Il colore azzurro di un velo ha gli occhi della Poesia
di Pierfranco Bruni
Una stanza è semplicemente una stanza.
Una luce fioca ha il colore azzurro di un velo che copre una lampada. Si sono
dati appuntamento.
Sebastiano Ararat ed Eloisa Portinari. Ma chi sono? Mai
domandarsi se i personaggi sono la realtà o sono la fiamma dell’anima…
Parlano intrecciando parole che non
sono sempre neppure le loro. Tutto si confonde nel dialogare. A volte l’eco del
mare…
Il tema è la Poesia… l’Amore…
Possiamo ascoltarli? Leggerli?
Immaginarli… Basta raccogliere la fantasia la finzione e la recita… Il tutto
però non avrà senso…
Ma la poesia ha mai avuto un senso?
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Sebastiano Ararat: “Ci guardiamo negli occhi. Siamo penetrabili nello
sguardo e tu mi chiedi perché continuo a scrivere versi anche quando la notte
ha ceduto il suo silenzio alla luce delle prime voci. Resti smaliziata, con
quel fumo di sigaretta che annebbia persino le parole. Vai via? Io non smetterò
di scrivere versi… Sino a quando il mio pensiero non sarà più pensiero, ma
fantasia, mistero, magia… Io continuerò non solo a scrivere parole…
Le
parole…
Ma
tu sai cosa sono per me le parole? Una dietro l’altra… Una parola può formare
un verso…
Il
fumo della tua sigaretta ha nuvole di vento che spaziano però tra le parole.
Sei nel cuore
uno scavo
ed hai la profondità
della sabbia
quando la sabbia
ha il cerchio del deserto.
Vedi,
le parole sembrano non dire e poi forse dicono e raccontano anche, ed è come se
dicessero c’era una volta… o il dubbio non tradirà il c’era una volta…
Tu,
mi guardi ma è come se restassi persa e fingi che la poesia sia il nulla quando
per me può sembrare o essere il tutto…”.
Eloisa Portinari: “Ti sbagli.
Ho
sempre ascoltato le parole che diventano versi. Io sono un verso. Sono
semplicemente un verso e tu su di me hai danzato con le parole… Anzi, hai fatto
in modo che le parole danzassero il Cantico dei Cantici e poi sei andato oltre
sino a toccare il vento dei ragazzi che si baciano nel cuore della notte e mi
hai cercato alle cinque della sera non solo tra i volti che affollavano
l’attesa della corrida ma anche ai mercati…
Non
hai il coraggio di affermare che la poesia è oltre la vita pur restando nella
vita stessa…è la vita pur recitando i tagli sulla scena di un teatro
inimitabile.
Io
per te sono diventata una poesia…”.
Sebastiano Ararat: “…No, non sei diventata una poesia… Tu per me sei la
poesia e sei giunta con la spuma del mare proprio quando è scesa subito la sera
e d’immenso hai illuminato il mio cammino perché in te la terra, la terra rossa
e i Mediterraneo e gli Oceani si sono incontrati…
Non
sei una poesia, sei la poesia, questa inutile parola che nel giungere, come la
morte, avrà sempre i tuoi occhi…”.
Eloisa Portinari: “Abitami, già solo tu mi potrai abitare… ma abitami
come la parola riesce ad abitare il verso e il verso è un’immagine… come una
nostalgia, come i ricordi che si aggrappano alle nostre carni ignude e al mio
vestimento leggero nel settembre che tu conosci e non dirmi mai… mai e adesso
siediti su quella seggiola … piuttosto non smettere di ripetermi che vorresti
vedermi danzare come le zingare del deserto e tu essere un dervisci che ascolta
l’Illuminazione del Cielo…
Se
io sono non una poesia ma la
Poesia raccoglimi tutte le pietre a forma di anima che
troverai lungo la tua strada e con le parole trasformale in alchimia del vento
e questo vento custodirà in una conchiglia tutti i baci possibili anche sino
all’impossibile perché dove regna l’impossibile c’è sempre un possibile
ritorno…”.
Sebastiano Ararat: “Ti ascolto. Sono disarmato e tu, mia Arianna, mi
porterai oltre questo labirinto perché se una verità c’è, e la verità esiste,
ha soltanto un nome: Poesia. Per dirti il mio amore e affinché tu possa
raccogliere questo mio amore dentro il tuo amore ti porterò per mano lungo le
parole che il sogno mi detta e che il nostro quotidiano sfiora incredulo.
