giovedì 14 agosto 2014

Yuliya , poesia, (A)more Principi di Indipendenza



Yuliya O. Corrao Murdasova
(A)more
Principi di Indipendenza
Edizioni La Carmelina 2014


COM'E' NATA LA PASSIONE PER LA SCRITTURA?


Credo la la passione per la scrittura sia nata con me. Ricordo ancora quando tornai per la prima volta in Ucraina dopo tanti anni e mi misi a rovistare tra i ricordi dell'infanzia: fu cosi che trovai con grande sorpresa dei quaderni con i racconti e poesie in ucraino e sinceramente neanche ricordavo di aver iniziato a scrivere cosi 'prematuramente', a 6-7 anni circa. Niente di che, solo pensieri e fiabe, osservavo tanto e con l'immaginazione rielaboravo il tutto. La passione per i viaggi deriva da mio nonno paterno Vitale e da mio padre Aleksej, per questo quando ero piccola ogni viaggio per me era uno spettacolo di cui io facevo parte, nonostante in realtà erano viaggi 'per necessità'. Pian piano la scrittura è diventata un 'bisogno', la necessità di imprimere su carta ciò che mi si presentava agli occhi, la realtà variegata di Paesi diversi.
La scrittura è diventato un modo di parlare, di sfogarmi, di 'mettere i puntini sulle i' senza essere interrotta, senza essere giudicata.
Adesso è una parte di me della quale non riesco a far a meno, soprattutto quando viaggio.
Il bisogno di scrivere nasce dalle situazioni meno favorevoli, ma sono quelle che portano con sè tanta creatività e anche positività. Da quando mi sono trasferita a Padova, la città mi ha offerto tanti scenari e ogni passeggiata si trasforma in un'opera.
D'altra parte, durante i viaggi la mia scrittura si trasforma e prende la forma di un'intervista: mi piace conoscere i posti più particolari e tradizionali e sono quelli in cui si incontrano anime che hanno più da dire, persone che ti fanno vedere alcuni lati della vita in modo diverso. In questo senso la scrittura diventa ricerca.
Diciamo che ci sono vari tipi di scrittura che fanno parte di me.




QUAL E' LA TUA "FORMAZIONE" COME SCRITTRICE?


Ho iniziato a partecipare a vari concorsi letterari sin dalle elementari vincere uno regionale in Calabria in seconda media. Così, iniziai a partecipare ad altri concorsi regionali e nazionali. Per me era una sfida, era un modo per misurarmi con gli altri, imparare da loro e migliorare il mio stile; vedere a che punto potevo arrivare e se ciò che scrivevo poteva 'servire a qualcosa'.
Nel 2010 inaspettatamente sono arrivata finalista con un racconto al concorso nazionale multimediale
www.scrivoanchio.it. Il concorso, alla sua prima edizione, mi ha offerto l'opportunità concreta di entrare in relazione con altri giovani aventi la mia stessa passione. Eravamo i 20 finalisti di tutte le regioni vincitori di uno stage in Puglia di circa una settimana durante la quale, oltre a conoscere i posti meravigliosi della regione, abbiamo discusso e ricevuto ottimi consigli da alcuni scrittori, poeti e giornalisti regionali e nazionali. La parte più importante per me è stata conoscere giovani aventi una base culturale molto forte, molto preparati in molti ambini e con punti di vista diversi ma racchiusi dalla stessa voglia di comunicare, dire qualcosa, scrivere. Ci siamo trovati 'capiti' subito e con alcuni è nata persino un'amicizia che dura tuttora.
Iniziai anche a scrivere alcuni articoli e poesie sul giornale del mio liceo: uno dei miei sogni da bambina era quello di diventare una giornalista. E' un cammino difficile... un giorno, forse, lo realizzerò...Oppure in un'altra vita.
Da lì poi ho partecipato e vinto altri concorsi nazionali come le due edizioni di "Dire Giovani Dire Futuro" con racconti e poesie.
I concorsi secondo me servono molto per crescere artisticamente. Sono una sfida con se stessi e oltretutto ti mettono a confronto con altre persone. E dalle persone si impara molto.



