mercoledì 18 ottobre 2017

17 10 2017-1917 Rivoluzione d'Ottobre 100?

di R. Guerra


Ieri  17-10 (almeno noi ci ricordiamo cosi fino a pochi anni fa..) era la data almeno simbolica  del centenario della rivoluzione d'ottobre del compagno Lenin che ha condizionato nel bene e nel male il Novecento intero e tutt'oggi sul piano psicosociale e intellettuale, nonostante la fine del comunismo storico e di quell'utopia. Abbiamo aspettato a scrivere su questa non banale ricorrenza in quanto proprio ieri siamo rimasti assai perplessi. Non abbiamo notato incredibilmente particolare attenzione sulla memoria dell'evento nei media italiani, tanto meno in Google News, almeno nelle principali segnalazioni.  Immaginiamo qualcosa nei residui giornali tardocomunisti tipo Il Manifesto, forse qualcosina sui principali media italiani, ma questo centenario della rivoluzione d'ottobre sembra scomparso dalla storia!

Visti i tempi e magari certe teorie relativamente fantastoriche  ci è venuto in mente Matrix. Possibile che la matrice sia già in corso e quindi tutto si spiega?  Scherzi (relativamente a parte) la rivoluzione d'ottobre fu l'anno zero di una grande utopia modernista: il divenire storico ha dimostrato impietosamente il fallimento dell'utopia marxista e poi leninista e del cosiddetto Uomo Nuovo socialista, il grande sogno proletario.  Ma come Gesù Cristo c'entra poco con l'Inquisizione e la storia reale della Chiesa di Roma, tutt'oggi anche una diversamente Fake News, tale banale criterio storico vale anche per Marx e molti protagonisti dell'utopia comunista (parzialmente anche lo stesso Lenin che guidò in primis la rivoluzione ma scomparse appena pochi anni dopo, 1924, dando via libera alla degenerazione irriversibile di Giuseppe Stalin, come noto). 

Questa banale riflessione storica vale anche e di più in certo senso per le avanguardie russe cubofuturiste, suprematiste, costruttiviste artistiche (Majakowski, Tatlin, Malevic, Esenin e tanti altri) che rivoluzionarono l'arte e in questo caso, pur macchina anche politica consapevole e dichiarata,  in genere senza alcuna degenerazione.

E anche per certo progresso scientifico e culturale, indubbio, dalla celebre astornautica russa , ma anche a discipline nuove culturali come la linguistica e la cibernetica e la stessa semiotica, Sluckin e Lotman ad esempio a parte lo Sputnik, Ciolkowsky e certo almeno sotterraneo Cosmismo russo...

Non ultimo, nel divenire storico a suo tempo contemporaneo e poi successivo fino al duemila quasi, il socialismo cosiddetto scientifico e poi metapolitico e insomma sempre utopico di tanti altri esegeti e intellettuali e artisti  progressisti, resta memoria rivoluzionaria,  sempre registro di sistema in sé per qualsivoglia ipotesi di neoprogressismo 2.0, ovviamente svincolato per sempre da qualsivoglia nostalgia del comunismo storico.

Come abbiamo anche scritto in alcuni saggi (Divenire 4 Superare l'Umanimo, Autori Vari, a cura di R. Campa e l'AIT;  Gramsci 2017, Armando editore, 2014, ecc.)  certa analisi psicosociale, diversamente antropologica, tecnologica o cibernetica ante litteram di Marx e i suoi migliori in certo modo diretto o laterale "seguaci") l'utopia socialista resta tutt'oggi propulsiva in quanto anche incompiuta per qualsiasi ipotesi di società (si intenda bene e letteralmente) società postcapitalista  evoluta e progressista appunto dell'età informatica e tecnoscientifica attuale in definizione.

