domenica 10 gennaio 2016

Vitaldo Conte, Visioni altre / Beni Culturali in Italia

 
È uscito (su Il Borghese, gennaio 2016) il testo di Vitaldo Conte  Visioni altre / Beni Culturali in Italia, in cui attraverso, tra le varie problematiche, quelle delle Accademie di Belle Arti in Italia.
*Il testo


Il campo di appartenenza e azione dei beni culturali è molteplice, variegato. Ciò l'ho compreso fino in fondo nel mandare in giro (con modalità riservata) il documento iniziale di questo seminario "a porte chiuse" come un personale test. Intendevo "aprire" il mio pensiero a qualche parere di colleghi delle Accademie di Belle Arti, di critici d'arte e artisti. Quelli che mi hanno risposto lo hanno fatto in maniera generica, solo qualcuno ha espresso delle osservazioni specifiche.

Quali sono dunque le pertinenze dei Beni Culturali? Quali possono essere oggi i suoi limiti in Italia? Quali potrebbero essere i nuovi strumenti idonei per la loro conservazione e diffusione? Attraversando la sua storia si può comprenderne la complessità, frequentemente ignorata. I beni culturali, che si contrappongono per definizione ai "beni naturali" offerti dalla natura, sono il prodotto delle espressioni della cultura.

La cultura è, per propria natura, dinamica, anche quando si ricollega alla tradizione. Quella attuale tende a rapportarsi con i nuovi linguaggi, tra cui quello tecnologico. L'arte contemporanea, in tutte le sue espressioni, non può rifiutare oggi il rapporto con l'estetica, o meglio con la sinestesia, tecnologica, sia in chiave di congiunzione di linguaggio e sia in chiave di riflessione critica. La tecnologia tende sempre più a incamerare le spinte visionarie e immaginali dell'essere (la spinta verso gli estremi confini del conoscibile).

Che la cultura non debba essere stagnante lo troviamo anche scritto nel manifesto di nascita del Futurismo del 1909: "Noi vogliamo liberare l'Italia dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri". L'espressione futurista, oggi presente nei musei, è stata la prima avanguardia nostrana a imporsi in ambito internazionale nell'arte contemporanea. Per sprovincializzare la cultura italiana teorizzava la distruzione simbolica dei musei, intendendo liberarla dall'essere luogo di stagnazione. A differenza di chi intende oggi praticarla materialmente nel nome di un monoteismo culturale: magari da "riconvertire", attraverso i reperti, in finanziamento per l'economia del terrore dell'Isis (di cui nel 2014, secondo stime approssimative, 28 miliardi di dollari provengono dai reperti archeologici di grande valore "trafugati").

Gli studiosi che fanno riferimento alla Scuola Romana di Filosofia politica e al movimento di pensiero della Nuova Oggettività hanno apprezzato la sensibilità del ministro Franceschini quando, unico ministro dei Beni Culturali in Europa, ha disposto che fosse posta la bandiera nazionale a mezz'asta sui musei italiani in segno di lutto per l'efferato assassinio del prof. Khaled Asaad, sovraintendente al sito archeologico di Palmira. Questo episodio si aggiunge ad altri analoghi, occorsi in diverse parti del mondo. Nonché la recente sparizione, in Libia, della Venere di Cirene, restituita a suo tempo dall'Italia, assieme agli infiniti altri scempi compiuti su opere d'arte del passato, appartenenti ormai, anche per comune sentire, al patrimonio dell'umanità.


Le norme internazionali sui beni culturali sono essenzialmente accordi che vogliono la salvaguardia dei suoi patrimoni in occasione di eventi bellici, sostenendo che gli attentati a questi costituiscono una violenza al patrimonio dell'intera comunità internazionale. Alla Convenzione di Parigi (1970) l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura definiva in tale ambito come beni culturali quelli "designati da ciascuno stato come importanti per l'archeologia, la preistoria, la letteratura, l'arte o la scienza" (art. 1). Un bene culturale si definisce materiale quando è fisicamente tangibile, come un'opera architettonica, un dipinto, una scultura. Ma lo sono anche i manoscritti, le collezioni scientifiche, le collezioni importanti di libri o di archivi o di riproduzioni dei medesimi beni.

La convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale (2003) prevede anche il bene immateriale espresso da: tradizioni ed espressioni orali, arti rappresentative, pratiche sociali, rituali, conoscenze riguardanti la natura, le abilità artistiche tradizionali, ecc.

