lunedì 5 gennaio 2015

L'INCONTRO DELL'ISLAM CON IL MONDO ESTERNO SUL PIANO DELLA STORIA. 2

Di fronte ad un avversario che del tutto era ignorato fu il timore e lo sbigottimento, ma in ciò il regime bizantino non fu esente da colpa, poiché mentre, dopo i primi scontri gli arabi stavano affilando le armi e infittendo le schiere per l'attacco, i bizantini, sottovalutandoli, si cullavano nell'ozio della pace conquistata a caro prezzo. Si comprende quindi l'impreparazione dinanzi all'urto e lo smarrimento di fronte al fenomeno, con conseguente disorientamento quando in seguito si dovettero instaurare rapporti nella vita pratica di fronte a tali ignoti dominatori. L'incomprensione e la difficoltà nel trattare con gli arabi si concretò in un atteggiamento pratico fatto di circospezione e di incertezza. A denotare la confusione di idee che dominava la mente dei bizantini e quindi dei cristiani fin dai primissimi contatti con gli arabi basterà citate un tipico documento contemporaneo. Si tratta di un colloquio avvenuto fra il vescovo monofisita Giovanni - a nome di tutti i cristiani delle diverse anime- e il celebre comandante Amr ibn el-As, il 9 maggio 639. Occorre fare presente che che la pressoché unica nozione che avessero i bizantini dell'essere degli arabi fosse quella della loro consanguineità con gli ebrei e ciò deriva da quanto si dirà in seguito. Perciò lo svolgimento del colloquio della deputazione cristiana con ibn el-As ci dimostra come gli stessi cristiani, nel loro articolato complesso, nutrissero la convinzione che, a sua volta, anche la nuova religione degli arabi fosse molto affine a quella degli ebrei. Ne abbiamo una prova nel tono e nella sostanza di quanto andò dicendo al generale arabo il vescovo giovanni, il quale si sforzava di argomentare secondario l'emiro fin dove gli era possibile, ponendosi da quel che riteneva dovesse essere il suo punto di vista e parlandogli conseguentemente un linguaggio, non già prettamente cristiano, bensì piuttosto ebraico. D'altra parte poi, quasi a confermare le idee preconcette del vescovo, volle il caso ch'egli trovasse Amr assistito da ebrei e che Amr stesso rivolgesse ai suoi interlocutori domande tali da dare necessariamente l'impressione che egli non credesse altro che a Mosè e al Pentateuco. Tutto ciò si comprende quando avremo constatato come i primi giudizi cristiani riguardo all'Islam fossero influenzati dall'atteggiamento degli ebrei verso i musulmani. Gli ebrei, infatti, si erano sempre mostrati suscitatori di torbidi, servendosi di ogni corrente di idee pur di metterla, si diceva, contro lo Stato e i cristiani ed è quindi naturale che essi chiedessero aiuto agli arabi durante l'ultima persecuzione eracliana. Prima avevano suscitato le persecuzioni anticristiane di Dzo Nowass in Arabia, di Shapur II  e dei Sassanidi in Persia e di Cosroe durante la sua occupazione in