PERCHE' SCRIVERE UN LIBRO DI POESIA NEL 2014?


Perché la poesia necessita lavoro mentale, preparazione culturale, apertura mentale sia da parte dello scrittore che del lettore. Non dà sempre un messaggio immediato e concreto, ha diverse interpretazioni. A mio avviso nel 2014 non sono pochi coloro i quali sono disabituati a riflettere, a soffermarsi, a 'spremere le meningi'.
Scrivere le poesie nel 2014 è quasi correre un'alea. Sono pochi gli scrittori che 'si spogliano' davanti ai lettori, e capisco questa sorta di timore. Ma nonostrante questo bisogna dedicare più tempo all'esercizio della poesia. Essa deve contenere non l'essenza personale, ma deve essere utile alla società.
In questo momento della mia vita ho sentito una forte necessità di terminare la raccolta e pubblicarla proprio adesso.
Nella raccolta
"(A)more. Principio di Indipendenza" ci sono poesie del 'periodo calabrese', dedicate alla terra e alle persone che mi hanno arricchito positivamente e negativamente; ci sono altre dedicate al mio amato Veneto, quelle scritte durante i vari viaggi e ovviamente quelle che si ispirano alle mie origini e all'attuale situazione in Ucraina. Col senno di poi posso dire che questa raccolta rappresenta una sorta di 'climax discendente': una lotta, una sfida, un'avventura.




A CHI TI ISPIRI?

Non c'è un solo scrittore o giornalista o poeta al quale mi ispiro, ma ci sono tante qualità di artisti diversi che mi hanno ispirato e insegnato molto. La lotta per la verità di Oriana Fallaci e Anna Politkovskaja, la ricerca del 'sottosuolo' umano di Dostoevskij, l'amore per la terra e per le origini di Taras Hrihorovich Shevcenko (scrittore,poeta e pittore ucraino) sono solo alcuni che maggiormente mi hanno ispirato e smosso l'anima in questi anni.
Sono molteplici le persone, poi, che mi ispirano e influenzano ciò che scrivo. Credo che il mondo sia un grande palcoscenico di personalità e situazioni che meritano di essere rappresentate nelle loro diverse sfumature.



TU SEI UCRAINA CHE VIVE IN ITALIA, ANCHE SENZA PRENDERE UNA POSIZIONE

PRECISA, COSA PENSI DI QUELLO CHE STA AVVENENDO NELLA TUA TERRA

D'ORIGINE?, SIA A LIVELLO SOCIALE CHE CULTURALE?


