mercoledì 6 luglio 2016

Chiara Bezzo "Le donne del colonnello" NETTarg

*Bel lavoro narrante-storico, attraverso una trama diversamente migrante novecentesca, tra la sempre inedita Libia anche postimperiale, il sud meditteraneo italico, Torino e il Nord e complesse sfumature psicosociali.  Il tutto ricombinato e assemblato in dinamiche esistenziali, tra passione femminile, saga familiare, softerotismo e l'archetipo del Potere patriarcale (R.G).

Tre donne legate da un segreto che segnerà la loro vita, in una vicenda ambientata tra la Calabria degli anni cinquanta, la Libia degli anni d'oro del Colonnello, per giungere alla Torino del nostro tempo e ai campi profughi siciliani.
Luna, Rosa e Selena; la storia della loro vita, e al di sopra di tutto e di tutti lui, il Colonnello, la cui superbia e potenza saranno messe in dubbio a causa di un amore impossibile che condizionerà la vita di una famiglia e di un popolo intero.
Un romanzo facile da leggere e che sa appassionare nel suo viaggio tra la realtà e la fantasia, tra l'amor...


Biografia
Chiara Bezzo Nata a Biella il 9 maggio 1971, è oggi residente a Torino, dove gestisce un'autoscuola.
Ha alle spalle diverse pubblicazioni minori, per la precisione:
nel 2012 la silloge poetica Noemi e stelle minori, con la casa editrice Galassia Arte;
nel 2013 il romanzo Mezzaluna di ghiaccio, con Creativa Edizioni;
nel 2014, sempre con Creativa Edizioni, pubblica il romanzo La Burattinaia.
Vincitrice e premiata
- 2012 per il concorso Donne con la divisa, il racconto Il ritorno del soldato
- 2013 per il concorso Comunque Bella, il racconto Eccetto Anna
- 2014 per il concorso Donne Venute da lontano, il racconto Non cercavo l'America, vincitore anche del Premio speciale indetto dalla città di Rivoli 2015;
- 2015, per il concorso Mamma non mamma, il racconto Fenice D'Ambra
- 2013 ha ottenuto il IV posto nel concorso il Sudore dell'Atleta con il racconto Medaglia di Cenere.
- 2015 ha vinto il concorso indetto dal Museo Nazionale delle Scienze di Torino Le rocce raccontano con il racconto L'uomo che parlava con le pietre.
Gestisce il blog www.chiarapensieri.blogspot.com

INFO
http://www.nettarg.it/autori.asp?cat=3&auth=3

martedì 5 luglio 2016

Il linguaggio sconfitto di Montale, Pasolini, Calvino e del laicismo e la via provvidenziale di Ungaretti, Cardarelli e Pavese di Pierfranco Bruni

 

di Pierfranco Bruni

 

Il coraggio delle idee nella profondità del pensiero pesante e mai leggero: questo è il cammino che dobbiamo proporre alle nuove generazioni. Appunti di letteratura. Il 12 ottobre del 1896 nasceva Eugenio Montale. Il Nobel della letteratura che cerca di porsi come il poeta antimanzoniano trasformando la "provvidenza divina" in una esistenza della bufera.

 
Signori letterati cattolici svegliatevi. Questo grande genio montaliano di genialità poetica ha ben poco. Eppure continua ad essere proposto come il poeta della triangolarizzazione: Montale, Ungaretti, Quasimodo.

Anzi proporrei di cacciare da questo triangolo Ungaretti e inserire Saba e così il laicismo dei laici repubblicani poeti sarebbe compiuto. No, non è così.

I poeti del Novecento veri restano Ungaretti, Cardarelli, Campana – Michelstaedter nella tradizione tra Pascoli e D'Annunzio nella chiusura con Cesare Pavese attraversato da Gozzano.

Montale? La sua poesia del 1925, ovvero i seppiani ossi, uccidono il concetto di provvidenza divina per far posto, dunque, al nulla della parola e a quel male di vivere, che è soltanto il suo vivere male nella contraddizione di una scarsa formazione, tra la volontà di potenza e la ontologia dell'anima della cultura.

Eppure i libri ufficiali, il nozionismo modulistico, sono pieni del male di vivere di Montale e molti docenti ripetono il cosiddetto male di vivere non conoscendo il kierkegherdiano scavo nella malattia mortale, che lega Seneca alla Zambrano agostiniana ed Eliade a Cioran, che diventa in Giuseppe Berto il male oscuro in una ribellione tra Camus e Mauriac e il contemporaneo Sgalambrto.