Molto del patrimonio dei beni culturali in Italia oggi, che dovrebbe essere tutelato e valorizzato con il suo restauro, vive viceversa non adeguatamente protetto tra rifiuti, inadeguatezze, furti (come i recenti 17 dipinti rubati al Museo di Castelvecchio a Verona). I problemi quindi sono economici e strutturali: i beni culturali ricercano risorse che possano garantire a loro un'autonomia amministrativa; le aste per le acquisizioni di immobili storici talvolta risultano deserte.

Il persistente limite italiano è determinato dalla complessità burocratica e disorganizzazione che scoraggia investitori e turisti: come nell'ultimo agosto a Pompei il visitatore pagava il biglietto intero per vedere il 30 per cento delle opere. Un'altra problematica è individuabile nelle contrapposizioni e ridefinizioni delle competenze (ministeriali, comunali) e di gestione. Ma anche in quelle di lettura dei Beni Culturali: tra il Direttore (uno storico dell'arte) e il Sovraintendente con le sue "visioni" archeologico-architettoniche.


Il quesito di partenza di questo seminario è nella constatazione che, nel 2011, il Museo del Louvre a Parigi ha "incassato" da solo quanto tutti i musei italiani messi insieme. Una possibile risposta è anche nella constatazione che il Louvre è un museo che ha un corpo multiplo, oltrepassante una specifica raccolta storica. Per cui le strutture museali italiane dovrebbero sempre più aprirsi nelle proprie panoramiche espositive e di proposta contemporanea, come quelli di rapportarsi per contiguità con gli altri linguaggi della creazione. Molti turisti stranieri pensano talvolta che la nostra arte si fermi al Barocco: come mi ha sottolineato un giovane critico d'arte interpellato.

Non viene però adeguatamente esplicitato che i Musei Vaticani a Roma, quindi comunque in Italia e forieri di sviluppo turistico per la nazione, risultando il museo più visitato nell'Europa comunitaria con 6.200.000 visite e sono diretti da un italiano.

Per il non profit italiano può aprirsi però oggi un mercato esteso ora che il ministro Franceschini, con un decreto firmato recentemente, ha stabilito che i Beni Culturali possono essere affidati in gestione a privati senza fini di lucro se sono chiusi per mancanza di risorse o personale o "non adeguatamente valorizzati". Nel testo del decreto è specificato che possono essere affidati in concessione d'uso "i beni culturali immobili del demanio culturale dello Stato per l'utilizzo dei quali attualmente non è corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro".


Nell'ambito delle problematiche irrisolte dei Beni Culturali in Italia c'è quella del non-riconoscimento universitario (nonché dei finanziamenti per la ricerca) delle Accademie di Belle Arti. Quella di Roma, concepita alla fine del Cinquecento (denominata in un primo momento "di San Luca") per riunire in un unico contesto le tre arti (pittura, scultura, architettura), crebbe talmente tanto da divenire modello per analoghe istituzioni che sorsero in tutta Europa tra il XVII e XVIII secolo. Le Accademie non sono solo detentrici di un patrimonio storico-artistico di assoluta rilevanza (archivio, gipsoteche, pinacoteche, corsi di restauro, ecc.), ma anche perché sedi di una attiva produzione contemporanea, costituita da ricerche e didattiche allargate (museali, espositive, ecc.) che sono esse stesse beni culturali. È assolutamente necessario, in questo momento così importante per la "sopravvivenza culturale" delle Accademie, porre l'attenzione a questa problematica: l'Italia (a differenze degli altri paesi europei) non riconosce il ruolo centrale svolto nell'ambito dei Beni Culturali dalle Accademie di Belle Arti.


Le strutture museali in Italia dovrebbero essere amplificate nelle loro accessorialità comunicative, soprattutto attraverso la strumentazione multimediale e la digitalizzazione delle medesime. La tecnologia deve diventare complemento della comunicazione tradizionale e strumento per coinvolgere maggiormente il pubblico. Questa può amplificare il messaggio culturale, offrendo al fruitore altre opportunità per vivere il museo rispetto all'estemporaneità della visita. Ciò può determinare una intelligenza-visione che sintetizza nel proprio corpo i contributi di varie specificità (istituzioni, musei, esperti, curatori, ricercatori, innovatori) per "costruire" le possibili amplificazioni digitali dei musei italiani. La tecnologia applicata può rendere un museo sempre più accessibile. Questo è digitale quando il contenitore di un social e di un sito eguaglia il contenuto di un museo. La comunicazione si allarga non solo grazie ai suoi canali ma anche attraverso il miglioramento del modo di comunicare che dovrebbe far sentire il visitatore di qualunque età al "centro" della fruizione.