Ritornando al punto di partenza mediatico  che ha rimosso, riassumendo, il centenario della rivoluzione d'ottobre, anziché Matrix, viene da pensare a cause comunque sorprendenti (si veda anche link laterale di Repubblica del giugno scorso):  a parte il fatto anche della data più o meno storica reale (novembre! e non ottobre,  secondo il calendario giuliano in vigore all'epoca in Russia,  26-27 ottobre), per vie anche criptiche  la rivoluzione d'ottobre è diventata politicamente scorretta in quanto certo zeitgeist del tempo , in nome poi di certo Umanesimo d'accatto sostenibile o paradossale ecoluddista tacito - ché poi certo misconosciuto Totalitarismo attuale finanziocratico.., odia il progresso e il futuro? Il nostro tempo è già defuturizzato ai confini persino della realtà?

Dante nella scuola e nel mondo tra Occidente e mondo Arabo per capire la storia contemporanea attraverso la letteratura di Pierfranco Bruni

 

Dante nella scuola e nel mondo tra Occidente e mondo Arabo per capire la storia contemporanea attraverso la letteratura

 

 

di Pierfranco Bruni

 

 

 

In un tempo di scontri tra mondo Arabo e Occidente rileggere Dante significa percorrere le identità e le appartenenze due culture. Quella prettamente Occidentale  che trova in Dante un punto di riferimento e quella del mondo Arabo e mediterraneo che è vitale in quel Medioevo che trova Dante confrontarsi con la storia dei Musulmani. È anche su questa "Idea" che bisogna scavare per vivere il tempo degli Occidenti e degli Orienti nei quali ci troviamo a vivere. Rientra in un tale pensiero proporre Dante attraverso la lettura di alcuni autori del Novecento. Il lavoro che abbiamo svolto in un percorso di studio in Cartella apre prospettive interpretative nuove.

Dante Alighieri tra Medioevo e il contemporaneo.  Un Dante dentro la Commedia, ma anche oltre. quell'oltre che è un viaggio nella sua modernità non smarrendo la tradizione. Ogni età ha la sua "Commedia". Ovvero la lettura di un Dante che ha le cifre di un'esistenza dentro gli archetipi e i parametri che si vivono in una griglia simbolica.

Bisogna sempre più rivolgersi al mondo della scuola e aprire una "finestra" sul ruolo e la trasformazione della lingua proprio attraverso il concetto di lingua "volgare" e il destino del personaggi che vive nella figura di Beatrice.

Nel  Dante di Cosimo Fornaro nella sua "Costellazione Dante" (un testo che risale al 1989) c'è lo scavo nella "costellazione" tra i dubbi e le maschere.
Ci sono maschere pirandelliane e ci sono maschere che portano alla virtù giapponese. Ma la maschera è la traduzione della danza nel gioco triste degli accampamenti achei e nel silenzioso camminamento religioso delle chiese.

Dante è l'Occidente, nel quale riesce a catturare Omero e Virgilio e le stelle della cristianità in un viaggio ancestrale nella cultura islamica di un Mediterraneo diffuso. Ma resta, fino in fondo, Occidente. La lettura di Renè Guenon, nel suo esoterico Dante, è affascinante perché va oltre la "lectura" e inserisce in una "costellazione" la visione sia della storia che del tempo nel cerchio di una magia che è sacra ma non religiosamente appesa alla cristianità.
C'è un Dante che nel suo pellegrinaggio attraversa la cristianità? Didone e Ulisse (Virgilio e Omero) non sono nel mistero cristiano. Sono il mito che si fa mistero. La prova di questa visione è nella dimensione di una contemporaneità grazie alla quale è possibile leggere quella "Commedia" che nasce tra le sponde di una "vita nova" in cui Beatrice è immaginario mariano e non maddeleniano.
Sembra azzardato un tale percorso ma l'esoterismo, di cui parla Guenon e la Zambrano oltre che è riscontrabile nella "luce" di Eliade e Zolla è vitale nel concetto di un "iniziato ai misteri". Iniziato ai misteri non è Agostino ma Omero sì perché non conosce ancora l'inquieta certezza del cristianesimo. Il dubbio pascaliano è nella profezia di Virgilio. Ma Dante resta Occidente.


