martedì 12 luglio 2016

Ferrara sotto le Stelle by Blasting News

*ESTRATTO

.....di Roby Guerra, by Blasting News

Ferrara città del Pop

La rivoluzione rock e pop non è soltanto un modo di dire in ambito sociale. Che Ferrara, più nota per il Rinascimento e la Metafisica o la letteratura, dall'Ariosto a Bassani e Marcello Simoni, sia da anni e tutt'oggi capitale della musica doc del nostro tempo, segnala con questa dinamica costante segnali verso il futuro molto importanti. Il fenomeno del Festival viene da lontano, quando la città, era del duca rosso sindaco Soffritti, fine secolo '900, con la scommessa di Ferrara città d'arte (le grandi mostre del Palazzo dei Diamanti, Abbado ospite puntuale, il Centro Video Arte per le nuove avanguardie, il restauro delle Mura storiche più belle e ampie d'Europa, oltre 10 km.) appariva in fase propulsiva, avviata verso un secondo e inedito rinascimento moderno.
Nello specifico il Festival fu una grande intuizione dei vari esperti pop Alberto Ronchi e poi Massimo Maisto, anche poi a vertici istituzionali, negli ultimi anni ottimamente curato dagli stessi Paolo Marcolini e Roberto "Bobo" Roversi. Ferrara sotto le Stelle è oggi una tradizione moderna da poter estendere come marketing vincente del nostro tempo per la città, rivitalizzando e ottimizzando, con sguardi "elettronici", anche il suo patrimonio oggettivo storico-culturale.


http://it.blastingnews.com/cultura-spettacoli/2016/06/ferrara-danza-sotto-le-stelle-con-la-musica-elettronica-00971167.html

Ferrara-Italy, rassegna Autori a Corte Ferrara Giardino delle Duchesse: presentazione serata del 12 luglio 2016: il mago scrittore Casanova special guest

Il primo appuntamento ufficiale con la rassegna letteraria Autori a Corte – dopo la parentesi introduttiva tenutasi alla libreria IBS+Libraccio lo scorso 8 luglio – si svolgerà a partire dalle 19:30 di martedì 12 luglio, ospitato nell'ormai consueta location del Giardino delle Duchesse.


I primi ospiti che racconteranno dei loro nuovi libri, editi entrambi dalla casa editrice 'La Carmelina' saranno Lucia Boni, vincitrice lo scorso anno del Premio Niccolini per la narrativa, con il suo "Lembi e le Sette Chiese" – che sarà moderata dalla scrittrice Giorgia Pizzirani, collaboratrice del quotidiano indipendente FerraraItalia – e Silvano Ferrari, con "i culòr dla miè anima" raccolta di poesie in dialetto ferrarese.


Alle 20:30 si passa all'illustrazione: Giuliano Trombini, noto artista ferrarese, moderato dalla curatrice di arte contemporanea Arianna Fornasari. La sua attività artistica ha sempre trovato una favorevole accoglienza tanto in Italia quanto all'Estero, e dagli anni Settanta si dedica unicamente alla sua arte.

Verrà inoltre presentato il fumetto "Maialik", supereroe ispirato al Diabolik, e che riprende l'interiezione nota del linguaggio popolare ferrarese, disegnato e ideato da Alessandro Bersanetti e Dino Marsan.


La serata si concluderà con un ospite d'eccezione: alle 21:30 avremo la possibilità di incontrare il vincitore di più Merlin Awards, illusionista di fama mondiale e noto ai più per le sue numerose apparizioni televisive, prima per spettacoli personali di magia e poi come inviato del programma 'Striscia La Notizia' Antonio Casanova. Recentemente scrive narrativa, iniziando con romanzi per ragazzi, desideroso di scrivere della sua grande passione. L'illusionismo è il protagonista anche del suo ultimo romanzo "Ventuno", distribuito dalla Sperling & Kupfer e presentato durante la serata e moderato dalla giornalista Riccarda Dal Buoni - addetto stampa nel comune di Occhiobello ( in provincia di Rovigo), e inoltre collaboratrice del quotidiano online Ferraraitalia.

