleyva
  • Fabiola Riccardini, economista e prima ricercatrice all'ISTAT
  • Francesco Verso, direttore di "Future Fiction".
Presenterà l'incontro il presidente dell'IIF, Roberto Paura.

Troverete gli ultimi numeri di FUTURI e la ristampa del libro "Futuro in progress" a prezzo scontato. In omaggio per tutti i partecipanti - fino a esaurimento scorte - la speciale bag dell'IIF.

  l'evento Facebook  
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