Cosimo Fornaro nella sua "Costellazione Dante" aveva proposta una lettura dentro un Occidente che ha come frontiera comunicante, divisoria e includente sia il concetto di storia sia quello di tempo sia quello di mistero. Il sufismo è una chiave di lettura altra della "Divina Commedia" ma questo discorso implica una complicità di meticciato tra Dante e khayyam.
Tra i poeti "della nostalgia" dantesca c'è il Pascoli della "Minerva" in un illuminato bisogno di uno strato escatologico che ha un rinvio alle fonti musulmane.
Maria Zambrano, mutuando questa lettura, insiste sulle "fonti musulmane dell'escatologia della 'Divina Commedia'" ma colloca tutta la formazione di Dante in un esilio abitato tra i confini di Occidente ed Oriente. Una comunanza che ci porta ad una lettura di un Dante fratello maggiore di Juan de la Cruz. Il gioco non è teologico ma marcatamente poetico ed è un incastro tra luce e tenebre.

È normale che leggere Dante, anche all'interno della scuola italiana, significa rileggere il Dante sia di Boccaccio che di Machiavelli. Due testi che restano re centrali tra poetica e politica.


La figura di Santa Lucia è una prospettiva quasi alchemica ma in Omero c'è alchimia: non si spiegherebbe diversamente la figura di Calipso come c'è alchimia nel Virgilio che lascia tra le fiamme Didone, le stesse fiamme che si lascia alle spalle Enea.

Ma Dante propone una morale ed è quella morale teologica e non poetica perché la poesia non ha bisogno né di una etica né di una morale ma di una grazia o di una trasformazione del mito in un mistero nel quale la luce e la pesantezza, come diceva Simone Weil, sono le due forze regnanti nell'universo. Ma la Weil si inoltra nella grazia senza usare metafore.
Dante ha bisogno delle Grazie perché ha bisogno di "utilizzare" i processi per capire la storia dentro il tempo. Perché tutto questo? Perché Dante è Occidente.

Ecco, allora l'ermetico – alchemico – esoterico di Guenon al quale, non volendo, fa riferimento anche il Pascoli della poesia "L'Immortalità" o il Cardarelli che mutua Dante da Leopardi. C'è sempre una discesa agli Inferi che però condurrà (Zambrano) verso l'aurora. Ciò è nel Dante del "Convivio" ma soprattutto nella presenza di Beatrice, Donna – Maria e non Donna – Eva.
Tutto ha una sua impalcatura antropologica: la colpa, il peccato, la superbia, l'umiltà. Condanne o non condanne? Sono processi in una cultura. La letteratura dell'Occidente ha ben incarnato le tre vie occidentali di Dante: la grecità, la latinità, la cristianità. Ma in una lettura mediterranea, tra Zambrano e Guenon, Dante diventa universo. Così in Pascoli, nel testo di Tobino e nello studio di Formaro.


                                                                                            



Mary Blindflowers nel Catalogo Ali peri l XI centenario di Bologna: il secondo articolo "Tra Incanta Bess e letteratura carnevalesca "

info blog web

http://asinorossoferrara.blogspot.com


 

Questo il secondo articolo a firma Mary Blindflowers nel Catalogo ALI 

Tra Incanta Bess e letteratura carnevalesca (p. 103-107), in Vivere la Città IX Centenario del Comune di Bologna, a cura di Marco Fiori e Marzio Dall'Acqua, Annuario Ali 2017


La buona cultura e il

valore della memoria

Poesie fredde1

Scrivo poesie fredde

Fritta che nie in cabu in cabu e' sa die2

antichimeriche a doppio sfondo

e piccolo metafondo di gelomende

Pagu melósa3,

qualcosa di orrendorrende, che rende?

molzende mézus immentigare, cabos de fune,

trincendhe,

limbi longa!4

niente a cui la parola si sovrapponga,

cappi lenti mai imitativi,

imperfetti, non diagnosticati

da critici allineati semprevivi

Macchìnes!5

mai certificati da alienodotti dottorati,

Ivvilida!6

versi semplicemente dimenticati

in cui non ci si annida…

Immentigados!

