Su Barbadillo è ripreso l'articolo di Vitaldo Conte su Evola (pubblicato su Il Borghese di marzo 2015) attaccato dagli integralisti di varia natura.
11marL'attuale presente è gravido di rigurgiti integralisti, religiosi e di pensiero. Umberto Eco (L'Espresso 9 ott. 2014) parla del "progetto …
sabato 21 marzo 2015
Evola futurdada attaccato dagli integralisti
Vittorio Sgarbi sul "fotografo" del 600, Gerrit van Honthorst
Come al solito grande articolo di Vittorio Sgarbi, il critico d'arte, da Il Giornale:
"Il più noto, e il più riconosciuto e riconoscibile, è certamente Gherardo delle Notti, che traduce, per assonanza, ma anche per sostanza visiva, il nome originale di Gerrit van Honthorst"
Il "fotografo" del Seicento fra scatti e luce artificiale
Gli effetti davvero speciali del caravaggesco olandese. Fra naturalismo italiano e smalto cromatico fiammingo
"Possiamo serenamente affermare che dalla
rivoluzione caravaggesca discendono due grandi invenzioni: la fotografia
e la luce elettrica. L'affermazione è meno paradossale di quanto possa
apparire, perché si manifesta come una constatazione relativa, da un
lato, al concetto di «attimo decisivo» introdotto nella interpretazione
della fotografia da Cartier-Bresson; dall'altro, all'evidenza di una
luce artificiale in molte invenzioni dei caravaggeschi di stretta
osservanza, spesso più radicali dello stesso maestro
Tra questi alcuni veri e propri
specialisti, che verranno riconosciuti e classificati dai contemporanei e
dalla critica proprio per questa specialità.
Il più noto, e il
più riconosciuto e riconoscibile, è certamente Gherardo delle Notti, che
traduce, per assonanza, ma anche per sostanza visiva, il nome originale
di Gerrit van Honthorst. Transitato in Italia intorno al 1610, l'anno
della morte di Caravaggio, lì rimase circa un decennio, fino all'estate
del 1620, quando rientrò nella sua patria, Utrecht. Più di altri, non
meno notevoli, Gherardo approfondisce la sua ricerca sulla luce, che era
stata anche, con diversa intensità, propria di Hendrick ter Brugghen e
di Dirck van Baburen; e, più tardi, di Matthias Stomer. Intorno a loro, e
in particolare a Gherardo delle Notti, vanno ricordati geni e
comprimari, da Georges de La Tour a Pietro Paolini, a Francesco Rustici,
a Rutilio Manetti, fino all'equivoco Trophime Bigot, nome di comodo nel
quale si articolano tre o quattro artisti, sempre più estremi nel
trasformare una candela in lampadina.
Il più programmatico in
questa impresa fu Gherardo delle Notti. L'occasione di una mostra nella
Galleria degli Uffizi, con l'esposizione dei soli dipinti italiani,
«quadri bizzarrissimi e cene allegre», ci consente, una volta per tutte,
di capire una storia che ha i suoi antefatti nelle tele di Antonio e
Vincenzo Campi in San Paolo in Converso a Milano e in quelle di Luca
Cambiaso, veramente sorprendenti. In particolare Cristo davanti a Caifa
del pittore genovese, già nella collezione di Vincenzo Giustiniani nel
1600, fu visto da Gherardo che si confrontò anche con altri spettrali
notturni di Andrea Donducci detto Mastelletta. Di fronte a quegli
intensissimi controluce, in ambientazioni buie, si misura il pittore
olandese, rassicurato da alcuni esperimenti nella stessa direzione di
ter Brugghen, come la Negazione di Pietro , ora in collezione Spier, il
cui lontano ascendente è il dipinto di stesso soggetto di Caravaggio,
imprudentemente acquistato dal Metropolitan Museum of Art di New York
dopo essere stato abusivamente esportato dall'Italia, dove era stato
visto e riconosciuto, alla fine degli anni '60, nella collezione
Imparato Caracciolo a Napoli.
