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sabato 7 febbraio 2015
10 ANNI di Fusoradio - Festeggiamo al Fusoradio Carnival Party e ai MEI
Periferica #artisact - Festival di arti digitali e interattive
Redazione by FUSOLAB/ROMA CREATIVA
Periferica #artisact - Festival di arti digitali e interattive
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Le origini della seconda guerra mondiale nella fine della prima guerra mondiale.
Benché Russia e Germania fossero entrambe sconfitte nel 1918, i risultati dell'una e dell'altra disfatta furono assai diversi. La Russia scomparve di vista: il suo governo rivoluzionario, la sua stessa esistenza, furono ignorati dalle potenze vincitrici. La Germania restò invece unita, riconosciuta dai vincitori. La decisione che finì per portare alla seconda guerra mondiale fu presa, per motivi altissimi e delicatissimi, pochi giorni prima della fine della prima guerra: e fu la decisione di concedere l'armistizio al governo tedesco. Questa decisione fu assunta principalmente per motivi militari: l'esercito tedesco era stato battuto sul campo; era in ritirata, ma non era stato né messo in rotta, né distrutto. Gli eserciti francese ed inglese, seppur vittoriosi, erano prossimi all'esaurimento. Era difficile misurare dall'esterno la misura del collasso tedesco. Soltanto Pershing, il comandante in capo delle truppe americane, non temeva i rischi di una nuova campagna: le sue forze erano fresche ed intatte: gli sarebbe spingersi fino a Berlino (circostanza rinvitata solo di 27 anni e che avverrà nel 1945 in condomino con i russi, che peraltro arrivarono per primi nella capitale tedesca), un altro incentivo per il generale a stelle e strisce era poi l'idea che nel 1919 gli americani si sarebbero trovati a reggere il peso maggiore del proseguimento della guerra e avrebbero potuto quindi imporsi agli Alleati quasi nella stessa misura che ai tedeschi, come non avrebbero invece potuto nel 1918. Per le potenze europee, però, questo era un motivo per porre termine al conflitto al più presto possibile. Gli americani, del resto, non avevano concreti scopi bellici, né precise rivendicazioni territoriali da avanzare. Sembrerà paradossale, ma questo li rendeva meno ansiosi di giungere all'armistizio con la Germania: essi volevano solo la resa incondizionata della Germania ed erano intenzionati ad insistere per ottenerla. Anche gli Alleati volevano la la sconfitta della Germania, ma avevano pure urgenti aspirazioni pratiche. Sia la Gran Bretagna che la Francia, infatti, volevano la liberazione del Belgio, mentre i francesi, dal canto loro, volevano la liberazione della Francia nord-orientale, e gli inglesi volevano lo smantellamento della flotta tedesca: tutte cose che si potevano ottenere con un armistizio. Come potevano i due governi giustificare un ulteriore spargimento di sangue di fronte ai loro popoli stanchi della guerra? Ma anche prescindendo da ciò, un armistizio, come lo cercavano i tedeschi, avrebbe soddisfatto le finalità più generali degli stessi Alleati. Questi avevano, infatti, sempre dichiarato di non volere la distruzione della Germania: essi avevano combattuto per dimostrare ai tedeschi che una guerra d'aggressione non si può vincere. Ora la dimostrazione c'era. Ovvio che per gli Alleati, ma anche per i generali tedeschi la Germania era stata battuta; solo più tardi ci sia accorse che la cosa era meno ovvia per il popolo tedesco. Ma nel 1918 sembrava che il popolo tedesco avesse dato anch'esso il proprio contributo perché la guerra finisse. gli Alleati avevano in genere dichiarato, se pur non compatta unanimità, cdi combattere contro l'imperatore tedesco e i suoi consiglieri militari e non contro il popolo tedesco: adesso la Germania era divenuta una monarchia costituzionale, e prima della fine del conflitto, diventò una repubblica, con un governo democratico, che riconosceva la sconfitta ed era pronto a cedere tutte le conquiste tedesche ed accettava come base per una pace futura i principi idealistici del presidente americano Wilson. Principi che anche gli Alleati, se pur a malincuore, accettavano con due riserve. Tutto quindi deponeva a favore dell'armistizio, e poco contro. L'armistizio fu più che una cessazione del fuoco. Le sue clausole furono accuratamente formulate in modo che la Germania non potesse riprendere il conflitto. Su queste ed altre successive vicende si tornerà in altra occasione, significando comunque che le origini della seconda guerra mondiale vanno lette assolutamente in quei momenti.
Casalino Pierluigi, 7.02.2015
Casalino Pierluigi, 7.02.2015
venerdì 6 febbraio 2015
Anniversario del poeta Robert Brasillach
Pierfranco Bruni
Il 6 febbraio di 70 anni fa veniva ucciso il poeta Robert BrasillachNel Settantesimo dell'uccisione la poesia diventa la luce di generazioni che amano la coerenzaRobert Brasillach, a 70 anni dalla morte, (Perpignan, 31 marzo 1909 - Forte di Montrouge, 6 febbraio 1945) ha una voce che si fa inquietudine e armonia. Si fa rapimento esistenziale e superamento di qualsiasi disperazione. Poetica dell'attesa della rivelazione pur fortemente consapevole dell'innocenza in un destino che accomuna sacrificio e fede.
