lunedì 5 gennaio 2015

Le Geo-grafie visiotroniche di Dario Damato‏

Vitaldo Conte

*Le geo-grafie di Dario Damato‏
libro d'arte (uscito recentemente) sulle 'geo-grafie' (scrittura-pittura) dell'artista pugliese Dario Damato, morto nell'autunno del 2013.  Con prefazione di Vitaldo Conte  edito grazie al contributo della Fondazione Banca del Monte di Foggia., presentato il 6 novembre scorso  dalo stesso l prof. Vitaldo Conte, docente di Storia dell'Arte Contemporanea e Storia e modelli dell'Arte-Terapia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma (vedi Video)
Presentazione per la mostra tributo all'artista (30 Ottobre-22 Novembre)  presso la Galleria provinciale d’Arte moderna di Palazzo Dogana ( in Piazza XX settembre a Foggia)  “Dario Damato geo-grafie”, a un anno dalla scomparsa del grande maestro foggiano con  una selezione di  16 opere pittoriche di medie,  grandi dimensioni. 
A cura della stessa  Donatella Damato – figlia dell’artista, evidenziato come protagonista assoluto della Poesia Visiva contemporanea. 

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L'INCONTRO DELL'ISLAM CON IL MONDO ESTERNO SUL PIANO DELLA STORIA.-3

Alla richiesta araba, il Makaukas avrebbe risposto, dunque, a nome proprio e dei suoi colleghi, che era per loro impossibile abbandonare la fede di Cristo per una religione di cui nulla sapevano. Il caso è tipico perché il Makaukas, che candidamente confessava assoluta ignoranza di quel che sembrava essere il principale motivo della guerra nella quale egli aveva parte preminente come governatore del paese e comandante di una delle due parti belligeranti, era ad un tempo stesso ecclesiastico e funzionario di rango elevato del governo bizantino. Quale fu allora, in pratica, l'atteggiamento delle due parti? I melchiti si estraniarono opponendosi e appartandosi il più possibile, gli eterodossi si sottomisero di buon grado cercando nel nuovo padrone un sollievo dalle passate persecuzioni e pur non stimando i musulmani, tuttavia si avvicinarono maggiormente ad essi per servirsene come strumento di vendetta contro i melchiti. Si trovavano non di rado nestoriani e giacobiti fra coloro che servivano volontariamente gli invasori e ciò non dovrebbe meravigliare se si considera che la condizione di quelli non mutava, essendo essi abituati già prima a vivere appena tollerati o in balia di stranieri, in esilio. Di contro i melchiti, già dominatori, si trovarono umiliati dallo straniero e risentivano fortemente della perdita dell'appoggio governativo sul quale sempre si erano basati e, per di più, l'essere equiparati agli eterodossi faceva loro di più ancora aborrire il dominio infedele. Si notavano, nel frattempo, casi di aperta positiva cooperazione dei monofisiti con gli arabi; così nella resa di Tagrit, in Persia, come l'atteggiamento dei copti in Egitto. Perciò gli arabi dovendo assumere funzionari cristiani preferivano gli eterodossi, il che spiegava l'esistenza di documenti cristiani laudativi del nuovo regime e fatti che attestavano delle ottime relazioni esistenti tra cristiani e musulmani in Levante ed in Armenia. In tal modo, successivamente, sotto gli Omayyadi si ebbe presto il funzionamento di un modus vivendi fra i seguaci delle due fedi, che solo in seguito con il mutare dell'atteggiamento islamico, cambierà aspetto. Viene quindi a cadere, da tali considerazioni, la leggenda posticcia degli arabi crudeli e fanatici, con tutta la coreografia conseguente. Motivi politici ed economici, più che religiosi (e la cosa si ripete ai giorni nostri), data anche l'incomprensione della dottrina da parte di molti - come si è visto-,portarono gli arabi ad imprese guerresche oltre i confini della loro terra: i facili successi e le ricchezze conquistate spinsero poi oltre. Pare, infatti, che l'idea missionaria, a cui venne associata la violenza - e l'idea totalitaria - penetrarono nell'Islam in seguito ai suoi contatti con i cristiani dissidenti. Si trattò, all'inizio, di una razzia in grande stile, non di una vera spedizione militare per convertire i cristiani, idea che esulava dai musulmani. Questo constaò Leone III Isaurico che affermava:"I Saraceni non fanno guerra, né per obbedienza ai loro capi, né come soldati di professione, bensì per avidità di lucro, per amore di vita libera e di brigantaggio, e inoltre anche per fanatismo religioso". Il concetto dell'unico motivo religioso predominante venne dalla grande impressione che fece lo sprezzo del pericolo da parte degli arabi in battaglia e della loro fede nel premio ultraterreno. Si trattava di una nuova e strana visione del martirio. Ci fu d'altra parte confusione fra le due idee: che il Paradiso spettasse ai morti in guerra e che si combatesse quindi per conquistare il Paradiso. Dal canto  loro i musulmani tennero di fronte ai cristiani un atteggiamento dettato all'inizio non animato da preconcetti religiosi, ma soprattutto dal tornaconto immediato, il che spiega la possibilità di convivenza fra le due fedi e il tributo dei vinti. D'altro lato, si deve respingere la teoria che vorrebbe far apparire tale tolleranza come una magnanima protezione. Bisogna invece riconoscere che gli arabi consolidavano il loro dominio agendo proprio con molto tatto e acume politico. Infatti, dapprima, i Califfi lasciarono le cose nel pristino stato e solo con il tempo si resero padroni di tutto permeando di islamismo il paese; da ciò la conferma di molti funzionari bizantini. Tale mossa conquistò loro subito il favore di questa categoria. La ragione di riflesso sta nella attribuita al califfo el-Mohtadi (IX secolo). "Ogni qualvolta ti possa essere utile un cristiano, prendilo, serviti di lui, perché i cristiani danno maggior affidamento degli ebrei, dei musulmani stessi e dei persiani; gli ebrei aspettano che il regno finisca in mano loro, i musulmani essendo della tua stessa fede cercano di portarti via il posto, i persiani dicono che una volta questo regno apparteneva loro". -3, continua.
Casalino Pierluigi, 5.01.2015