E' una situazione molto complessa e in costante instabilità. Non si può parlare dell'attuale situazione senza far riferimento alla storia passata, anche solo quella della fine dell'URSS e dei primi presidenti ucraini come Kravcuk e Kucma. Consiglio in tal senso un libro di Simone Attilio Bellezza "Ucraina. Insorgere per la democrazia" che descrive alcuni passaggi fondamentali della storia ucraina per arrivare a quella attuale del nuovo presidente Poroshenko.
Purtroppo ciò che ha da sempre caratterizzato il mio Paese è la forte instabilità, politia e sociale, e come ben sappiamo da essa dipende l'economia. Ciò che il popolo ucraino ha sempre temuto è proprio questa instabilità. Dalla situazione di instabilità più evidente, ovvero quella iniziata a novembre con l'Euromaidan, e da un'arma molto potente quale risulta essere
la propaganda e la provocazione politico - culturale, l'Ucraina si è maggiormente divisa ed è stata illegalmente invasa dall'esercito russo.
In me prevalgono le ragioni del cuore, delle radici, della famiglia: io sono per metà siberiana e gran parte della mia famiglia è a Mosca. In questa situazione io mi trovo in mezzo a due fuochi, in mezzo all'amore per entrambe 'le mie Patrie'.
Tuttavia io credo nell'indipendenza come principio, come valore, come base dell'esistenza umana. In questo senso vedo e ho visto sempre la mia Ucraina soffocata da diversi poteri, interessi e dalla corruzione e il popolo ne ha sempre pagato le conseguenze e uno dei prezzi più cari è l'emigrazione, l'esilio.
Mi sembra evidente che sia in atto nuovamente la
russificazione: una tendenza formatasi durante i vari zar (maggiormente con Nicola I e la russificazione della Polonia e Galizia, ovvero l'odierna parte occidentale dell'Ucraina), portata avanti durante l'URSS e diventata tipica del carattere russo. Essa consiste nell'adozione forzata della lingua e cultura russa da parte di comunità non russe. Inoltre, ciò che sta avvenendo, a mio avviso, è la 'ricostrituzione dell'Impero russo': l'Ucraina è solo un tassello.
Desidero soltanto l'indipendenza che l'Ucraina si merita come ogni Stato - indipendenza culturale e politica. All'interno del Paese la questione della lingua è molto sentita e in questa offensiva è stata usata come arma di istigazione. La lingua e la cultura devono essere tutelate, sia l'ucraino che il russo e il tataro perché costituiscono la grande storia di un paese slavo come l'Ucraina. Ma ciò che sta accadendo è totalmente inacettabile: è in atto lo smantellamento di un grande territorio pieno di ricchezze.
La situazione sociale è ancora più grave di quel che si vede. L'esercito ucraino è formato anche da uomini e giovani ragazzi , alcuni reclutati all'ultimo minuto: questo significa che ogni donna ucraina può perdere da un giorno all'altro (letteralmente) un figlio, un marito, un nipote.
Gli atti terroristici sono in grande espansione, secondo ciò che leggo e ciò che mi dicono i famigliari. Se prima la parte occidentale e la più nazionalista (L'viv, Ternopil, Luz'k) era considerata una parte 'protetta' perchè costituita prevalentemente da ucraini, adesso risulta essere molto pericolosa perché è nel mirino dei cosiddetti 'provocatori' anti-ucraini.
La mia è una situazione la mia che trovo difficile spiegare a parole. Ho il terrore di non rivedere per molto tempo la mia Terra, la mia famiglia, i luoghi cari. Spero di riuscire ad andare il prima possibile e vedere con i miei occhi la situazione, nonostante il rischio.


COSA TI ASPETTI DA QUESTA AVVENTURA?


Tutto questo è una novità per me e come in ogni avventura le cose positive arrivano quando meno te lo aspetti, è una scoperta e una soddisfazione quotidiana, è un cammino e le sorprese sono dietro l'angolo.
Spero che quest'avventura mi dia la possibilità di arrivare ad un vasto numero di persone e, chissà, magari anche all'estero, in Ucraina e in Russia. Spero sia un buon inizio per continuare a comunicare e ad informare.