Una poesia che si raccoglie in una parola che sembra dettata come preghiera e si canta come se fosse una recita di rosario. Si tratta di una poetica, quella di Brasillach, che ha due punti di riferimento letterari ma anche due espressioni ontologiche. Nel 1990 nella mia monografia dedicata a Brasillach cercai di sottolineare l'importanza del poeta e dello scrittore attraverso l'armonia della fede e della grazia.Poesia della tensione ma anche della distinzione. Poesia del conforto ma anche della fede. E' un cantico non dell'esperienza ma un poema unico battuto sulla corda di una religiosità quotidiana. Dopo i romanzi e dopo la costruzione di alcuni straordinari e riusciti personaggi che raccontano avventure (da René e Florence a Fabrizio e Caterina dalle voci del tempo al gioco dei colori, da Giovanna D'Arco a Virgilio), dopo il dramma e il destino (che ha coinvolto Brasillach stesso in un comune destino con i suoi stessi personaggi) di quella stagione in cui la giovinezza era saper correre senza timore nella vita e nei sogni e in cui la giovinezza non era soltanto "una primavera di bellezza" ma l'ancoraggio ad un tempo che supera la storia e si fa appunto avventura e destino la poesia, come parola in versi e come poetica dell'essere o come poesia-vita, è riconquista del cuore dell'uomo.Tutto ci parla e sul piano letterario affiora il poeta che sa del destino della poesia, che sa del destino del linguaggio che raggiunge le epoche nascoste e sa catturare i segreti. Appunto nelle ultime pagine poetiche Brasillach affida tutto alla parola. La parola stessa "scavata" nel cuore e nell'animo diventa la sola compagna del suo destino. E' una poetica della distinzione perché in essa la parola non è soltanto uno strumento di comunicazione ma è soprattutto l'anima di un pensare che oltre la cronaca, oltre la tragedia, oltre la morte la rivelazione esiste. E la poesia si fa segno premonitore, gesto risolutore, superamento della realtà.Al di là c'è sempre qualcosa che va oltre. E la poesia per Brasillach disegna la poetica non solo dell'attesa e siglando la voce del destino prepara non l'angoscia del domani ma la serenità del dopo. Brasillach non soffre con i suoi fantasmi: dai morti di febbraio al canto di Andrea Chènier, dai personaggi del Vangelo ad egli stesso personaggio. Ma è come se giocasse senza ritualità, senza nascondersi ma raccontandosi come avviene nei passaggi di Spoon River di Lee Masters.Proprio per questo è piuttosto una poesia della riconciliazione che sembra sottoscrivere un testamento sia esistenziale che spirituale. Un testamento di fede. Si pensi ai versi di "Getsemani". La metafora del tradimento inquieta Brasillach. Ma ciò che trionfa è la figura di Lazzaro: "Tutto è possibile quando Voi volete, Signore./Il catenaccio viene tirato sulla soglia della prigione,/Il fucile s'abbassa davanti al bersaglio,/I morti già pianti escono dal sepolcro".Brasillach sa guardare la morte in faccia e senza timore ci lascia la sua "accettazione". Ecco, tra l'altro, è una poesia dell'accettazione. Mai della disperazione. E il linguaggio dei suoi versi è sofferto sul piano espressivo perché ondeggia tra la recita e il diario. Versi raccolti come un diario. O un diario raccontato in versi. Ma la poesia è una lunga tensione tra la vita e l'attesa e riesce ad assorbire la straordinaria manifestazione di un incontro, che non è mai cortocircuito. L'attesa-speranza di Brasillach.Sempre nel gioco infinito (e indissolubile) del tempo-memoria. Un tempo che non cancella i ricordi nel quotidiano ma i ricordi stessi si fanno metafora del sempre in quella metafisica del tempo che è rivelazione di una comunione che solo la poesia può partecipare e rendere vivibile. Tasselli di un mosaico che colorano il presente. Ma esiste il presente della poesia?Esiste, invece, il viandante della poesia che approda non solo ai porti ungarettiani ma che riesce anche ad ancorarsi nel mare d'altura perché ciò è sublime, in tutto questo, non è la meditazione dell'atto poetico o la poesia stessa, bensì la contemplazione. Il poeta vive di dettagli, anzi la poesia è un dettaglio tra i ritagli di un incontro e tra lo sguardo della poesia e l'anima del poeta.Nostalgia e riconciliazione sono, dunque, un ritornare al tempo primordiale dopo aver camminato tra le pareti di un labirinto. Nostalgia – tempo. Riconcialiazione – speranza.
Marco Vannini presenta Lucetta Scaraffia: “Due in una carne”
Marco Vannini presenta
Sarà la storica e giornalista Lucetta Scaraffia, con il suo intervento "Due in una carne", la protagonista del quinto appuntamento con il percorso interdisciplinare "Incontri con la spiritualità" che si terrà martedì 10 febbraio alle 17.30 presso la chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini (via Faenza 43, Firenze). L'iniziativa è organizzata dall'associazione Sintagma, l'Istituto Lorenzo de Medici di Firenze, l'Unicef, con la collaborazione del Quartiere 1 del Comune di Firenze. |
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