FUTURO E CLASSICITA'

In più occasioni, anche recenti, si è avuto modo di esaltare il primato della classicità nella ricerca di un mondo migliore, un mondo dove la logica e l'intelligenza regnino sovrane. Una considerazione, quest'ultima, che si aggiunge a molte altre. Anche quella che ci ricorda l'atteggiamento descritto nell'Odissea di Omero verso lo straniero che si presenta alla nostra porta: un atteggiamento che punta a preparare una cena per lui, metterlo a suo agio e da ultimo chiedergli chi è e da dove viene, qual'è la sua storia, qual'è il suo segreto destino che lo ha condotto ai mostri lidi. Si tratta di un atteggiamento che ritroviamo anche nell'Eneide di Virgilio, soprattutto nel celebre invito della regina Didone ad Enea a raccontare la sua tribolata vicenda. Non è solo una questione di studio di lingue morte, come spesso si dice impropriamente e senza cognizione di causa, dato che comunque queste due lingue morte sono il seme della modernità anche con la precisione delle loro regole e l'eccelsa costruzione grammaticale, sintattica e terminologica (un pari lascito, segnato peraltro da molti contribuiti delle nostre lingue classiche - contributi che in genere non si conoscono- è quello della lingua araba classica, per fare un esempio), oltre del fatto di essere tuttora veicolo di cultura e di scienza. Una cosa soprattutto ci insegnano le lingue classiche e il loro insuperabile patrimonio: ad essere vivi con il loro perenne messaggio critico e creativo e più ancora a spostare in avanti il limite del tempo attraverso l'arte e a comprendere un mondo che ci circonda e come sia evoluto o involuto a partire da quella scintilla di intelligenza. E a metterci davvero nei panni della Storia e a scrivere un futuro ricco di speranza.
Casalino Pierluigi