Il romanzo è un thriller d'impianto classico, protagonisti sono una strana coppia di poliziotti e una storia d'amore dai risvolti tragici. Il romanzo si apre con una scena da noir: un croupier con un proiettile conficcato in testa, un taxi di notte abbandonato sul ciglio della strada, e un marchio misterioso, e ricollegare il tutto spetterà ad un investigatore dal passato turbolento.



Angela Santomarco
ufficio stampa Autori a Corte 2016
tel. 05321825598
3929452716
 

Mario Soldati l’ho incontrato alla fine degli anni Ottanta Lo scrittore tra la letteratura e il cinema

 

 

Mario Soldati l'ho incontrato alla fine degli anni Ottanta

 Lo scrittore tra la letteratura e il cinema

 di PIerfranco Bruni

 

      Era la fine degli anni Ottanta quando conobbi Mario Soldati. Parlammo di letteratura e di città. Di storie e di presente. La città e i luoghi. Il senso dell'appartenenza e il viaggiare nella memoria. Uno scrittore tra le pieghe dei ricordi. Una Torino "odiosamata" c'è in alcuni romanzi di Mario Soldati. Quella Torino che si presenta con "grandi portici aerati e soleggiati: i negozi ricchi, le insegne dorate, i cristalli scintillanti di cielo: i bei vialoni larghi, lunghi, diritti, all'infinito, con le quattro file parallele dei loro alti alberi, vere colonne vive, cupole fiorite e profumate, che il vento del solstizio, scendendo dalle vicine vette e dai ghiacciai, attraversava vivificante e impetuoso".

      E' la Torino dei ricordi, degli immensi scenari, degli ambienti che si confrontano e si contrastano. Mario Soldati nei suoi libri ha tracciato confronti e contrasti. Le due città. Roma e appunto la sua Torino. E Torino è sempre lì. Nella partita a bocce. Nella stazione. Il mondo politico e culturale. La vitalità. I ritratti del paesaggio. Insomma Torino è storia e formazione in Soldati.

      Non c'è comunque un altro Soldati o un Soldati diverso. E' lo stesso scrittore, che si serve ora e della parola ora delle immagini, nella proiezione del raccontare. E raccontando si racconta come in un viaggio o una scrittura diaristica. E così di seguito nel suo armonizzare i luoghi e le città con le avventure e i personaggi.

        In America, primo amore Mario Soldati scrive: "il primo amore e il primo viaggio son malattie che si somigliano". E', certamente, il messaggio più lapidario che si può cogliere ripercorrendo ora l'itinerario letterario di questo scrittore.

      Tra fantasia e misticismo. Tra il rincorrere la fede come atto di fede e la bellezza nel raccontare, appunto, l'amore, il viaggio, le città, le donne, la vita. Non un mistificatore ma neanche un fantasista. Un creatore di storie e di emozioni nel tempo che dilaga nell'incantesimo di avventure che si fanno sogno.                    

       Mario Soldati è morto a 93 anni (nato nel 1906).  Lo scrittore che ha attraversato la letteratura, il cinema, il viaggio, i luoghi in una rappresentazione non solo metaforica e iconica, come nel racconto delle città, ma soprattutto meta – realista.

      Il moralismo sembra un passaggio obbligato in una condizione esistenziale in cui le contraddizioni non sono soltanto nello svolgersi letterario o cinematografico ma vivono nella quotidianità.

      Nella quotidianità c'era l'ironia. Quell'ironia impastata nel moralismo e nel misticismo. Nel racconto "Il fioretto" del volume L'amico gesuita del 1943 si legge: "Il misticismo ha talmente dominato la sua educazione, che è diventato necessario anche alle funzioni che gli sono opposte". Avanzano quelle genuine e straordinarie e necessarie contraddizioni che sono vitalità in Mario Soldati. Ma il misticismo c'è. E vi resta sino alla fine.