Un esempio di "apertura" è rintracciabile nel progetto della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma a Castro Pretorio, coordinato insieme a Google. Si propone di digitalizzare volumi rari e pezzi unici, anche del Cinquecento e Seicento, entro il 1874, dal valore inestimabile sul mercato librario antiquario. "Ma il progetto Google è solo uno dei tanti – rileva Paolo Conti (Corriere della Sera, novembre 2015) – che riguardano la Biblioteca nazionale centrale, autentico luogo di eccellenza del nostro Paese nell'applicazione delle nuove tecnologie". È in programma anche una mostra di architettura realizzata con la ricostruzione virtuale attraverso progetti firmati da grandi architetti contemporanei.

C'è da segnalare in merito il progetto aperto del MuD Museo Digitale, che
parte dal giugno 2015. Questo nasce con l'obiettivo di aumentare le possibilità e la promozione dei musei italiani in ambito digitale, potenziando consapevolmente l'aspetto tecnologico della comunicazione per valorizzare il Patrimonio Culturale a livello nazionale e internazionale. Il MuD segue le linee guida della riforma dei Beni Culturali che rafforzano le politiche di cooperazione culturale con l'estero, aprendo il confronto con l'Europa sul tema del digitale. Al fine di rendere realtà questa evoluzione del settore museale, il MuD apre il dialogo con le nuove tecnologie, anche con colossi del web come lo sono Google, Facebook e Twitter.

La recente nomina di 20 direttori dei musi italiani, tra cui 7 stranieri, ha suscitato ricorsi e polemiche con la critica di essere uno spot mediatico. Il mondo della cultura è però internazionale, non può avere confini. E in più la scelta del direttore straniero può determinare la possibilità di attrarre sponsor internazionali. Non sempre però gli stranieri sono più attrezzati dei nostri: talvolta un funzionario interno della Sovraintendenza può valere come o di più di un curatore straniero, che comunque dovrà rapportarsi con i disservizi nostrani.

Una possibile critica da fare a queste nomine può essere formulata proprio in base alle esigenze proposte dalla nuova "visione" del ministro, mirante a incrementare il rapporto arte-turismo-cultura. Individuare cioè, per gli aspiranti nuovi direttori, anche competenze "futuribili" associate (più specificatamente cyberculturali) e di managerialità pubblicitaria, in quanto questi risultano essere tendenzialmente degli accademici, talvolta con qualche possibile conflitto d'interesse.

Forse si dovrebbero ricercare degli intellettuali consapevolmente "visionari" per i Beni Culturali in Italia per far decollare la Cultura e il Turismo come Imprese produttive e non semplice operazione di decorativismo o spot culturale. Senza un vero cambiamento l'Italia si potrebbe ritrovare sempre più su posizioni di "provincia" rispetto all'Europa e all'Altrove emergente.

I Beni Culturali oggi in Italia, per superare la crisi, necessitano di un allargamento di visione transculturale e translinguistico, che può divenire incremento di Turismo e di Economia, per lo spettacolo della cultura che vuole una narrazione e fruizione "a tutto campo" della sua storia, per divenire presente e futuro dei Beni Culturali.


VITALDO CONTE



 

L'Università Made in Italy, tra baroni e talenti che fuggono all'estero e s'incazzano: intervista a Mary Blindflowers