Links:
[1] http://www.scrivoanchio.it/

Fibre ottiche e futuro 3.0

Meteoweb Cosa accade quando un raggio laser penetra nella nebbia? La luce si diffonde in tutte le direzioni propagandosi rapidamente un po' come l'acqua all'interno di una spugna. Tuttavia, in specifiche condizioni, può avvenire un fenomeno noto come localizzazione di Anderson, in base al quale la normale diffusione delle onde è inibita dalla presenza di un forte disordine (come una nebbia molto densa) che le "spinge" e le "confina" in una zona abbastanza limitata, come la pallina di un flipper che rimbalza in tutte le direzioni, ma non esce dal biliardino. Quando questo accade il fascio laser può essere localizzato e intrappolato formando punti estremamente luminosi e concentrati. Sfruttando questo fenomeno, un team di ricerca internazionale ha sviluppato un nuovo tipo di fibra ottica (una linea di trasmissione simile a quella che porta il segnale internet nelle case), in cui viene creata una via di fuga per la luce intrappolata, che segue il percorso desiderato e rimanendo concentrata, invece di diffondere in tutte le direzioni. Questa tecnica apre importanti prospettive per le applicazioni dei laser nelle telecomunicazioni (tecnologie fotoniche, quantistiche) e in medicina per la chirurgia laser. Lo studio, condotto dall'Istituto dei sistemi complessi (Isc-Cnr) e dall'Istituto per i processi fisico chimici (Ipcf-Cnr) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in collaborazione con l'Istituto Italiano di Tecnologia, il Dipartimento di Fisica della Sapienza, e l'Università del Wisconsin è stato appena pubblicato sulla rivista "Nature Communications". "Abbiamo sviluppato un nuovo tipo di fibra che può trasportare in principio più informazione rispetto alle fibre ottiche convenzionali – spiega Marco Leonetti del laboratorio di Fotonica dell'Istituto dei sistemi complessi Cnr presso il Dipartimento di Fisica della Sapienza – La fibra è formata da tubi di un materiale simile alla comune plastica disposti in maniera disordinata, come una manciata di fiammiferi o di spaghetti all'interno di una scatola". I segnali luminosi che viaggiano su queste linee di trasmissione portano più informazioni rispetto alle fibre ottiche convenzionali in cui soltanto un canale spaziale di luce attraversa la fibra. L'interno disordinato della fibra fa sì che, per effetto del fenomeno della localizzazione di Anderson, il raggio di luce venga bloccato in spazi piccolissimi, dove rimane intrappolato. A questo punto i ricercatori, grazie a un modulatore di luce spaziale, sono riusciti a concentrare la luce e a controllare la forma del fascio luminoso. La focalizzazione ottenuta attraverso la localizzazione di Anderson e il modulatore permetterà in pratica di fabbricare una nuova generazione di fibre per tecnologie altamente sofisticate.
"In chirurgia, si può utilizzare una fibra ottica per trasportare un fascio laser e realizzare tagli molto precisi, uniti a un effetto coagulante – spiega Claudio Conti, direttore dell'Istituto dei sistemi complessi del Cnr – Il taglio è tanto più preciso, quanto più la luce è focalizzata, e le nuove fibre potrebbero migliorare la precisione di questo bisturi laser". "Nel campo delle telecomunicazioni le fibre consentirebbero di trasmettere più segnali nella stessa linea di trasmissione utilizzando i diversi canali spaziali creati al loro interno dalla forma disordinata", conclude Conti.

Ferrara, Maratttin ricorda l'intellettuale libero G. Inzerillo


Nuova Ferrara di LUIGI MARATTIN*
La prima volta che ho sentito il nome di Giuseppe Inzerillo