Già,
tu non sei una poesia. Sei la
Poesia, ma per essere la mia Poesia io ti vivrò un giorno
dopo l’altro pur sapendo che la vita se ne va mio amore mio dolce meraviglioso
amore…
Cosa
darei per un bacio, un bacio che le tue labbra accolgono sotto quella verde
luna che a te mi legò in un giorno di marzo… Sei venuta di marzo…”.
Eloisa Portinari: “Verrà un giorno che saremo tutti carichi di anni e come
le viole giocheremo con la rugiada, ma ogni stazione passerà e sarà come il
dolore, il dolore sottile e questo
sottile dolore avrò gli occhi stanchi di una tigre anche quando qualcuno ti
dirà respirami fino a perderti dentro il mio respiro e quando nell’età del
tempo rito trovato ti insegneranno a fare l’amore tu non puoi fare altro che ad
insegnare ad amare…”.
Sebastiano Ararat: “Sai cosa sono le parole per me!”.
Eloisa Portinari: “Perché… Ti eri illuso… ?
Mio
poeta. Poeta, mio poeta. O capitano…
Tu
vivi di poesia la poesia e la vita nella vita come la terra nella morte con i
garofani sul davanzale del tuo giardino mentre gli anni ti recitano il
sorprendente che resta intrecciato tra le dita come i capelli di Calipso tra le
mani di Ulisse…”.
Sebastiano Ararat: “Mi rubi la scena?
Io
che ho cercato di intrecciare la parola nella costruzione del verso per dare un
senso alla poesia e definire la
Poesia…”.
Eloisa Portinari: “Ora io, Arianna, ti prendo per mano…
Ti
condurrò dove le parole non hanno senso, dove il verso non si costruisce, dove la Poesia non si pensa, dove
uno sguardo è tanti sguardi e gli sguardi sono il Tempio del Mistero… Non hai
bisogno di seguirmi… Ti condurrò nel gioco del fuoco perché la poesia è fuoco
nello squarcio dei veli che solo gli amanti possono indossare… e la Poesia è l’amante fedele
quando è poesia e ci lacera dentro e si lacera dentro mai aspettando e sempre
ricucendo le onde smarrite con quelle nascoste sotto i faraglioni sventolati
dalla luce dei fari…
Ti
condurrò dove ogni parola non ha bisogno del verso e dove ogni verso non ha
bisogno di rima ritmo musica perché tutto è in te e resta in te come il
fantastico dell’immaginario ed io e te siamo la Poesia perché oltre a raccoglierla
tra le pieghe della pioggia la viviamo come pioggia lasciando che il pineto
crei quelle nuvole che vanno e che vengono… Forse diventerà un grido taciuto
quando su di noi si piegherà per una carezza in più o una carezza
nell’attraversamento del chiarore che nasce nel bosco e non avrà la Poesia bisogno di parole…
Alla
fine non avrà più bisogno di parole perché sarà uno sguardo oltre lo specchio…
una voce che avrà bisogno del silenzio o un silenzio toccato… su di noi
scenderà la vita e il vissuto come un assurdo che assurdo non è ma è soltanto
magia… ed ora danzerò con i veli del deserto per affidarli al vento del mare
sino a far toccare negli orizzonti la luna e gli azzurri i verdi i gialli i
tramonti le aurore…
il
tuo passo leggero come… La
Poesia impareggiabile indefinibile che ha il mistero
dell’inspiegabile… e tutto o nulla … ma noi siamo il tutto e siamo il nulla…
questo indecifrabile Dio nel canto di un silenzio… un sussurro… un accenno…”.
Sebastiano Ararat: “Sono qui… Ancora… Non ti ascolto… Ti vivo…
Ma
ascoltarti è viverti…”.
Eloisa Portinari: “Non domandarmi cosa è un verso… Non chiedermi dove
la parola possa condurre… Non cerca il senso…
Se la parola è più di una parola
il tuo sguardo
è il volo di una cometa
che conosce
il silenzio del gabbiano
pur vivendo la notte
del giorno
che si perderà
in una nuova notte.
Ora…
Prova
a domandarmi a chiedermi a cercare…
L’azzurro
di un velo… Una lampada… Il mare…
Fai
in modo che l’ascolto sia in te, Poesia…”.