Montale non ha creato alcun concetto esistenziale e non ha dato vento ad alcun vero processo poetico: in lui c'è D'Annunzio intrecciato al tardo romanticismo, ma nulla di originale. La poesia non può essere soltanto lingua, la lingua ha un linguaggio metafisico in un processo che è esistenziale ma anche, per altri aspetti, spirituale.

Sfido a trovare una originalità che sia una! La sua incapacità di comprendere il valore di provvidenza divina lo porta a disegnale il male esistenziale che non è esistenzialismo, perché è ben altra cosa e Montale, che di cultura filosofica ne aveva molto poca, la sua visione poetico – metafisica era ben distante dalla cristiana Provvidenza.

E comunque si continua ad innalzare monumenti critici alla non poesia di Montale. L'analisi del testo è banalume se non si parte da un dato linguistico del pensiero della parola. La parola è sempre lo specchio dell'anima o l'anima che si specchia.

Siamo in una cultura del vuoto.

Ci sono responsabilità di una presenza cattolica nel non proporre chiavi di letture altra, ma il problema sta anche nella mancanza di coraggio nel dire che Montale va posto in una discussione tra poesia e non poesia recuperando in parte l'estetica del Croce e la visione "pedagogica" di Gentile nel radicamento vichiano.  

Altrimenti siamo al trionfo della debolezza del pensiero.

Così come il "caso" Pasolini. Di Pasolini cosa resta? Io che ho tanto scritto su Pasolini ho sempre distinto, per una lealtà critica e conoscenza del testo, il non essere suo un modello poetico e il suo essere un intellettuale nella cronaca.  

In Pasolini non c'è poesia.

Gramsci e le cenere. Un binomio nella allegoria del pensiero. Attenzione, non le "ceneri di Gramsci". Resta l'intellettuale intelligente, forse l'intellettuale che riusciva a leggere il presente politico e sociale attraverso l'interpretare la memoria del futuro.  Penso ai suoi articoli profetici su Aldo Moro o alle famose parole sulle lucciole. E poi? Il poeta non c'è. Ci sono sensazioni come i versi per la madre.

Lo scrittore è il giornalista che racconta i ragazzi di borgata, i ragazzi di vita, ma è una fragilità letteraria scavata nella cronaca di una Roma che conosceva bene.

Il regista è la brutta sceneggiatura del Vangelo di Matteo e il volgare Salò, la cui volgarità è la morte del dialogo tra l'immagine e la parola, sancita proprio a metà degli anni Settanta. Resta Medea? O il Boccaccio assai meglio riletto da Bevilacqua.

Resta soltanto il giornalista diventato intellettuale. Altro non direi. Leggere analizzare studiare per credere.

Anche qui un attento esame di coscienza dovrebbe farlo il mondo cattolico, che sembra dimenticare il proprio patrimonio per dare spazio alla laicizzazione impoetica dei Montale dei Pasolini e dei Calvino.

Già, il leggero Italo Calvino che ha cercato di reinventarsi dopo la morte di Pavese, al quale deve molto, ovvero tutto, attraverso la ricerca della favola o dei Marcovaldo o degli scrutatori sino all'incomprensibile metafora inconsistente di Palomar o del Viaggiatore… che implode già dalle prime pagine sino ancora alle incompiute lezioni americane, che non hanno alcuna valenza letteraria incentrata in una antropologia della cultura tutta motivata su un sistema ideologico. Distante metafisiche di vita da Renato Serra, che ci insegnò cosa è una lezione di letteratura nella vita.

Con Calvino si è al trionfo ancora di un laicismo che conduce al relativismo di un linguaggio e di una letteratura distante dalla grande tradizione dei Papini, dei Prezzolini, dei Palazzeschi, dei Govoni, degli Alvaro, dei Fabbri, dei Pomilio, degli Sgorlon, ma anche dei Silone, dei Pavese, dei Berto, dei Gallian…

Insomma il laicismo ha preso il sopravvento sulla cultura letteraria cattolica…

Comunque, eviterei Montale, Pasolini, Calvino oltre a Primo Levi, che non è uno scrittore nella tradizione, e proporrei Cardarelli, Michelstaedter, Campana, Berto, alle Lezioni di Calvino, che eviterei per varie confusioni, darei spazio ad un confronto piuttosto con Silone di Uscita di sicurezza  (ancora una volta Calvino riscoprirebbe l'essere scoiattolo definito da Pavese) e nel confronto tra Primo Levi e Marcello Gallian, quest'ultimo testimonierebbe di essere un gigante… Ci vuole non solo conoscenza, ma anche coraggio di entrare nella filosofia della letteratura… Ora siamo alla cronaca non laica, ma al relativismo della cronaca letteraria…

Riproporre una tradizione letteraria, poetica e narrativa, significa, tra l'altro, superare completamente una visione filosofica che è quella positivista e storicista. Marcuse non esiste più. Sartre è defunto. Gramsci è stato ridotto in cenere.