L'INCONTRO DELL'ISLAM CON IL MONDO ESTERNO SUL PIANO DELLA STORIA. 2

Di fronte ad un avversario che del tutto era ignorato fu il timore e lo sbigottimento, ma in ciò il regime bizantino non fu esente da colpa, poiché mentre, dopo i primi scontri gli arabi stavano affilando le armi e infittendo le schiere per l'attacco, i bizantini, sottovalutandoli, si cullavano nell'ozio della pace conquistata a caro prezzo. Si comprende quindi l'impreparazione dinanzi all'urto e lo smarrimento di fronte al fenomeno, con conseguente disorientamento quando in seguito si dovettero instaurare rapporti nella vita pratica di fronte a tali ignoti dominatori. L'incomprensione e la difficoltà nel trattare con gli arabi si concretò in un atteggiamento pratico fatto di circospezione e di incertezza. A denotare la confusione di idee che dominava la mente dei bizantini e quindi dei cristiani fin dai primissimi contatti con gli arabi basterà citate un tipico documento contemporaneo. Si tratta di un colloquio avvenuto fra il vescovo monofisita Giovanni - a nome di tutti i cristiani delle diverse anime- e il celebre comandante Amr ibn el-As, il 9 maggio 639. Occorre fare presente che che la pressoché unica nozione che avessero i bizantini dell'essere degli arabi fosse quella della loro consanguineità con gli ebrei e ciò deriva da quanto si dirà in seguito. Perciò lo svolgimento del colloquio della deputazione cristiana con ibn el-As ci dimostra come gli stessi cristiani, nel loro articolato complesso, nutrissero la convinzione che, a sua volta, anche la nuova religione degli arabi fosse molto affine a quella degli ebrei. Ne abbiamo una prova nel tono e nella sostanza di quanto andò dicendo al generale arabo il vescovo giovanni, il quale si sforzava di argomentare secondario l'emiro fin dove gli era possibile, ponendosi da quel che riteneva dovesse essere il suo punto di vista e parlandogli conseguentemente un linguaggio, non già prettamente cristiano, bensì piuttosto ebraico. D'altra parte poi, quasi a confermare le idee preconcette del vescovo, volle il caso ch'egli trovasse Amr assistito da ebrei e che Amr stesso rivolgesse ai suoi interlocutori domande tali da dare necessariamente l'impressione che egli non credesse altro che a Mosè e al Pentateuco. Tutto ciò si comprende quando avremo constatato come i primi giudizi cristiani riguardo all'Islam fossero influenzati dall'atteggiamento degli ebrei verso i musulmani. Gli ebrei, infatti, si erano sempre mostrati suscitatori di torbidi, servendosi di ogni corrente di idee pur di metterla, si diceva, contro lo Stato e i cristiani ed è quindi naturale che essi chiedessero aiuto agli arabi durante l'ultima persecuzione eracliana. Prima avevano suscitato le persecuzioni anticristiane di Dzo Nowass in Arabia, di Shapur II  e dei Sassanidi in Persia e di Cosroe durante la sua occupazione in Siria. Non meraviglia quindi - si faceva notate -  che essi tenessero uguale comportamento con gli arabi, giungendo, come alla battaglia di Yarmuk, a seminare disfattismo tra le fila cristiane. In quella prima