PENSARE LA POLITICA OVVERO IL SENSO OGGI DI UNA RIFLESSIONE ANTICA

Si è sempre detto che a tavola come nel commercio non si parla mai di politica e di religione. Una massima fatta propria soprattutto dagli inglesi che della democrazia moderna sono gli inventori, naturalmente riprendendo l'antica intuizione dei Greci che è alla base della più avanzata tradizione di convivenza in opposizione al dispotismo. La conseguenza è che nel tempo la politica è apparsa come una palestra di idee e di passioni civili. Le cose purtroppo sono cambiate e la politica ha perso il suo ruolo pubblico nel senso che ne è stata marginalizzata la vocazione insopprimibile a partecipare, riducendola al silenzio. in tal caso si è fatta strada l'anti-politica e la demagogia, se non addirittura disprezzo della politica, circostanza pericolosa nella generale confusione in cui versa l'Occidente. Il dovere, quindi, di pensare alla politica è stato relegato in secondo piano, con la complicità degli stessi politici, attori sempre più sbiaditi agli occhi della pubblica opinione. Fin dall'Antica Grecia, l'agire insieme in vista di scopi comuni, nel contesto del primato dell'intelligenza e della ragione, è stato il leit-motiv della politica. Così ancora oggi Tucidide, Erodoto, Polibio e Machiavelli ci parlano con la potenza del loro lascito culturale. Non essere un politico spesso di chiede al politico, ma senza lo scaldarsi del cuore e dell'intelligenza la politica langue sotto il peso arido della tecnica e della pubblicità. Eppure esiste una straordinaria continuità dei problemi fondamentali della politica dall'età dei Greci. con le tensioni della modernità, tra il concetto positivo di libertà come partecipazione e quello negativo che vede il cittadino come un consumatore. Anche per tale motivo si rende necessario ripensare la politica, per non smarrire il suo antico messaggio, ma soprattutto per riscoprire l'esigenza di una riflessione che sola può condurre la società umana al suo miglior destino.
Casalino Pierluigi