L'ideologia nella letteratura si è trasformata in relativismo. Basta osservare come viene proposto Luigi Pirandello… Abbiamo bisogno di leggere un Pirandello coerentemente nella tradizione dell'italianità che va legato a Ionesco, Kafka e Cervantes… Tomasi di Lampedusa, Sciascia.

Lo scrittore dei nostri giorni o recupera il senso e l'orizzonte di una tradizione nell'eleganza della lingua o diventa il forcaiolo della parola in un linguaggio che si consuma il giorno prima di essere pronunciato, ma nonostante tutto questo linguaggio si appiccica allo sguardo di chi non ha una forza filosofica e storica o letteraria e ontologica e trova spazio nel vuoto che consuma un pensiero in una mezza parola.

La letteratura è altro. Proprio per questo riportare la tradizione tra l'estetica de Il fuoco di D'Annunzio e  l'Aurora della Zambrano significa proporre una volontà della contemplazione, in una provvidenza del mistero, in un tempo che è sfracellato dalla leggerezza e dalle idiozie.

 

 

 



LETTERA su asta Balbo-Casazza


di L. Barbieri

 
Gentile Direttore, (Nuova Ferrara ndr.)

La ringrazio per aver dato spazio alla preoccupazione che un pezzo della storia di  due illustri concittadini estensi, Italo Balbo e Giuseppe Gatti Casazza, possa essere privata agli occhi del grande pubblico, alle ricerche dei dotti storici e quindi negata alla memoria collettiva. 

L'asta che sarà celebrata il 7 luglio prossimo sarebbe l'occasione per l'assessore Maisto di correggere l'improvvida uscita, sulla evidente onda umorale delle amministrative, nella quale, in un impeto di maoismo storico, si rifiutava di tributare omaggio toponomastico ad uno dei ferraresi più noti al mondo.

Proprio pochi giorni fa è passato l'83° della crociera aerea del decennale, dove 25 idrovolanti Savoia Marchetti dall'Italia giunsero negli Stati Uniti.
A ricordare quell'impresa fu eretta a Chicago una colonna commemorativa (http://www.waymarking.com/waymarks/WM38GC) tutt'ora esistente mentre a Ferrara ancora si nega il dovuto odonimo e si cerca di ignorare la Storia perché non ci si vuole fare i conti. Obnubilanzione ideologica.
E si sta parlando di settemila euro su un bilancio comunale di oltre 100 milioni di euro. Neanche si è accennato ai 30mila di base d'asta dei verbali dell'ultimo Gran Consiglio del Fascismo, redatti da Federzoni e dal ferrarese Annio Bignardi. Anche qui il Ministero retto da Franceschini dovrebbe evitare che tali carteggi finiscano in qualche privata teca.

Un mio vicino, storico, sostiene, provocatoriamente, che la Storia non serva ad un ca...
Vorrei si sbagliasse, ma alcuni soggetti e i loro comportamenti ne danno tristemente conferma.

 
Lorenzo Barbieri

*Nuova Ferrara, lettere  4 luglio 2016.

Il design del Centro Leonardo da Vinci, Milano

fonte  YOUMANDESIGN4NR magazine blog
Davide Foschi
INTERVISTA A OLIVETTA SALA: Il design del gioiello di Olivetta Sala per Luigisalagioiello
"iL Design del Centro Leonardo Da Vinci"
di Cristiana Zamboni