fase caotica sorge, soprattutto nei cristiani eterodossi ed armeni, l'idea che gli arabi siano della stessa stirpe, tale idea trovando conferma nel rispetto degli arabi verso Mosè e il Pentateuco, a differenza degli altri testi biblici e, come ammettevano la circoncisione e la proibizione di determinati cibi. Inoltre era notevole e appariva sintomatico agli occhi dei cristiani il prodigarsi degli ebrei a favore degli invasori, il che poneva quelli in condizione di favore nei riguardi dei cristiani; del che si avvantaggiavano cercando anzi le occasioni per vendicarsi dei decaduti dominatori. Invece gli arabi, per parte loro,affermarono in verità fin dall'inizio la ragione addotta che giustificava ai loro occhi la conquista. Disse infatti el-As:"La terra appartiene a Dio, Egli la concede a quelli dei suoi servitori che più gli aggrada e il successo delle armi è prova della sua volontà". Così gli ebrei, cacciatisi frammezzo a vinti e vincitori, crearono il primo di una lunga serie di equivoci, il che portò nei riguardi dei cattolici ad un accrescimento di odio per l'opera di Mohammed. Solo pochi autori cristiani eterodossi, fra i quali Sabeos, la cui opera non ebbe grande influenza, perché andò perduta, e fu ritrovato solo nel 1851 e tradotto in russo nel 1862, si accostarono senza pregiudizi all'Islam e lo studiarono senza intermediari e gli riconobbero quindi il merito di aver cancellato l'idolatria riportando gli arabi alla fede di Abramo. Questa via di accostamento andò disgraziatamente perduta. Infatti, mentre questi cristiani videro in Mohammed un lungimirante riformatore e un politico, i cattolici ne ebbero la convinzione che fosse un perfido strumento dei peggiori nemici del cristianesimo, come ebbe a dichiarare Teofane nella sua Cronographia. Un ulteriore riprova dell'ignoranza da parte dei cattolici del vero essere dell'islam, dovuto anche alla loro ritrosia ad avvicinarsi agli invasori, si ha in un fatto citato dal famoso storico musulmano Makrisi. Egli narra che come nell'ottobre del 640 durante l'assedio della fortezza di Babilonia, il governatore bizantino della  provincia (ormai identificato nel governatore bizantino Ciro), intavolò trattative di pace nell'isola di Rodo, con i fiduciari del già citato comandante arabo el-As, il quale ultimo, fra le condizioni poste, chiese che i prigionieri si convertissero all'Islam. Ma a questa richiesta il Makaukas avrebbe risposto, a nome proprio e dei colleghi, che era loro impossibile abbandonare la fede in Cristo per una religione di cui nulla si sapeva. E il Makaujkas era al tempo stesso ecclesiastico e funzionario bizantino di rango. 2-continua
Casalino Pierluigi, 5.01.2015

domenica 4 gennaio 2015

Carmen Electra e l'Inverno Hot America

Redazione

La modella americana sfida l'inverno glaciale d'oltreoceano con photo porn soft art che come una postmoderna Regina Mida trasforma le stalagtiti in  Fiocchi cascate di neve vulcanici.
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L' INCONTRO DELL'ISLAM CON IL MONDO ESTERNO SUL PIANO DELLA STORIA. -1