avevo 15 anni, ed ero con un centinaio di studenti in manifestazione sotto le finestre del Provveditorato agli Studi, in Via Madama. Tutti urlavano il suo nome, contestandolo; mi avevano detto che era il simbolo della conservazione scolastica, e allora iniziai anch'io a urlargli contro. Non mi pento di quelle cose. Se a 15 anni non lasci sfogare - anche in modo irrazionale - quella fiamma di impegno civile che ti senti dentro, poi più tardi non avrai neanche quella maturità necessaria per comprendere, tra le altre cose, qualche sciocchezza che urlavi. Quella mattina accettò di incontrare una delegazione di studenti. Salii anch'io, e lo vidi per la prima volta. Mi colpii quell'espressione che aveva perennemente dipinta sul viso: a metà tra il divertito, l'ironico e il furbo, quell'espressione che solo i siciliani sanno avere. Ci fece parlare, e ci ascoltò dall'inizio alla fine. Ma ciò non impedì di identificarlo col "nemico" di cui avevamo ed avevo tanto bisogno. Quella mattina mi iscrissi al sindacato studentesco, e cominciai il mio percorso di impegno; col passare degli anni, ebbi sempre maggiori occasioni di confrontarmi con lui. Prima da coordinatore del sindacato studentesco, poi da rappresentante d'istituto del liceo Roiti e infine da Presidente della Consulta Studentesca Provinciale, le occasioni di incontro erano molto frequenti. Ci conoscemmo a fondo. Litigavamo spesso. Nel suo ufficio spesso perdevo la pazienza, e lo accusavo di tutti i ritardi che la scuola italiana aveva in quegli anni. Lui mi guardava, e rispondeva sempre con calma, e sempre prendendola alla larga, in quel modo in cui solo i siciliani sanno parlare. Col passare del tempo però il mio "nemico" mi incuriosiva sempre di più.
Mi incuriosiva quell'intellettuale dalla cultura enciclopedica che da giovane socialista rivoluzionario si divertiva ora a passare per un vecchio conservatore. Con me si definiva sempre un "passatista rivoluzionario". Lo invitai a parlare ad un'assemblea di istituto del Roiti, attirandomi gli strali di alcuni insegnanti perennemente in lotta (che tanti danni hanno fatto alla scuola e al Paese) che mi dicevano che il movimento studentesco non poteva confrontarsi col nemico. Il nostro dissidio più grande - che gli rinfacciavo pubblicamente ad ogni occasione e che lui non ha mai dimenticato - verteva sulla sua convinzione che la scuola doveva servire a insegnare a «leggere, scrivere e far di conto».
Io ero (e sono) convinto che doveva fare di più, che doveva formare cittadini di questa Repubblica. Solo col passare dei decenni ho capito che avevamo ragione entrambi, ma lui più di me: se la scuola non fornisce una solida, solidissima preparazione di base, allora tutto quello che si costruisce sopra (compreso l'essere cittadini) è un castello di carte che crolla al primo colpo di vento. Senza basi solide, si arriva dritti alla cultura formatasi via internet, a suon di blog.
Dopo l'esame di maturità e col passare degli anni, i miei rapporti col Provveditore si ridussero in quantità, ma si elevarono in qualità. Lo incontravo per caso in piazza, mentre passeggiava con quel sul fare lento e rilassato come solo i siciliani sanno riflettere. Le nostre conversazioni non duravano mai più di pochi minuti, ma erano sempre intense e ricche. Non ha perso mai di vista il mio percorso graduale di impegno nella politica locale, e commentava con me le notizie che leggeva sui giornali. Nel 1999 rimase sconvolto dal caso di un politico che, una volta scaduto il suo mandato, pretendeva una collocazione presso un'azienda pubblica: voleva quella che si occupava di trasporti, ma sarebbe andata bene anche quella di diritto allo studio. Inzerillo mi guardò con gli occhi stralunati e mi disse: «ma ti sembrano due mestieri equivalenti? Come si fa a scegliere per le aziende pubbliche degli amministratori indipendentemente dalle loro competenze, e solo perché hanno bisogno di un lavoro?». Chissà, forse ancor oggi qualche funzionario di partito più giovane di lui di mezzo secolo (ma solo anagraficamente) bollerebbe una frase del genere come "bieca anti politica" o come "modo per distruggere l'unità del partito".
Continuavamo ad essere in disaccordo su molte cose, ma parlare con lui era un raro piacere della mente. Quando sono diventato assessore, mi è venuto a trovare un paio di volte. Sempre in corrispondenza di momenti complicati, ma sempre un attimo dopo, per non essere troppo indiscreto, esibendo quel garbo ed eleganza che solo i siciliani sanno avere. Nel mio ufficio abbiamo parlato a lungo, e di tutto. In entrambe le occasioni mi ha portato un libro, ma mi regalava molto di più: il piacere di parlare con un uomo che non apriva mai la bocca a caso, mai. Come solo i siciliani sanno fare.
L'ultima volta che l'ho visto è stato qualche mese fa, sempre in piazza. Aveva promesso di venirmi a trovare in autunno.
Eppure io La aspetto ancora, Provveditore. Per insegnarmi l'ultima grande lezione. Che anche chi a 15 anni ti sembra un nemico, può diventare un pezzo importante della tua formazione. Di quelli che non si dimenticano.
. *Assessore al bilancio
del Comune di Ferrara