Care Anime inquiete,
vi sono vari tipi di design ed oggi ho il piacere di raccontarvi il design del gioiello con Olivetta Sala , artista del Centro Leonardo Da Vinci e designer per la Luigisalagioielli di Milano. Un laboratorio orafo di tradizione antica che passa di generazione in generazione con una netta caratteristica artistica nella produzione di gioielli artigianali ed unici. Olivetta Sala ha imparato il mestiere di creazione di gioielli da suo padre , fondatore del laboratorio artigiano e , con lui , ne porta avanti la storia. I loro gioielli attingono profondamente dall'estetica artistica, molti sono dei veri e propri capolavori , piccoli quadri e piccole sculture. E la caratteristica più preziosa è la lavorazione a mano di ogni singolo pezzo, non creati in serie.
Olivetta arriva da studi artistici da cui ha appreso la tecnica, il gusto per 'estetica la bellezza. Ha studiato gemmologia , basi per poter creare un gioiello armonioso nelle proporzioni estetiche,strutturali e cromatiche. Un gioiello nasce dall'armonia e dalla sinergia che si crea tra i metalli e tra metallo e gemma che, nella mente dell'orafo artigiano, diventa opera di bellezza .
-i tuoi gioielli hanno un messaggio?e se si qual è? I
I nostri gioielli sono dei racconti di vita. Frammenti di esperienze , a volte parlano delle nostre ispirazioni , altre volte raccontano il mondo naturale, altre ancora le nostre passioni, gli affetti, sogni , viaggi e desideri. E , come per le opere d'arte, l'osservatore se ne sente catturato per l'emozione e l'incipit di bellezza che ne scaturisce. Ogni gioiello dona bellezza e dà preziosità alla persona ed al momento che sta vivendo.
-Cosa cambieresti nella società contemporanea per portarla ad un maggiore interesse verso la "Bellezza"che il design del gioiello dà inevitabilmente?
La società contemporanea è pervasa dai media che dettano gusti e pensieri preconfezionati piegati al profitto. Penso che ogni artigiano e artista dia una visione personale e sincera del suo tempo e che chi sceglie un prodotto artigianale, che sia un gioiello, un quadro, una scultura abbia l'opportunità di esercitare un atto di grande libertà e autonomia. Solo attraverso l'educazione allo sviluppo di un pensiero libero e critico, attento e interessato a comprendere la realtà in modo da viverla con pienezza, potremo esprimere una società capace di distinguere e scegliere consapevolmente.
-come nasce in te il gioiello e che materiali prediligi?
Un gioiello nasce in molti modi dal disegno dell'acqua rovesciata sul tavolo, dalle emozioni suscitate da una mostra d'arte, dai ricordi di un viaggio, dal desiderio di valorizzare una gemma, dal racconto di un cliente che desidera esprimere un affetto. Prediligo l'oro bianco, giallo e argento declinati attraverso i cromatismi differenti delle superfici lucide in contrasto con quelle satinate. Cerco gemme inconsuete dalle sfumature di colore particolari perché trovo sempre affascinante l'abbinamento tra la naturalezza delle gemme e la nitidezza del metallo,la natura in tal senso è estremamente generosa.
-Come si articola e procede il tuo studio nella creazione di un gioiello?
Mi piace che il gioiello , anche quando indossato "si legga": il disegno si manifesta attraverso forme precise che partono dallo studio sulla carta e proseguono al banco con il metallo.
Quando si trafora una forma ..a volte se ne forma un'altra adiacente: è come se sbocciasse e rielaborata può diventare un nuovo sorprendente elemento decorativo. Il gioiello deve essere comodo da indossare, per me non hanno senso i gioielli fatti solo per stupire, il gioiello deve essere equilibrato nella forma, proporzionato nella struttura per essere durevole e deve donare a chi lo indossa. Un gioiello può essere uno straordinario strumento di comunicazione, racconta chi siamo, cosa ci piace e ci distingue.
-Un tuo desiderio per il futuro.
Ne ho moltissimi , desidero il tempo per realizzarli tutti.
www.luigisalagioielli.com
Olivetta Sala per Luigisalagioielli laboratorio orafo e showroom interno
Viale Regina Giovanna 8 20129 Milano

David Bowie Ziggy Stardust forever

fonte Il Populista
 

Nei dintorni del rock

David Bowie, polvere di stelle

In occasione della recente scomparsa del cantante e produttore David Bowie, come per altri artisti abbiamo assistito alla celebrazione postuma del suo indubbio talento creativo

di Dino Migliavacca- 20 Maggio 2016

...........
È opinione comune che il periodo più creativo della sua carriera vada dal 1971 al 1977. Infatti nel 1972 pubblica il suo quarto album, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. David diventa Ziggy polvere di stelle, una creatura aliena dalla sessualità indefinita, e dai dintorni del rock si spinge fino al decadentismo accompagnato dalla sua band The Spiders from Mars, capitanata dall'amico chitarrista Mike Ronson. Escono 11 canzoni dall'impatto dirompente ma raffinato. Chitarre tanto affilate quanto misurate si uniscono ad arrangiamenti orchestrali, melodie struggenti con azzeccati interventi di sax e pianoforte.
..... CONTINUA A LEGGERE ARTICOLO COMPLETO