E tando bae a tribagliare!7

Lavorare,

ma la voce di tanto in tanto può sbagliare?

Cos'è l'identità… concetto oltremodo sfuggente e aleatorio in una società globalizzata e globalizzante disabituata al lento, agli infraspazi atemporali che consentano la rappresentazione del Sé collettivo ed individuale caratteristico. Identità, come dice la parola stessa, "identifica", memorizza folklore e colori, tradizioni popolari, letterarie-artistico-culturali comuni ad un popolo. L'identità non si confonde con l'esclusivismo, con l'egoismo concentrazionario di chi vorrebbe associarla arbitrariamente all'esclusione razzista dell'altro, del diverso, del differente per linguaggio, cultura, atteggiamento spirituale, espressione creativa, etc. L'identità è un'alchimia che va preservata perché riesce magicamente a identificare accogliendo e distinguendo, salvandoci dall'appiattimento per professare l'uguaglianza nella diversità.

"Siamo tutti uguali" è un'espressione cedevole, populista e incompleta, frutto di una vistosa quanto galoppante tendenza all'unificazione dei popoli friabili in una pentola d'oblio. Indossiamo vestiti fatti in serie, ci nutriamo di tecnologia in parte utile in parte alienante, consumiamo cibi industriali di dubbio gusto, siamo uguali, certo, come polli da batteria, numeri da business, compratori compulsivi di felicità in pillole. Cosa ci distingue veramente gli uni dagli altri? L'identità, quella stessa identità che ci permette di apprezzare la diversità nella tolleranza e soprattutto di ricordare.

Un popolo senza memoria vive nel nulla.

La salvaguardia della propria lingua originaria, dunque, lungi dall'essere un'operazione di chiusura intellettuale, si prefigura come atto d'amore, una mnemo-tecnica creativa che non esclude curiosità nei confronti di altre culture, ma soprattutto non assume atteggiamenti di snobismo intellettuale.

A questo proposito riporto le testuali parole di un articolo che ho letto di recente e di cui cito la parte iniziale:

Provate a chiedere a un avvocato, a un medico, a un ingegnere o

anche a un pubblicitario di dirvi quali siano i poeti italiani di età

compresa tra i settanta e i quarant'anni che apprezzano di più. È

 abbastanza facile che molti tra gli intervistati non saprebbero che

 cosa dire, quali nomi fare. Potrete obiettare che si tratta di un test

 del tutto empirico, a cui sono ammesse numerose eccezioni. D'ac-

     cordo, è così. Ma è probabile che, ripetendo l'esperimento, si avreb-

   be alla fine l'impressione che i poeti italiani contemporanei, anche

quelli con un percorso più solido, fuori dall'ambito stretto di chi

scrive poesia, di chi la legge e la studia per passione o per lavoro,

siano poco conosciuti, anche tra persone di buona cultura8.

Lo scrivente annovera tra le persone colte che potrebbero interessarsi di poesia, avvocati, pubblicitari, medici, ingegneri e affini, escludendo tutte le altre categorie sociali, dando per scontato che la cultura sia una prerogativa borghese. Un errore grossolano.

Cosa significa infatti avere una buona cultura?

Grazia Deledda, la famosa scrittrice sarda Premio Nobel per la letteratura, non era né un medico né un avvocato, lo stesso si può dire di Gavino Ledda che in Padre padrone, un libro destinato a restare nella storia della letteratura italiana, racconta la sua vita da pastore-bambino, non da ingegnere:

«Saprò fare di lui un ottimo pastore, capace di produrre latte, for-

maggio e carne. Lui non deve studiare. Ora deve pensare a crescere.