mercoledì 13 agosto 2014

Welcame Fotonica

Meteoweb
Fa passi avanti il radar fotonico, proposto dal Cnit (Consorzio Nazionale per l'Ingegneria delle Telecomunicazioni) e dall'Istituto Tecip (Tecnologie della Comunicazione, dell'Informazione, della Percezione) della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, che potrà garantire sorveglianza tanto al mare quanto al cielo. L'azienda italiana di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) Gem elettronica, uno dei leader a livello internazionale nel settore dei radar di navigazione e di controllo costiero, guarda all'innovazione e punta sull'avanguardia che arriva dalla ricerca in Toscana, dove è stato sviluppato di recente il primo prototipo di radar fotonico, che può garantire più sicurezza del controllo aereo e marittimno e maggiore efficacia, potendo gestire in tranquillità un traffico particolarmente elevato. Il prototipo di radar fotonico è stato portato nei laboratori di Gem elettronica per essere sottoposto agli stessi test detti "di caratterizzazione" a cui vengono sottoposti i prodotti dell'azienda, utilizzando strumenti e tecniche all'avanguardia. In un secondo momento, il radar fotonico è stato affiancato a uno dei radar di punta di GEM elettronica, il "SeaEagle", per sorvegliare il traffico nel porto di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) in modo da dare vita a un confronto diretto.

La tecnologia fotonica sviluppata dai ricercatori del Cnit e del Tecip della Scuola Superiore Sant'Anna, coordinati dalla ricercatrice Antonella Bogoni, si presenta come molto promettente nel campo radar "perché permette – come spiega Francesco Laghezza che, insieme a Filippo Scotti e Giovanni Serafino ha contribuito a sviluppare il radar fotonico e ha partecipato ai test di San Benedetto del Tronto – di realizzare un sistema radar con capacità di generare forme d'onda radar su più bande di frequenza, anche in maniera simultanea, raggiungendo altissimi valori di frequenze con prestazioni che restano inalterate". "Ed è proprio questa capacità di lavorare come radar multifrequenza per svolgere in maniera simultanea diversi tipi di sorveglianza, ovvero la capacità di lavorare come tanti radar 'eterogenei' racchiusi nella stessa macchina e che possono cambiare caratteristiche con estrema flessibilità, a rendere il radar fotonico un sistema davvero innovativo e potente". Tuttavia, quando i ricercatori hanno intuito le potenzialità delle tecnologie fotoniche e hanno cominciato a sviluppare il radar conseguente, la sfida più rilevante è apparsa subito la progettazione del "cuore fotonico", in modo tale da sfruttare soltanto i benefici della luce garantendo flessibilità di utilizzo, senza però degradare la precisione di ogni singolo utilizzo radar racchiusa nella macchina rispetto alla precisione dei migliori prodotti radar presenti sul mercato, ottenuti tramite tecnologie elettroniche convenzionali.

Oggi questa sfida appare vinta, grazie anche ai test condotti insieme a Gem elettronica. Nei mesi scorsi, i primi test compiuti all'aeroporto di Pisa, al porto di Livorno e all'Istituto Vallauri dell'Accademia Navale di Livorno, avevano lasciato ben sperare, ma ora grazie a Gem elettronica e al suo radar "SeaEagle" -nel suo genere rappresenta il top sul mercato – è stato possibile dimostrare "con assoluta certezza che il radar fotonico, nel singolo utilizzo, cioè ad una singola frequenza, regge il confronto con la punta di diamante dei prodotti in commercio. I test di San Benedetto del Tronto hanno dimostrato che il radar fotonico è in grado di vedere bene quanto il potente "SeaEagle", ma grazie alla luce adesso è possibile prevedere lo sviluppo di un nuovo radar che non sia più soltanto un' "aquila del mare", ma uno "stormo di aquile" con gli occhi puntati in più direzioni e con diverse finalità, ma tutte impegnate per una sorveglianza sicura e attenta del mare e del cielo. Gem elettronica, dal canto suo, ha dichiarato di essere rimasta del tutto soddisfatta dei test e di voler continuare questa collaborazione.