      Era nato a Torino nel 1906. Laureatosi in Lettere va ad insegnare tra gli anni 1929 1931 alla Colombia University di New York. Ritorna in Italia e si dedica al cinema come regista, oltre che soggettista e sceneggiatore, e produce film come: Piccolo mondo antico, Malombra, La provinciale, Fuga in Francia, La mano dello straniero, La donna del fiume e molti altri. Lavora per la televisione e scrive per alcuni giornali.

      Nel 1929 pubblica Salmace e nel 1935, con lo pseudonomo di Franco Pallavera, Ventiquattro ore in uno studio cinematografico. America, primo amore è del 1935, La verità sul caso Motta è del 1941, A cena col Commendatore è del 1950. Nel decennio degli anni Cinquanta vedono la luce Le lettere da Capri del 1954, Il vero Silvestri tre anni dopo e La messa dei villeggianti nel 1959.

      Tre libri importanti che segnano certamente un traguardo ma ci sono libri simbolo che danno il senso della creatività di Mario Soldati. Mi riferisco, in questi già citati, a quello del 1935 e a quello del 1954. Poi sarà la volta de Le due città nel 1964, I racconti del maresciallo del 1967, La sposa americana del 1977, L'incendio del 1981, El paseo de Gracia nel 1987.

      Una ricca produzione che dà la misura dell'intenso ed eclettico lavoro di Soldati. Uno scrittore che riusciva ad essere personaggio tra i personaggi. Sia nel cinema che nella letteratura. E questo intreccio si è consolidato in amore – passione. Un amore – passione fatto di intrighi, di ricercatezza, di sogno, di linguaggio e di gesti.

      Con Soldati, infatti, la parola e l'immagine si ritrovano in una simbiosi straordinaria in cui l'espressione è già nella metafora della parola e la simbologia di un segno è nello sguardo che si fa vita. Si crea così un percorso che è puramente letterario ma che fa evincere quel tratto contradditorio che diventa una vera e propria specificazione nel circuito culturale dello scrittore del regista.

      Scrive Piero Cudini, in un testo di storia della letteratura, che "Soldati ha uno stile scarno, scattante, che rende assai bene il senso, anche, dei nuovi linguaggi novecenteschi: di quello cinematografico innanzitutto".

      In Soldati le contraddizioni non sono assolutamente elementi negativi. Sono quella caratteristica che contraddistingue la fantasia e l'onirismo dello scrittore. I suoi romanzi sono impregnati di ambiguità calata nei personaggi.

      I personaggi sono il tempo dell'esistere e partono quasi tutti da un impulso che porta al moralismo. Il suo confrontarsi costante con il mondo cattolico avvia un processo di chiarificazione tra destino e avventura stessa dei personaggi. Ovvero del

personaggio. Il quale non riesco a vivere o meglio ad esistere senza la sua "dimensionalità contradditoria".

      I riferimenti che si ascoltano in Soldati si possono leggere attraverso questi punti. 

A.   La letteratura che diventa recupero della centralità del personaggio.

B.   Il personaggio che si fa avventura e che trova in Soldati una duplice chiave di interpretazione: nella forma narrativa e nella esplicazione dell'immagine grazie al cinema. Ma già in letteratura il personaggio assumeva la sua

     centralità nella visione di una proiezione prospettica nell'immagine.

C.   Lo spazio del raccontare crea, nella proiezione delle immagini, un raccordare  

     nel tempo di due elementi: il ricordo e la memoria. Soldati racconta come se                  

     vivesse in presa diretta i fatti e in molte occasioni è come se li rivivesse ma 

     alla base c'è sempre il filtro del tempo.

D.   La specificazione dello spazio, anche in una realtà metafisica e metaforica, si 

     concorda con i luoghi. E ci sono i luoghi che restano nella fissazione dei            

     paesaggi e nella descrizione delle città che diventano, paesaggi e città, anche 

     modelli poetici.