Siria. Non meraviglia quindi - si faceva notate -  che essi tenessero uguale comportamento con gli arabi, giungendo, come alla battaglia di Yarmuk, a seminare disfattismo tra le fila cristiane. In quella prima fase caotica sorge, soprattutto nei cristiani eterodossi ed armeni, l'idea che gli arabi siano della stessa stirpe, tale idea trovando conferma nel rispetto degli arabi verso Mosè e il Pentateuco, a differenza degli altri testi biblici e, come ammettevano la circoncisione e la proibizione di determinati cibi. Inoltre era notevole e appariva sintomatico agli occhi dei cristiani il prodigarsi degli ebrei a favore degli invasori, il che poneva quelli in condizione di favore nei riguardi dei cristiani; del che si avvantaggiavano cercando anzi le occasioni per vendicarsi dei decaduti dominatori. Invece gli arabi, per parte loro,affermarono in verità fin dall'inizio la ragione addotta che giustificava ai loro occhi la conquista. Disse infatti el-As:"La terra appartiene a Dio, Egli la concede a quelli dei suoi servitori che più gli aggrada e il successo delle armi è prova della sua volontà". Così gli ebrei, cacciatisi frammezzo a vinti e vincitori, crearono il primo di una lunga serie di equivoci, il che portò nei riguardi dei cattolici ad un accrescimento di odio per l'opera di Mohammed. Solo pochi autori cristiani eterodossi, fra i quali Sabeos, la cui opera non ebbe grande influenza, perché andò perduta, e fu ritrovato solo nel 1851 e tradotto in russo nel 1862, si accostarono senza pregiudizi all'Islam e lo studiarono senza intermediari e gli riconobbero quindi il merito di aver cancellato l'idolatria riportando gli arabi alla fede di Abramo. Questa via di accostamento andò disgraziatamente perduta. Infatti, mentre questi cristiani videro in Mohammed un lungimirante riformatore e un politico, i cattolici ne ebbero la convinzione che fosse un perfido strumento dei peggiori nemici del cristianesimo, come ebbe a dichiarare Teofane nella sua Cronographia. Un ulteriore riprova dell'ignoranza da parte dei cattolici del vero essere dell'islam, dovuto anche alla loro ritrosia ad avvicinarsi agli invasori, si ha in un fatto citato dal famoso storico musulmano Makrisi. Egli narra che come nell'ottobre del 640 durante l'assedio della fortezza di Babilonia, il governatore bizantino della  provincia (ormai identificato nel governatore bizantino Ciro), intavolò trattative di pace nell'isola di Rodo, con i fiduciari del già citato comandante arabo el-As, il quale ultimo, fra le condizioni poste, chiese che i prigionieri si convertissero all'Islam. Ma a questa richiesta il Makaukas avrebbe risposto, a nome proprio e dei colleghi, che era loro impossibile abbandonare la fede in Cristo per una religione di cui nulla si sapeva. E il Makaujkas era al tempo stesso ecclesiastico e funzionario bizantino di rango. 2-continua
Casalino Pierluigi, 5.01.2015