Ferrara, su certo Islam, il vescovo più evoluto della casta rossa


Farà la sua apparizione domani, 14 agosto, il manifesto affisso sulla facciata dell'Arcidiocesi di Ferrara per mostrare la vicinanza della curia ferrarese ai cristiani perseguitati in Iraq. Un'iniziativa promossa a livello nazionale dalla Cei e che ha subito trovato l'adesione dell'arivescovo Luigi Negri, che già nelle settimane scorsa non aveva nascosto la propria opinione sulle atrocità commesse dall'Isis, comparandole alla Shoah subita dagli ebrei durante i regimi nazifascisti.

"L'esposizione sulla casa del vostro Vescovo, casa di tutto il nostro popolo cristiano di Ferrara-Comacchio, vuole dire pubblicamente che l'Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio si sente una cosa sola con questi nostri fratelli e sorelle che portano nel loro corpo e nella loro anima le ferite della passione e della morte del Signore". Il marchio esposto sui muri dell'Arcidiocesi raffigurerà "l'iniziale della parola "Nassarah" ("Nazzareno"), il termine con cui il Corano individua i seguaci di Gesù di Nazareth e che viene imposto dalle milizie dell'autoproclamatosi califfo al-Baghdadi agli infedeli-cristiani, per i quali non c'è posto nello Stato islamico dell'Iraq e del Levante a meno che si convertano, soggiacciano a una speciale tassazione, subiscano la devastazione dei loro antichi luoghi di culto e la confisca dei beni".

Il simbolo sui muri della diocesi resterà anche per tutto il 15 agosto, giorno in cui le diocesi italiane si riuniranno in preghiera per i cristiani in Medio Oriente. "Mentre ci prepariamo – afferma il vescovo Negri – alla giornata di preghiera perché torni la pace – o meglio sarebbe dire perchè il Signore Gesù Cristo faccia un miracolo, per il quale umanamente parlando non si intravedono possibilità, neanche minime – vorrei che per tutta la Diocesi fosse vero quello che il Papa Francesco ha più volte richiamato, ossia che non sia soltanto un "dire" preghiere, ma sia un pregare con la totalità della vita e dell'intelligenza del cuore. Sia, soprattutto, una richiesta di perdono a Lui poiché la nostra vita di cristiani occidentali è gravemente colpevole nel senso della responsabilità nei confronti di quanto sta accadendo".

Una responsabilità che Negri non imputa alle politiche estere ed economiche portate avanti negli ultimi decenni dalle potenze mondiali, ma più che altro a un eccesso di diplomazia. "Questa responsabilità – spiega infatti Negri – si esprime con un'ingenuità a dir poco patologica. Si deve parlare di dialogo, certamente sì, ma lo si deve e lo si può fare solo se esso porta con se la consapevolezza della propria identità e della complessità dell'interlocutore in questione. In ogni caso il dialogo non può essere perseguito ad ogni costo e non può rappresentare assolutamente una forma di dimissione della presenza cristiana nel Medio Oriente. Noi tutti dovremmo desiderare di essere là con loro, per rinforzare la presenza anche numerica dei cristiani in luoghi dove da duemila anni la Chiesa e i cristiani sono presenti e perseguitati".

"Preghiamo – conclude Negri – affinché il Signore ci renda capaci di instaurare e perseguire un dialogo intelligente e non una resa senza condizioni, e preghiamo anche affinché il Signore ci conceda di aiutare positivamente non solo a fermare la fuga di migliaia e migliaia di nostri fratelli e sorelle, colpevoli solo di essere cristiani come i primi martiri ma, per quanto sarà possibile, rafforzare la loro presenza che non possiamo non considerare un contributo essenziale al Bene Comune dell'intera Umanità. Questo è il modo autentico di pregare per la pace che è dono di Cristo Risorto: "La Pace sia con voi". Il resto finisce per essere solo un vaniloquio. La Chiesa non ha bisogno di vaniloqui e, per quanto mi risulta, neanche Dio".