      Ma qual è la sintesi fondamentale di queste coordinate? Ci sono due lucide osservazioni critiche che ci danno il metro letterario della posizione di Soldati nel quadro del Novecento.

      La prima è di Giorgio Bassani il quale nel 1966 scriveva: "… anche Soldati ricanta, a suo modo, l'aridità e l'impotenza di una civiltà che è tutta in crisi".

      La seconda è di Giuliano Manacorda del 1972: "Soldati è uno dei pochi in Italia per cui raccontare non significa solo pennellare lente situazioni interiori e per cui romanzo vuol dire svolgimento di una trama, senza per questo rinunciare a una perfetta caratterizzazione psicologica, ma, al contrario di questa facendo la ragione stessa dello sviluppo dell'intreccio".

      Le due città è un libro dalle luci che offrono controluci. Cioè è un libro dell'intesa e delle contrapposizioni. Si veda il contrasto amorevole tra Roma e Torino. Un contrasto che si raccoglie nel narrare e saper narrare, nel raffigurare e saper mostrare gli spazi interni ed esterni, quelli interiori dell'animo e quelli esterni delle città, dei paesaggi, dei luoghi.

      I suoi romanzi si incastonano in questo processo che, come si diceva, trova un suo svolgimento proprio nel rapporto tra vita e letteratura. Soldati ha raccontato la vita e raccontandola ha sottolineato la sua vita, il suo pensiero, il suo squisito romanticismo misto a un decadente realismo.

      In questo raccontarsi i luoghi e i paesaggi sono diventati delle voci fondamentali per una decodificazione dell'atto creativo stesso. Roma e Torino, per esempio, sono una pietra miliare nel vagabondare di una fantasia che si fa tensione lirica, riappropriazione di sentimenti, recupero di codici linguistici e stilistici proprio attraverso quel dialogo tra la parola e l'immagine.

      Proprio per questo resta uno scrittore complesso la cui opera va inquadrata non solo storicamente e criticamente ma va riconsiderata come modello di discussione e di analisi in una letteratura in cui il destino del personaggio ridisegna l'avventura del narrare.

      Ebbene, Soldati ha sempre narrato e lo scrittore non si è mai assentato e non si è mai concesso alcuna licenza sia quando ha fatto il regista sia quando ha raccontato le sue storie.

      Come quel diario dei giorni di guerra pubblicato nel 1947 dal titolo Fuga in Italia dove il racconto diaristico sembra dettato sull'onda di una confessione che riprende l'incantesimo dei ricordi. E' un libro di ricordi ma è anche un libro di forti immagini. E' anche un libro di passioni ideali. In queste passioni ci sono quei sentimenti che lo stesso Soldati definisce: "la dolcezza, la pietà, la malinconia del passato".

      "E' lo scrittore più autobiografico che esista". Ha scritto P. Monelli nel 1965. E poi: "Dicendo di uno scrittore che è tutto autobiografico, non s'intende che si debba prendere i fatti che racconta come oro colato. Ma i ragionamenti, le notazioni psicologiche, le introspezioni quelle sono vere, e genuine".

      Lo scrivere è religiosità. E Soldati questo lo aveva capito benissimo. Anzi ne aveva fatto un monito che usava nelle sue riflessioni e lo usava come testamento. "Uno scrittore, un'artista, non deve forse per la conquista dei propri fantasmi, sacrificare la vita tal e quale il sacerdote e rassegnarsi ad avere mani aride come le sue?".

      In Soldati c'è un costante rincorrere l'armonia del dubbio. Ma questo dubbio diventa inquietudine che serpeggia sotto forma di visione onirica, sotto le vesti dell'ambiguità dei personaggi, sotto le vesti di una educazione cattolica, sotto il segno di una impossibilità del conoscere.