domenica 4 gennaio 2015

Carmen Electra e l'Inverno Hot America

Redazione

La modella americana sfida l'inverno glaciale d'oltreoceano con photo porn soft art che come una postmoderna Regina Mida trasforma le stalagtiti in  Fiocchi cascate di neve vulcanici.
Quando la Natura è Relativa e si cela semplicemente si cela nella sublime superfice dionisiaca.

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L' INCONTRO DELL'ISLAM CON IL MONDO ESTERNO SUL PIANO DELLA STORIA. -1

Lo scontro di Mutah, sul confine palestinese in direzione di Gerusalemme, fu il prodromo di una grande svolta storica, che avrebbe avvolto nel breve giro di pochi anni tanta parte dell'Impero Bizantino. Ben pochi notarono il fatto e nessuno, all'inizio, si turbò. Proprio in quei giorni dell'anno 629 Gerusalemme applaudiva Eraclio tornato vincitore dei Persiani che riportava nella Città Santa il venerato legno della Croce del Redentore. Così lo scontro di Mutah, presso l'oasi di Tobrech, fu considerato alla stregua di una scaramuccia contro i soliti predoni del deserto. Il monito che esso conteneva non fu quindi compreso e tanto meno valutato. Quando pio le truppe dei "muslimin" batterono ai confini del decadente impero bizantino e ottennero con insperata facilità i ben noti successi, allora soltanto i cristiani bizantini si svegliarono dalla sorpresa e atterriti dall'invasione furono quasi del tutto incapaci di opporsi efficacemente. D'altro canto, varie ragioni, che sarà bene esporre, contribuirono favorevolmente alla fortuna dell'invasore islamico. L'indifferenza bizantina per i tradizionali briganti del deserto generò un più forte sbigottimento in quanto l'invasione capitava in un momento di pace duramente guadagnata e inoltre gli aggressori erano completamente ignoti alle popolazioni, che cadevano sotto di loro. Ma se queste ragioni rallentarono la reazione bizantina, un altro motivo provocò pure il terrore e paralizzò le forze ancora efficienti. Corse, per il paese, la voce che la nuova sciagura non era altro che un castigo di Dio, al quale era vano sfuggire. Di questa tesi si fecero Sofronio vescovo e patriarca di Gerusalemme e Sebeos vescovo armeno. Conseguenza fu che si aprirono addirittura le porte agli invasori e le popolazioni li accolsero come un male inevitabile. D'altro lato c'era chi riteneva l'invasione di breve durata, non considerando più di tanto questi uomini provenienti da sud. Infatti queste terre erano state anche di recente recuperate dal nemico persiano e la cosa non poteva che ripetersi. Gli assediati di Damasco osservando dall'alto delle mura il campo dicevano tra sé:"Ai primi freddi, al tramonto delle Pleiadi, se ne andranno". E per questi motivi e per la senilità politica del governo bizantino della città, i difensori agivano fiaccamente, combattuti da opposti timori e presi talvolta da inconsulto nervosismo. Un effetto di tale stato d'animo fu la traslazione della Croce . da poco ripresa ai persiani - da Gerusalemme a Bisanzio: da tale gesto i beduini capirono la debolezza dei loro avversari. Intanto, come se ciò non bastasse, la politica statale adottava una linea di condotta del tutto opposta alla necessità dei tempi, sottovalutando il pericolo. Scontentò, così, le tribù beduine cristiane del limes imperiale, che stavano di presidio nei forti disseminati dinanzi al misterioso deserto d'Arabia, cosicché le guarnigioni indigene disertarono. La persecuzione contro gli ebrei, colpevoli di aver parteggiato con i persiani, fece emigrare molti di essi nel 629-630 verso Edessa, dove furono solleciti a gettarsi nelle braccia dei nuovi venuti, assumendosi il ruolo pericoloso che vedremo. A tutto ciò si aggiunga un male che da tempo indeboliva tutta la compagine imperiale: le lotte religiose tra cristiani. Questa situazione, foriera di continui disordini e repressioni . che si trascinava da troppo tempo . trovò nella violenta repressione di Eraclio contro gli eterodossi un incentivo ad acutizzare l'insofferenza di molta parte dei sudditi. Una tale stato di cose produceva nei giacobiti nestoriani e monofisiti quella mentalità, che faceva dire al monofisita Barhaebreus: "Dio ci liberò dai romani per mezzo degli arabi". Logico effetto della situazione era il pullulare aldilà dei confini di gruppi di esuli delle varie sette, animati da odio più feroce contro i cattolici, detti melchiti o calcedonesi, e che attendevano l'occasione propizia per vendicarsi del dominio bizantino. Si può facilmente comprendere che dapprima di fronte al nemico infedele tutti i cristiani fecero di fronte comune, ma ben presto tuttavia i vecchi inestinguibili dissidi e rancori riapparvero, complicando la situazione e creando l'assurda condizione di gruppi cristiani favoreggiatori dei musulmani contro altri cristiani. Per colmo di sventura, proprio alla vigilia dell'invasione, la promulgazione dell'editto di Eraclio del 637 per ottenere la pace religiosa, causava altre sedizioni e la rivolta di tutto l'Egitto. Non sembrerà, pertanto, strano se assisteremo all'avanzata dell'Islam con il consenso e l'appoggio degli ebrei e degli eterodossi cristiani, soli restando e doppiamente avviliti i melchiti cattolici. Questi ricevettero le ingiurie e le sopraffazioni degli avversari di oggi e di ieri e dovettero piegare, sebbene frementi, sotto il nuovo giogo politico, inviso perché infedele e apportatore di terribili novità. In tale ambiente si iniziò la conquista araba dei territori bizantini. 1, continua.