*M. A. Pinna - o Mary Blindflowers (dopo il suo trasferimento- da alcuni anni a Londra, prima a Roma e originaria della Sardegna), è nota scrittrice italiana, sperimentale, promotrice con altri del cosiddetto Destrutturalismo di matrice surrealistica e più generale prossimo alla grande letteratura di certo Novecento d'avanguardia o semplicemente eretico  e  perturbante. Cura il blog Destrutturalismo e dintorni, significatamente segnalato e evidenziato tra i migliori blog letterari e culturali italiani nel recentissimo Premio Guido Gozzano, tra i piu autorevoli e seri ( rispetto a certo andazzo ben noto in certa casta culturale maggiore o anche minore- territoriale- con Premi per cosi dire già predefiniti.  specie di gioco delle 3/4 carte  tra editori e autori, anche i maggiori; con una metafora, anche una sorta di trottola calcinculo... scrittori (e editori rappresentanti) che si alternano tra le giurie e i vincitori...).  L'autrice vanta già diverse pubblicazioni (anche sociologa e criminiloga) tra saggi (Picacismo simbolico, Bastogi), romanzi (anche canovacci teatrali, Mr. Yod non può morire, ecc.), raccolte poetiche varie, ultimamente per NETtaget editore di Cosimo Dino-Guida, nuova casa editrice controculturale emergente (l'editore già noto giornalista, scrittore e di matrice anche teatrale- con registi noti e la stessa M. Melato) ad esempio  Fiori Ciechi e il libro corrosivo con gli stessi Fremmy e Peretti, Cucina di rabbia e poesia: destrutturalismo con forti accenti anche neosiituazionisti e neodada. Figura anche nel collatteneo , Urfuturismo (Al di là della destra e della sinistra eBook version), 2014,  a c. di chi scrive  e S.  Giovannini, accanto a scrittori e filosofi di fama nazionale quali (tra altri) Pierfranco Bruni (del MIBACT), Luca Calselli, Riccardo Campa, Giuseppe Casale,, Seconda Carta, Graziano Cecchini, Mimmo Centonze, Vitaldo Conte, Daco, Zairo Ferrante, Antonio Fiore, Luca Gallesi, Miroslava Hajek, Giuseppe Manias, Paolo Melandri, Giancarla Parisi,Antonio Saccoccio, Giovanni Sessa, Luca Siniscalco,Stefano Vaj.  E' già stata spesso segnalata da autorevoli blog, da testata varie, quali La Notiziah24, Roma, Blasting News oltre a Transfuturismo e Asino Rosso 3.0 dell'avanguardia neofuturista o futurdada.  Nello specifico l'abbiamo intervistata su un ancora tabù della cultura italiana. Come sempre più segnalano le cronache, anche l'Università in Italia è  parzialmente una casta, inquinata da virus e malware, a volte ai limiti dei confini legali, con anche giovani talenti sfruttati culturalmente da diversamente accademici sterili dal punto di vista creativo. ad esempio.  Ecco in generale, una domanda secca e neocinica (Onfroy o lo stesso Baudrillard, lo stesso Debord) e la risposta della scrittrice, che certamente evoca per la costante azione culturale e contro..  il carattere e la personalità e la libertà coraggiosa della stessa Oriana Fallaci, tanto per intenderci!


D-  Maria Antonietta Pinna...  a volte anche a livello universitario, narrano le cronache, episodi quantomeno strani...?

R -  L'Università italiana è una pubblica bettola in cui degli osti travestiti da baroni o baroni travestiti da osti, fate voi, servono vino riciclato e remixato. Stanno lì, dietro quel bancone pesante per vari ordini di motivi, ultimo dei quali il merito. Ovviamente il vino non lo fanno gli osti-baroni con le loro mani candide e mollicce da burocrati, lo fanno gli avventori che pagano e studiano dentro la bettola. Quelli più bravi, figli di nessuno, pigiano l'uva, la fanno fermentare e poi per potersi laureare nella pubblica bettola mettono il loro vinello dentro belle bottiglie di vetro trasparente e immacolato che verranno collocate nella cantina dell'osteria. Gli osti più furbi ogni tanto scendono in cantina mischiano vari tipi di vini dei figli di nessuno e mixando, tagliando, spostando, copiando, incollando, fanno il loro vino personale, ci mettono sopra l'etichetta col loro nome e con il nome dei loro pupilli sempre figli di qualcuno. Così l'Ateneo campa e i nobili porci si distinguono dai poveri plebei. Complessivamente la carriera di un oste-barone si compone di numerosissimi vini "personali" creati ad hoc dal mixaggio dei vini dei plebei più bravi, e così nasce la cultura con la c maiuscola, quella accademica, incontestabile, quella che accede agli archivi senza problemi, che può maneggiare documenti antichi senza permessi di nessun tipo in qualsiasi dipartimento, quella che conta, attinge alla cantina e ringrazia nomi celebri legati alla politica. Poi se gli osti-baroni non riescono a commercializzare il loro vino riciclato da soli, non c'è problema, ci pensa l'università che coi soldi pubblici dei figli di nessuno che pagano le tasse, finanzia la commercializzazione e diffusione del loro buon vinello copia e incolla presso vari EAP.

Gli osti-baroni con la puzza sotto al naso vantano così etichette a non finire, poi si organizzano tutti compatti tra di loro, si associano, vantano chi 40 chi 60 chi 100 tipi di vinelli diversi commercializzati, opportunamente riciclati e propinati ai nuovi clienti-studenti.