      Lo scrittore resta sempre lì che aspetta. Aspetta le fantasie che si fanno vento. Aspetta i fantasmi che aleggiano, aspetta le visioni che penetrano i sentieri del tempo, dello spazio, dell'essere. Lo scrittore è il navigatore delle lontananze nel presente che è un gioco infinito tra la vita e i ricordi.

      Tra la vita e i ricordi c'è appunto la sua città. O le sue città? Ma direi la sua Torino. Quella Torino che aveva un misto, nel suo sangue, di Toscano. Lui di famiglia piemontese ma di nonno materno Toscano.

      Ha voluto sempre ricordare una Torino "con le sue virtù semplici e quasi risorgimentali, la sua cordialità schietta e immediata, l'attivismo talora un po' strabocchevole, la facilità dei contatti col popolo, in una parola con le sue virtù moderate" così ci dice Ugo Fragapane in un suo saggio. E questa città si intreccia in un modo di vivere che ha sempre contraddistinto uno scrittore dai toni armonici, dai segni precisi, dalla memoria lunga. Una memoria che è appartenenza. Era la fine degli anni Ottanta quando conobbi Mario Soldati.

 

Mostra di giocattoli d'epoca del Teatrino dell'ES a "ARTE IN GIOCO" a Castel Belasi (TN).

 

Teatrino/Teatro dell'Es di Vittorio Zanella e Rita Pasqualini

Spettacoli, laboratori, animazioni, corsi di formazione professionale, mostre, museo, biblioteca,

centro di documentazione, conferenze, ricerche storiografiche, expertise, illustrazione e cartoni animati.

Direzione artistica ed organizzativa di rassegne, festival e stagioni di teatro d'attore e di figura:

burattini, marionette, ombre, pupi e pupazzi.

Sede fiscale ed organizzativa via Pederzana, n�5, 40055 Villanova di Castenaso (Bo).

Tel. e fax (+39) 051/6053078, cell. (+39) 338/2961206

vittorio@teatrinodelles.it rita@teatrinodelles.it www.teatrinodelles.it

domenica 10 luglio 2016

Intelligenza Artificiale e Noir vintage doc recensione de Il Cervello di Donovan di Curt Siodmak (1942!)

 

 

http://www.meteoweb.eu/2016/07/noir-intelligenza-artificiale-recensione-de-cervello-donovan-curt-siodmak-1942/711595/

 

 di R. Guerra


Noir e Intelligenza Artificiale

recensione de Il Cervello di Donovan di Curt Siodmak (1942!)