Lo scontro di Mutah, sul confine palestinese in direzione di Gerusalemme, fu il prodromo di una grande svolta storica, che avrebbe avvolto nel breve giro di pochi anni tanta parte dell'Impero Bizantino. Ben pochi notarono il fatto e nessuno, all'inizio, si turbò. Proprio in quei giorni dell'anno 629 Gerusalemme applaudiva Eraclio tornato vincitore dei Persiani che riportava nella Città Santa il venerato legno della Croce del Redentore. Così lo scontro di Mutah, presso l'oasi di Tobrech, fu considerato alla stregua di una scaramuccia contro i soliti predoni del deserto. Il monito che esso conteneva non fu quindi compreso e tanto meno valutato. Quando pio le truppe dei "muslimin" batterono ai confini del decadente impero bizantino e ottennero con insperata facilità i ben noti successi, allora soltanto i cristiani bizantini si svegliarono dalla sorpresa e atterriti dall'invasione furono quasi del tutto incapaci di opporsi efficacemente. D'altro canto, varie ragioni, che sarà bene esporre, contribuirono favorevolmente alla fortuna dell'invasore islamico. L'indifferenza bizantina per i tradizionali briganti del deserto generò un più forte sbigottimento in quanto l'invasione capitava in un momento di pace duramente guadagnata e inoltre gli aggressori erano completamente ignoti alle popolazioni, che cadevano sotto di loro. Ma se queste ragioni rallentarono la reazione bizantina, un altro motivo provocò pure il terrore e paralizzò le forze ancora efficienti. Corse, per il paese, la voce che la nuova sciagura non era altro che un castigo di Dio, al quale era vano sfuggire. Di questa tesi si fecero Sofronio vescovo e patriarca di Gerusalemme e Sebeos vescovo armeno. Conseguenza fu che si aprirono addirittura le porte agli invasori e le popolazioni li accolsero come un male inevitabile. D'altro lato c'era chi riteneva l'invasione di breve durata, non considerando più di tanto questi uomini provenienti da sud. Infatti queste terre erano state anche di recente recuperate dal nemico persiano e la cosa non poteva che ripetersi. Gli assediati di Damasco osservando dall'alto delle mura il campo dicevano tra sé:"Ai primi freddi, al tramonto delle Pleiadi, se ne andranno". E per questi motivi e per la senilità politica del governo bizantino della città, i difensori agivano fiaccamente, combattuti da opposti timori e presi talvolta da inconsulto nervosismo. Un effetto di tale stato d'animo fu la traslazione della Croce . da poco ripresa ai persiani - da Gerusalemme a Bisanzio: da tale gesto i beduini capirono la debolezza dei loro avversari. Intanto, come se ciò non bastasse, la politica statale adottava una linea di condotta del tutto opposta alla necessità dei tempi, sottovalutando il pericolo. Scontentò, così, le tribù beduine cristiane del limes imperiale, che stavano di presidio nei forti disseminati dinanzi al misterioso deserto d'Arabia, cosicché le guarnigioni indigene disertarono. La persecuzione contro gli ebrei, colpevoli di aver parteggiato con i persiani, fece emigrare molti di essi nel 629-630 verso Edessa, dove furono solleciti a gettarsi nelle braccia dei nuovi venuti, assumendosi il ruolo pericoloso che vedremo. A tutto ciò si aggiunga un male che da tempo indeboliva tutta la compagine imperiale: le lotte religiose tra cristiani. Questa situazione, foriera di continui disordini e repressioni . che si trascinava da troppo tempo . trovò nella violenta repressione di Eraclio contro gli eterodossi un incentivo ad acutizzare l'insofferenza di molta parte dei sudditi. Una tale stato di cose produceva nei giacobiti nestoriani e monofisiti quella mentalità, che faceva dire al monofisita Barhaebreus: "Dio ci liberò dai romani per mezzo degli arabi". Logico effetto della situazione era il pullulare aldilà dei confini di gruppi di esuli delle varie sette, animati da odio più feroce contro i cattolici, detti melchiti o calcedonesi, e che attendevano l'occasione propizia per vendicarsi del dominio bizantino. Si può facilmente comprendere che dapprima di fronte al nemico infedele tutti i cristiani fecero di fronte comune, ma ben presto tuttavia i vecchi inestinguibili dissidi e rancori riapparvero, complicando la situazione e creando l'assurda condizione di gruppi cristiani favoreggiatori dei musulmani contro altri cristiani. Per colmo di sventura, proprio alla vigilia dell'invasione, la promulgazione dell'editto di Eraclio del 637 per ottenere la pace religiosa, causava altre sedizioni e la rivolta di tutto l'Egitto. Non sembrerà, pertanto, strano se assisteremo all'avanzata dell'Islam con il consenso e l'appoggio degli ebrei e degli eterodossi cristiani, soli restando e doppiamente avviliti i melchiti cattolici. Questi ricevettero le ingiurie e le sopraffazioni degli avversari di oggi e di ieri e dovettero piegare, sebbene frementi, sotto il nuovo giogo politico, inviso perché infedele e apportatore di terribili novità. In tale ambiente si iniziò la conquista araba dei territori bizantini. 1, continua.