Quando sarà grande la quinta elementare la farà come fanno molti

prima di arruolarsi. Lo studio è roba da ricchi: quello è per i leoni,

                          e noi non siamo che agnelli»…

Io me ne stavo lì, paralizzato, davanti alla lavagna, come se quel di-

                        scorso mi avesse inchiodato i piedi alla predella…

Ripassammo subito davanti alla scuola. Tanti pensieri mi turbinava-

no nella mente in quel momento. Ma io non ero più un alunno. Ero

un pastore. E il somaro, nel suo trotto, lasciava indietro la scuola

   con i compagni che mi ero impresso nella mente. Io, rivoltato indie-

tro guardavo la scuola dalla groppa del somaro il cui passo me la

      faceva vedere tremolante, quasi fosse ancora scossa dal terremoto del

                          discorso…9

E che direbbero gli apologeti della cultura classista di un certo signore di nome Marino Piazza, noto soprattutto in provincia di Bologna e di Modena, che amava definirsi poeta contadino?

Che penserebbero degli incanta bess e delle loro zirudelle, in dialetto bolognese zirudèla, versi ottonari con rima baciata?

In G. Ungarelli è scritto che la zirudèla era un:

Componimento particolare del dialetto bolognese, che un tempo si

faceva esclusivamente per rallegrare le cerimonie nuziali presso le

famiglie dei campagnoli; e, per quanto ne riferisce la tradizione,

veniva recitato o cantato dai narcisi, che si accompagnavano colla

ghironda, antico strumento musicale ancora in uso nel secolo de-

corso. Epperò dai diminutivi ghirondella o girondella è venuto il

nome di un componimento che, come la ghironda, rigira sopra sé

                          stesso, ripetendo alla fine di ogni strofa la prima parola10

Le zirudelle inizialmente venivano tramandate oralmente anche da autori analfabeti ma dotati di grande ingegno. Soltanto nel XVIII secolo tali componimenti iniziarono ad essere fissati sulla carta.

A questo punto mi chiedo che penserebbero i radical chic di quel Giulio Cesare Croce, (San Giovanni in Persiceto, 12 marzo 1550 – Bologna,1º gennaio 1609), che faceva il cantastorie autodidatta e raccontava le sue storie per mercati, corti, fiere e case patrizie, avendo l'ardire di morire in povertà?

Egli non entrò mai nei circuiti culturali dei letterati della sua epoca perché il suo genio e le sue motivazioni nascevano "dal basso" e non si sottomise ad un padrone o mecenate che dettasse le regole del suo carnevale.

Croce produsse più di 600 opere nel suo stile carnevalesco e sagace, alternando in modo geniale la lingua italiana a diversi dialetti, tra i quali il dialetto bolognese e il dialetto bergamasco, esaltando nelle Astutie di Bertoldo, l'ingegno contadino, rovescio della superficiale bellezza dei narcisi:

Prima, era costui picciolo di persona, il suo capo era grosso e tondo

come un pallone, […] l'orecchie asinine, la bocca grande e alquanto

storta, con il labro di sotto pendente a guisa di cavallo, […] con tre

                         overo quattro gosci sotto la gola […]

                         Insomma costui era tutto il roverso di Narciso…

                         Mentr'egli visse e fu Bertoldo detto,

                         Fu grato al Re; morì con aspri duoli

                         Per non poter mangiar rape e fagiuoli.

Identità è dunque soprattutto non dimenticare, coltivare la memoria, capire, evitare i facili trabocchetti della retorica classista omologante delle coscienze e delle menti.

Chi ha memoria difficilmente tende ad escludere, a snobbare, ama la propria cultura e si apre a quella degli altri, senza atteggiamenti di superiorità, perché sa che ogni tradizione nasce, cresce e si sviluppa secondo un percorso culturale differente e prezioso che occorre capire e indagare con umiltà prima di giudicare superficialmente con la lente del pregiudizio di classe.

https://antichecuriosita.co.uk/2017/10/06/tra-incanta-bess-e-letteratura-carnevalesca-parte-i/