Oggi anni duemila, gli sviluppi costanti, straordinari e anche se si vuole inquietanti delle Neuroscienze, delle Computer Science, dell'AI (Intelligenza Artificiale) il "Cervello di Donovan" del singolare scrittore Curt Siodmack, romanzo di fantascienza thriller o Noir vintage... del 1942, potrebbe sembrare persino normale e plausibile.  Alla luce in particolare del cosiddetto Mind Up-Loading o della Crionica parziale (il solo Cervello o Testa dell'ibernato), secondo almeno le prospettive futurologiche o transumaniste più radicali.  Nel 1942 (il libro poi apparve soltanto nel 1972 per i gialli Garzanti) furono pagine certamente soprendenti, potenziate dal personaggio stesso dello scrittore, poi anche regista e sceneggiatore  statunitense ma di origine tedesca.  Siodmack  figura anche come operaio attore, uno del cast infinito e clamoroso dell'epoca, per il grandissimo Metropolis di un certo Fritz Lang.  E il romanzo, se attinge certamente anche a classici di certo fantagotico ante litteram, dal Frankenstein di Mary Shelley al Dottor Jackil and Mr. Aids di Stevenson, evoca eccome il capolavoro espressionista del piu celebre regista tedesco. Muore un noto miliardario in un incidente aereo: per un caso, il protagonista scienziato, dislocato in una area remota come medico, è chiamato ai primi vani soccorsi... Il paziente muore, per una serie fortunata di coincidenze, il giovane e ambizioso scienziato che vuole giocare a Dio, riesce a conservare in una specie di contenitore di fortuna il cervello ancora vivente del miliardario e a  celarlo a tutti, ma non a un fidato collega a cui poi svela l'esperimento inaudito chiedendogli di collaborare.  Il medico amico dapprima non ne vuole sapere, prigioniero o  impaurito da dubbi che oggi chiameremmo bioetici: alla fine, nel bene  e nel male, sarà altrettanto protagonista.  L'esperimento, grazie ad altre geniali intuizioni dello scienziato "pazzo" o "rivoluzionario" a seconda dei punti di vista,  è la cronaca stessa e la trama del romanzo che si sviluppa in modulazioni soprendenti e sempre più complesse e affascinanti o  drammatiche. Ad un certo punto, nasce un contatto con la mente-cervello sopravvissuta del miliardario Donovan  che via via condiziona sempre più per via "telepatica" o "psicotronica" lo scienziato:  ben presto, mentre il cervello stesso si sviluppa in modi abnormi e eccezionali ulteriormente, rivelando capacità nuove e mutanti quasi, quest'ultimo perde il controllo se non quando Donovan, il Cervello dorme, sdoppiando la propria personalità ed eseguendo come un automa tutti gli ordini, spesso apparentemente bizzarri ed incredibili, di Donovan, quasi deciso a espiare con  donazioni postume molti soggetti nella sua vita danneggiati e ingannati sempre per soldi, inganni alla base anche della sua carriera come miliardario.  Il romanzo segue poi quel che poi è diventato un copione di certa letteratura superomista e scientistica...   Lo scienziato ad esempio, riesce a sfuggire alla maledizione e al condizionamento sistematico del Cervello, evitando di uccidere la propria compagna e mecenate, spesso  trascurata in nome della scienza,  solo grazie o quasi al sacrificio del più anziano e stimato collega di cui prima, che scopre come  uccidere il Cervello e neutralizzarlo per sempre.    Tutta la dinamica segue scansioni tipicamente noir o giallistiche o persino horror, visto il tipo di esperimento.   Al di là comunque della trama, oggi ovviamente banale, e delle considerazioni bioetiche,  il cosiddetto mind up loading dei transumanisti è in certo senso anticipato nel romanzo neuroavveniristico del 1942 in questione.  Ovvero la possibilià ancora oggi fantascientifica, ma possibile tra qualche decennio o nel prossimo secolo, di raggiungere se non l'immortalità, certamente una seconda vita completamente artificiale, trasferendo, se non persino la sola testa con il cervello con la cosiddetta Crionica (in questo caso, poi, si suppone una tecnologia capace anche di riclonare il corpo ex novo...), semmai il cervello (e quindi anche la mente e la coscienza e la memoria personale della precedente vita) in una specie appunto di download in un supporto digitale avanzatissimo: diventando, in questo caso, l'ex homo sapiens una specie di microcomputer quantico o qualcosa del genere.
Rispetto al romanzo scritto di Siodmack, in chiave digitale l'ipotesi è forse significativa: sempre inquietante per parecchi, ma l'horror del semplice cervello vivente asportato e poi messo in coltura  svanisce probabilmente nella fredda asetticità  delle nuove tecnologie informatiche o bioinformatiche in tal caso.  Sul piano letterario, il romanzo stesso, alla luce del progresso scientifico, appare oggi, concludendo,  probabilmente più bello, apprezzabile ed interessante, proprio per il suo linguaggio, per forza attualmente vintage e "paleoscientifico", colmo di intuizioni sorprendenti.
 


INFO
https://www.amazon.it/cervello-Donovan-Siodmak/dp/B00NFW8P70
https://it.wikipedia.org/wiki/Il_cervello_di_Donovan_(film)
https://it.wikipedia.org/wiki/Curt_Siodmak

http://espresso.repubblica.it/visioni/2014/06/18/news/transumanismo-la-religione-della-silicon-valley-l-articolo-dell-espresso-scelto-per-la-maturita-1.169767