Rispetto a quella di altri
caravaggeschi, la visione di Gherardo rappresenta la mediazione tra il
metodo di Bartolomeo Manfredi e lo smalto cromatico e luminoso dei
fiamminghi. Questo gli consente risultati nuovi e tempestivi (già nel
1610-11), come nel teatrale e pluriluministico Giuditta e Oloferne ,
riconosciuto da Giovanni Papi presso Didier Aaron di Parigi. Di qui
inizia un'escursione drammatica che porta Gherardo delle Notti, fin dai
primi anni del secondo decennio del Seicento, a maturare gli effetti
speciali cui ha legato il suo nome: il Cristo morto con due angeli in
palazzo Reale a Genova (1613), la Cena con sponsali degli Uffizi (1613),
Gesù nella bottega di Giuseppe ora nella Bob Jones University di
Greenville (1614), il San Luca di Chambéry (1614), il Cristo davanti a
Caifa della National Gallery di Londra (1615-16), la Negazione di Pietro
di Rennes (1616-17), la Derisione di Cristo di Los Angeles (1616-17),
la Decollazione di san Giovanni Battista per la chiesa di Santa Maria
della Scala a Roma (1618). Sono questi i momenti più significativi della
parabola del pittore, interrotti soltanto dalla pala per il convento
dei Cappuccini di Albano Laziale, in una ambientazione serotina a luce
naturale, dove sembrano prevalere le suggestioni di Tiziano, di Ludovico
Carracci, di Lanfranco.
A parte questa testimonianza, così
umanamente intensa da muovere emozioni nello stesso Roberto Longhi, lo
scopritore di Caravaggio e dei caravaggeschi, ci possiamo soffermare su
tre importanti dipinti della prima e compiuta maturità di Gherardo delle
Notti. Il primo è la Derisione di Cristo di Los Angeles, che rielabora
il modello della Incoronazione di spine di Caravaggio in un politezza
luminosa che si distribuisce con mirabili effetti sui volti irridenti
dei carnefici, con calcolate vibrazioni di diversa intensità rispetto al
fiotto di luce che investe il Cristo. Pura, mirabile regia
cinematografica. Il secondo, il capolavoro assoluto di Gherardo, in una
spirituale anticipazione di Rembrandt, è il Cristo davanti a Caifa ,
opera teatrale e ammirevole per l'umanissima espressione del Cristo,
messo a fuoco dal faro di luce rispetto agli sfocati astanti sullo
sfondo. La figura di Caifa, col dito levato, è parlante e viva, grazie
al lume che proietta una striscia luminosa sul braccio e dà parola e
palpito al volto. Qui il pittore raggiunge la perfezione. Il terzo
dipinto, per molti versi straordinario, forse il più complesso di quelli
italiani di Gherardo delle Notti, è la Decollazione di San Giovanni
Battista , il cui schema grandioso corrisponde ai principî di decoro dei
frati di Santa Maria della Scala. C'è un grande ritmo nei movimenti
rallentati dei personaggi, con una intima plasticità che governa la
composizione, più compiaciutamente luministica che naturalistica, alla
ricerca di effetti speciali e degli ornamenti di stoffe, piume e
turbanti.
Alla fine, rispetto alla Decollazione del Battista di
Caravaggio a Malta, tutto appare edulcorato, accarezzato da luci
morbide, nelle opere di Gherardo delle Notti, che traduce il dramma
della vita, nella sua insostenibile tensione, in teatro, dove, insieme
al pittore che pensa, trovano occupazione il coreografo, lo scenografo,
il costumista, il direttore delle luci. Mentre Gherardo sale sul
palcoscenico, Caravaggio sta sulla strada".
IL GIORNALE
Gli effetti davvero speciali del caravaggesco olandese. Fra naturalismo italiano e smalto cromatico fiammingo
"Possiamo serenamente affermare che dalla rivoluzione caravaggesca discendono due grandi invenzioni: la fotografia e la luce elettrica. L'affermazione è meno paradossale di quanto possa apparire, perché si manifesta come una constatazione relativa, da un lato, al concetto di «attimo decisivo» introdotto nella interpretazione della fotografia da Cartier-Bresson; dall'altro, all'evidenza di una luce artificiale in molte invenzioni dei caravaggeschi di stretta osservanza, spesso più radicali dello stesso maestro
Tra questi alcuni veri e propri specialisti, che verranno riconosciuti e classificati dai contemporanei e dalla critica proprio per questa specialità.