Marinetti, un wireless di 70 anni

Zairo Ferrante

 Da Marinetti fino ai giorni nostri, un filo lungo settant'anni
Quando si parla di futurismo spesso si è portati a pensarlo come una forma d'arte esplosiva e
estroversa che poco o nulla può avere a che vedere con l'anima. Di solito si pensa all'arte futurista
come una sorta di bomba insensata che deve esplodere e generare il caos nello "spettatore".
Certamente si può essere in accordo con la seconda parte di questa definizione ma occorre
necessariamente dissentire e eliminare l'aggettivo "insensata", infatti, in poche parole, e forse anche
in modo riduttivo, potremmo definire il futurismo di Marinetti come uno stratagemma di rara e
sottile genialità partorito per risvegliare dal torpore gli animi assopiti di un intero popolo.
Ecco che da questa breve e imperfetta definizione possiamo già estrapolare due concetti, il primo è
che l'arte futurista è stata creata per perseguire uno scopo e pertanto non la si può assolutamente
definire "insensata"; il secondo concetto, invece, lo si può ricavare pensando all'oggetto su cui essa
concentrava tutte le proprie forze, il luogo ideale in cui la bomba Marinettiana doveva annidarsi e
esplodere e cioè l'animo assopito, o meglio milioni di animi assopiti che necessitavano di un risveglio
per reagire e non essere divorati da quell'inevitabile sviluppo tecnologico e scientifico che
di lì a poco avrebbe rivoluzionato per sempre e in modo irreversibile l'intera Umanità.
Ovviamente quando gli animi si ri-svegliano accade ciò che io amo definire il miracolo più grande
che l'uomo riesce a compiere, ossia il "fare anima".
Quindi, in quest'ottica, futurismo e "fare anima" diventano un concetto quasi indivisibile.
Marinetti, spinto da una forza propulsiva e, perché no, anche carica di amore per l'uomo, ha dato
vita a un'arte volta a fare anima, una forza attiva che non voleva limitarsi a descrivere il semplice
moto di un sentimento, come spesso era accaduto fino a quel momento, ma che ambiva a generarne
di nuovi, una spinta propulsiva che si prefiggeva l'obiettivo di forgiare milioni di animi impegnati
costantemente nel fare.
Naturalmente, quando si parla di "fare anima" non si può prescindere dal chiamare in causa James
Hillman, uno dei padri più influenti della moderna filosofia psicoanalitica, che nel 1975 in Revisione
della psicologia scriveva: “La terapia o l’analisi... è un processo che si svolge in modo
intermittente nella nostra individuale esplorazione dell’anima, negli sforzi per capire le nostre
complessità... Nella misura in cui siamo impegnati a fare anima tutti siamo ininterrottamente, in
terapia”.
Ecco quindi che a questo punto si delinea ancor meglio il significato del "fare anima", che possiamo
definire come un'introspezione attiva che si compie nell'autoanalisi e nel constante impegno che
tutti noi, quotidianamente, mettiamo nel comprenderci e nel capirci.
Ovviamente, a sua volta, anche il "fare anima" ha un fine, uno scopo ultimo, che risiede nel parto e
nella produzione di idee e pensieri.
Quindi, volendo riassumere tutto quello che fin qui si è detto, possiamo tranquillamente affermare
che il fine di Marinetti e del Futurismo era proprio quello di supportare e spronare l'uomo a
partorire quel pensiero o idea, anche soggettivi, in grado di liberarlo dalle catene della staticità e di
accompagnarlo nel futuro nuovo mondo, che sarebbe stato ampiamente diverso dal precedente.
Una realtà tecnosviluppata sicuramente più veloce e aggressiva, capace di divorare tutto quello che
non sarebbe stato in grado di seguirla e di rimanere a passo con lei.
Tutto questo accadeva circa settant'anni fa, ed è sotto gli occhi di tutti che in tale arco di tempo il
processo di sviluppo tecnologico poc'anzi descritto non si è mai arrestato, anzi, ha ulteriormente e,