Ovviamente tutti gli osti odiano i cani sciolti che passano davanti alla porta dell'osteria, alzano la gamba, fanno ciò che è giusto, e se ne vanno per la loro strada scrivendo magari che so, storielle, raccontini...


INFO

http://controcomunebuonsenso.blogspot.it/

http://it.blastingnews.com/cultura-spettacoli/2016/01/da-londra-con-furore-mary-blindflowers-00720399.html


giovedì 7 gennaio 2016

Colonia, la notte dei diversamente cristalli uccelli?


IL GIORNALE


Quando la Boldrini lodava Colonia: "Qui vincono accoglienza e lungimiranza"

La Boldrini non grida contro le barbarie degli immigrati. Anzi, a ottobre, twittava: "A Colonia vincono accoglienza e lungimiranza". E brindava al sindaco Reker che oggi ha scaricato le colpe della molestie sessuali sulle donne




La Germania è piombata nello choc più nero. E, dopo una violenta e barbara notte di Capodanno, il terrore si è tirato dietro la rabbia sorda e una ridda di polemiche che travolgono il governo buonista di Angela Merkel il sindaco di Colonia Henriette Reker.
Le aggressioni denunciate da 90 donne mostrano una Germania e, più in generale, un'Europa indifesa davanti alle violenze di un manipolo di immigrati. Eppure, non più di un mese fa, il presidente della Camera Laura Boldrini brindava a Colonia, città dove "vincono accoglienza e lungimiranza". Quel tweet, datato 18 ottobre 2015, suona oggi come un triste presagio
In Germania il ministro dell'interno Thomas de Maizière ha promesso che i responsabili delle violenze - fino a mille persone, molte delle quali sarebbero immigrati o figli di immigrati tra i 15 e i 35 anni - saranno "puniti indipendentemente dal loro paese d'origine". Si è detto, però, pronto ad affrontare senza indulgenza e "a viso aperto" le implicazioni politiche dell'eventuale scoperta di rifugiati tra gli autori delle aggressioni. Al tempo stesso se l'è duramente presa con la polizia di Colonia per come ha gestito la mandria dei violenti. Perché la colpa va sempre cercata altrove. Guai a incolpare Angela Merkel per aver spalancato le porte del Paese agli immigrati. Guai a puntare il dito contro i burocrati di Bruxelles che da anni coccolano clandestini che non avrebbero diritto a stare dentro i confini dell'area Schengen. Ma, soprattutto, nessuno ha avuto il coraggio di mettere un freno al sindaco Reker che, dopo i tragici fatti di Colonia, si è addirittura spinta a dettare un "codice" di comportamento alle donne invitandole - tra l'altro - a tenere "a un braccio di distanza" gli sconosciuti.
La Reker, accoltellata un giorno prima di essere eletta, è nota per le posizioni favorevoli all'immigrazione. Ma il suo decalogo è suonato come un'inversione della colpa a carico delle donne. Ed è proprio questa sindaca buonista a cui andavano gli auguri e gli elogi della Boldrini non appena è stata eletta. "A Colonia vincono accoglienza e lungimiranza - scriveva il presidente della Camera lo scorso ottobre - buon lavoro alla neo sindaca Henriette Reker, eletta dopo essere stata accoltellata da xenofobo". Un buon augurio, quello della Boldrini, che oggi suona lugubre e tragico. A Colonia l'accoglienza è stata imposta. A Colonia l'accoglienza è stata ricambiata da un migliaio di barbari immigrati con molestie sessuali, violenze verbali, soprusi e rapine. A danno di donne indifese. Nella notte di Capodanno. A Colonia, di sicuro, non ha vinto la lungimiranza. Anzi.

INTER modello Mancini Herrera verso lo scudetto d'inverno

di Benito Guerrazzi

Penultima del girone d'andata per la befana, in serie A.  E l'INTER , nonostante i gufi e davvero troppi-  sbanca anche Empoli, 1-0, goal di Icardi bomber, e sempre in testa. Un solo punto ma una sola giornata ancora e fine dell'andata.  Il vero rischio per l'Inter, piaccia o meno solida e granitica, neocinica come la Grande Inter del mago Herrera, sono certamente la ritrovata JUVENTUS,  con un Dyabala  giovane fuoriclasse e più forte in attacco, con anche lo stesso Zaza e  Mandzuic (ma lo stesso ora fuori forma Moratta).  E magari certe X extracalcio.  I media, come chiunque ha visto nelle varie diversamente domeniche calcistiche per il turno della befana, foraggiano stranamente e alla luce del Sole, l'ottimo ma sopravvalutato Napoli.  Con anche non piacevoli distorsioni sull'Inter stessa; secondo troppi commentatori l'arbitro avrebbe negato due rigori all'Empoli, invece inesistenti, falletti diciamo collaterali in area , altrimenti ogni partita finirebbe ai calci di rigori nei 90 minuti... La Fiorentina stessa, pur in gran forma e gran campionato sicuro, in modi meno plateali potrebbe essere favorità dal prevedibile napoleonismo calcistico mediatico spot dell'attuale premier.  Ma quel che conta sono i fatti. L'inter catenecciara 2.0  è prima in classifica praticamente a metà stagione...