Ferrara, Tiemme ebook a cura di R. Roversi: libri religiosamente scorretti

iNFO WEB BLOG

Asino Rosso

Scienza e Futuro


Nuove chicche per le edizioni libri digitali eBook di/da Ferrara, Tiemme a cura del critico e scrittore e giornalista Riccardo Roversi, specializzata in classici e classici moderni, di ampiezza e rilevanza nazionale. Un paio di libri elettronici da inquisizione, con una iperbole, spendidi esempi del futuro anteriore eretico:

ovvero

Il Prepuzio di Cristo: Narrazione critico-storica della reliquia preziosissima del santissimo Prepuzio di N.S. Gesù Cristo   di Anonimo
..........
Chi pensasse che solo Calcata, minuscolo comune viterbese sulla valle del Treja, abbia il privilegio di possedere il Santissimo Prepuzio del Signore, peccherebbe di ingenuità. Come per infinite altre reliquie ci troviamo di fronte a una proliferazione condita spesso da frodi e rivalità. Sono ben otto, infatti, i Prepuzi autenticati dalla Chiesa Cattolica ad essere oggetto di culto. Essi si trovano (o si trovavano) a Clermont, a Chalons-sur-Marne, a Charroux, ad Anversa, a Puy en Velay, a Filtescheim, a Coulumbs e a San Giovanni in Laterano (quello che poi venne recuperato a Calcata) e sono stati (e forse in parte lo sono tuttora) oggetto di ampia e profonda devozione e adorazione.
info
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E l'ancor più diversamente iconoclastico
Gesù Cristo non è mai esistito: Di Gesù Cristo la storia non ha prove  di Emilio Bossi (Autore)
........
Di Gesù Cristo - persona reale, essere umano - la storia non ci ha conservato nessun documento, nessuna prova, nessuna dimostrazione. Egli non ha scritto nulla. Anche Socrate non scrisse nulla, insegnando solo oralmente. Ma fra Cristo e Socrate vi sono tre differenze capitali: la prima è che Socrate non disse nulla che non fosse razionale o umano, mentre Cristo insegnò molto di miracoloso; la seconda è che Socrate passò alla storia come persona naturale, laddove Cristo fu ed è conosciuto come soprannaturale; la terza è che Socrate ebbe per discepoli persone storiche garanti della sua esistenza - quali Senofonte, Aristippo, Euclide, Fedone, Platone… - mentre dei discepoli di Cristo nessuno è conosciuto se non attraverso i documenti sospetti della fede, come il loro Maestro.
Info
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INFO
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Cassonetti a calotta, bar e ristoranti fanno appello alla Lega | estense.com Ferrara

Cassonetti a calotta, bar e ristoranti fanno appello alla Lega | estense.com Ferrara: di Cecilia Gallotta Erano già diverse settimane che il tema dei cassonetti a calotta aleggiava anche fra le mura della Lega Nord, che finora non l'ha 'affrontato in modo diretto', come afferma il segretario comunale Nicola Lodi, se non appoggiando il consigliere Rendine per le sue iniziative. Ma l'occasione è arrivata presto con 'l'appello che molti bar e attività di ristorazione ci hanno fatto per andare loro in aiuto a fronte di un problema che non riescono a gestire'. Per constatarlo 'basta andare nelle zone con maggiore concentrazione di attività' secondo Lodi, che si è recato, fra le altre, presso i locali all'angolo tra corso Isonzo e viale Cavour e in via Bologna. 'E' facile dire di usare dieci sacchetti piccoli invece di uno grande – attacca il segretario leghista – che ovviamente non entra nella calotta. Ma considerate che solo una pasticceria produce almeno 60-70 sacchetti da 10 chili al giorno. Immaginate quelli prodotti da un ristorante. Mettersi a differenziare ogni minimo



Nota di B. Guerrazzi    Il principio di realtà commerciale, ristoranti, pub eccetera, smaschera e impatta sulla follia Hera cassonetti Smeraldo come un piccolo asteroide! Sistema totalmente da rivedere non solo per pub e ristoranti.  Ma finora il copione è sempre quello "negazionista" tipico PD local sul degrado ferrarese e migrantico ad esempio in generale... Di più, senza cambiamenti di rotta, il PD local colluso con Hera... rischia in primavera magari con anche l'inverno che non favorisce certo  uscite al freddo per un pattumologo persino complicato...una Ferrara-Napoli diversamente gemellaggio.... ben noto in tema di rifiutologia....