per certi aspetti, spaventosamente accelerato la sua corsa travolgendo e inglobando tutto quello che
gli gravitava intorno.
In poco tempo - una manciata di secondi se paragonato ai classici tempi storici a cui siamo stati
scolasticamente abituati - oltre mezzo mondo si è ritrovato dal guidare la bicicletta a condurre
automobili intelligenti, dal vivere nell'impossibilità di comunicare a poter essere letteralmente
investito, in pochi secondi, da milioni di idee, pensieri e opinioni.
Tale scenario di confusione ha portato inevitabilmente la maggioranza delle teste a smarrirsi nel
caos della comunicazione e a discostarsi dal loro principale compito che era quello del pensare,
opera diventata ormai troppo faticosa e con un basso rapporto beneficio/costo.
Contemporaneamente questo ha estremamente facilitato il compito di una restante e piccola parte di
teste che, approfittando di questa apatia di pensiero, ha cercato di primeggiare sulle altre inventando
un linguaggio "differente", capace di creare messaggi in grado di auto-impiantarsi nei cervelli,
nuovamente dormienti, generando in essi la falsa illusione di possedere idee libere, autonome e
indipendenti, con il solo scopo perverso di omologarli e renderli tutti uguali, schiavi e dipendenti
dagli status-simbol e dal malsano pensiero del " solo se hai questo sei davvero figo".
Questa parte oscura di progresso, che alcuni chiamano "mercato", altri chiamano "marketing", le
multinazionali chiamano " globalizzazione" e i più chiamano "tendenza" o "moda", in pochissimo
tempo e stata capace di coniare l'unico e vero motto di massa del XXI sec.: "io sono perché ho e non
perché penso", un vero e proprio mantra che si è impossessato della gran parte delle nuove e
vecchie generazioni, trasformando il pensiero libero e liberatore in pecora-pensiero, assoggettato e
assoggettante.
A questo punto, in tale situazione, è facile intuire come anche oggi l'Arte è chiamata nuovamente a
risvegliare gli animi assopiti; ancora una volta l'Artista deve impegnarsi a generare un dinamismo
degli animi, o "dinanimismo", per di tirar fuori gli Uomini dal vortice creato dalla parte malsana del
progresso e riaccompagnarli in una dimensione fatta di punti fermi da cui ri-partire. Tale
dimensione è proprio quella del "fare anima" dove il punto fermo è rappresentato dal pensiero e
questo lavoro che l'Arte deve compiere può tranquillamente essere definito come un "futurismo
all'incontrario".
Va da se che anche a distanza di settant'anni l'Arte "utile" all'uomo, per compiere la propria
missione, deve per forza prendere spunto dal futurismo; ecco perché ancora oggi la "vera" arte è in
un certo senso tutta figlia di Marinetti, ecco perché dopo settant'anni il suo pensiero ancora vive e
insegna. (1,2)
Note
1. James Hillman, Re-Visione della psicologia, Adelphi, 1992.
2. http://poesia.blog.rainews.it/2013/08/28/la-vostra-voce-zairo-ferrante/

Info ulteriori
*da eBook La Grande Guerra Futurista, AA.VV..  a cura di R. Guerra  (La Carmelina edizioni)


Il libro poetico-saggistico dinanimista di Zairo Ferrante in eBook

Redazione

I Bisbigli di un'Anima Muta di Zairo Ferrante (ebook, CSA)
Raccolta di saggi, racconti e versi intorno alla poesia. Un libro che invita a ricercare il mondo nella poesia e la poesia nel mondo. Parole che spingono ad ascoltare la propria Anima per non smarrirsi nel correre veloce dell'Umanità. Un'esaltazione del verso dai “mille usi” e della “Poesia come Madre buona di tutte le cose del Mondo”. Pagine che esortano a costruire il proprio personale viaggio senza tracciarne, anticipatamente e oggettivamente, il sentiero. Una professione d'Amore verso l'Uomo e le meraviglie del suo Mondo.

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https://www.bookrepublic.it/book/9788898360246-i-bisbigli-di-unanima-muta/

La Notiziah24 Roma
Intervista (2014)