http://www.repubblica.it/sport/calcio/serie-a/2016/01/06/news/empoli-inter_0-1_icardi-gol_i_nerazzurri_conservano_il_primo_posto-130739442/

Ed è ancora Rapallo-Gheist

 
>
> Lo chiamarono Rapallo-Gheist, più noto da noi come Lo Spirito di
> Rapallo.Ed è ancora oggi così. Fu quell'intesa, che aldilà del
> connubio del patto naziovietico del 1939 e dello contro nella Seconda
> Guerra Mondiale, ha visto da allora volare di conserva la Germania e
> la Russia. Una verità ormai consolidata nella storia delle relazioni
> internazionali, nonostante le ricorrenti ed apparenti ragioni di
> dissenso. In altri termini l'eterna alleanza tra tedeschi e russi da
> quando da un lato la famiglia dello zar e dall'altro Lenin i contesero
> i favori di Berlino per uscire dalla tragedia della prima guerra
> mondiale in modi opposti, ma non necessariamente separati,
> nell'economia di un rapporto privilegiato tra due mondi che già in
> passato avevano avuto contatti frequenti. Quando Renzi e la prende con
> la Merkel, ma in Germania i media non hanno dato grande risalto a
> queste esternazioni, si s copre dunque l'acqua calda, con buona pace
> del Presidente del Consiglio, che comunque il merito di aver gettato
> un sasso in piccionaia. Mai come in questi giorni il futuro
> dell'Unione Europea e la sua sicurezza, non solo energetica, sono
> strettamente legate alla stabilizzazione del Mediterraneo, al futuro
> del Medio Oriente e del Nord Africa, Libia soprattutto, e" last, but
> not least", la lotta all'Islam politico radicale, in un momento di
> rinnovate ambizioni della Russia. Renzi ha ancora una volta posto il
> dito nella piaga ed ha messo in evidenza la scarsità di coordinamento
> delle politiche europee, anche a danno di paesi come il nostro: una
> scarsità di coordinamento che risente, in realtà, della grande
> capacità di Berlino di condizionare le istituzioni europee. Ma Renzi
> ha denunciato, forse con maggior decisione di altri in passato, tutta
> l'ipocrisia della Germania, che, in barba alle sanzioni contro Mosca,
> continua a fare affari vantaggiosi con la Russia (in ossequio proprio
> a quell'intramontabile Rapallo-Gheist). E tutto ciò quando all'esterno
> l'Italia viene percepita come la grande amica di Putin. D'altra parte,
> va detto chiaro che lo stesso Renzi non ha potuto non constatare
> quanto comprimario fosse persino Hollande, durante il negoziato della
> Merkel con Putin e l'ucraino Poroshenko. Non basta meravigliarsi ed
> insorgere adesso, infatti, quando il governo italiano ha fatto da
> comparsa nel vertice russo- tedesco di Milano del 2014. Il filo rosso
> tra Berlino e Mosca non si è mai spezzato, né si spezza. A meno che
> Renzi ( e forse tale impressione appare veramente fondata) non abbia
> intuito che l'Italia potrebbe davvero, a margine di questa partnership
> russo-tedesca, riaffermare una mai abbastanza conclamata leadership
> italiana nel Mediterraneo, secondo una tradizione che risale
> all'antico e quindi non solo all'epoca di Mattei, ma addirittura, si
> passi la circostanza, al 1935. Uno scambio di favori, mascherato dalle
> polemiche, tra la linea tedesca a Nord e quella italiana a Sud, con il
> consenso ribadito e ritrovato della Russia di Putin. Un ritorno in
> forze di Roma su quella che un tempo fu chiamata la Quarta Sponda,
> dopo l'infelice esperienza della guerra a Gheddafi, di matrice
> anglofrancese, sarebbe quindi il terminale del processo promosso da
> Renzi. Vedremo.
> Casalino Pierluigi, 21.12.2015