Il più noto, e il più riconosciuto e riconoscibile, è certamente Gherardo delle Notti, che traduce, per assonanza, ma anche per sostanza visiva, il nome originale di Gerrit van Honthorst. Transitato in Italia intorno al 1610, l'anno della morte di Caravaggio, lì rimase circa un decennio, fino all'estate del 1620, quando rientrò nella sua patria, Utrecht. Più di altri, non meno notevoli, Gherardo approfondisce la sua ricerca sulla luce, che era stata anche, con diversa intensità, propria di Hendrick ter Brugghen e di Dirck van Baburen; e, più tardi, di Matthias Stomer. Intorno a loro, e in particolare a Gherardo delle Notti, vanno ricordati geni e comprimari, da Georges de La Tour a Pietro Paolini, a Francesco Rustici, a Rutilio Manetti, fino all'equivoco Trophime Bigot, nome di comodo nel quale si articolano tre o quattro artisti, sempre più estremi nel trasformare una candela in lampadina.
Il più programmatico in questa impresa fu Gherardo delle Notti. L'occasione di una mostra nella Galleria degli Uffizi, con l'esposizione dei soli dipinti italiani, «quadri bizzarrissimi e cene allegre», ci consente, una volta per tutte, di capire una storia che ha i suoi antefatti nelle tele di Antonio e Vincenzo Campi in San Paolo in Converso a Milano e in quelle di Luca Cambiaso, veramente sorprendenti. In particolare Cristo davanti a Caifa del pittore genovese, già nella collezione di Vincenzo Giustiniani nel 1600, fu visto da Gherardo che si confrontò anche con altri spettrali notturni di Andrea Donducci detto Mastelletta. Di fronte a quegli intensissimi controluce, in ambientazioni buie, si misura il pittore olandese, rassicurato da alcuni esperimenti nella stessa direzione di ter Brugghen, come la Negazione di Pietro , ora in collezione Spier, il cui lontano ascendente è il dipinto di stesso soggetto di Caravaggio, imprudentemente acquistato dal Metropolitan Museum of Art di New York dopo essere stato abusivamente esportato dall'Italia, dove era stato visto e riconosciuto, alla fine degli anni '60, nella collezione Imparato Caracciolo a Napoli.
Rispetto a quella di altri caravaggeschi, la visione di Gherardo rappresenta la mediazione tra il metodo di Bartolomeo Manfredi e lo smalto cromatico e luminoso dei fiamminghi. Questo gli consente risultati nuovi e tempestivi (già nel 1610-11), come nel teatrale e pluriluministico Giuditta e Oloferne , riconosciuto da Giovanni Papi presso Didier Aaron di Parigi. Di qui inizia un'escursione drammatica che porta Gherardo delle Notti, fin dai primi anni del secondo decennio del Seicento, a maturare gli effetti speciali cui ha legato il suo nome: il Cristo morto con due angeli in palazzo Reale a Genova (1613), la Cena con sponsali degli Uffizi (1613), Gesù nella bottega di Giuseppe ora nella Bob Jones University di Greenville (1614), il San Luca di Chambéry (1614), il Cristo davanti a Caifa della National Gallery di Londra (1615-16), la Negazione di Pietro di Rennes (1616-17), la Derisione di Cristo di Los Angeles (1616-17), la Decollazione di san Giovanni Battista per la chiesa di Santa Maria della Scala a Roma (1618). Sono questi i momenti più significativi della parabola del pittore, interrotti soltanto dalla pala per il convento dei Cappuccini di Albano Laziale, in una ambientazione serotina a luce naturale, dove sembrano prevalere le suggestioni di Tiziano, di Ludovico Carracci, di Lanfranco.
A parte questa testimonianza, così umanamente intensa da muovere emozioni nello stesso Roberto Longhi, lo scopritore di Caravaggio e dei caravaggeschi, ci possiamo soffermare su tre importanti dipinti della prima e compiuta maturità di Gherardo delle Notti. Il primo è la Derisione di Cristo di Los Angeles, che rielabora il modello della Incoronazione di spine di Caravaggio in un politezza luminosa che si distribuisce con mirabili effetti sui volti irridenti dei carnefici, con calcolate vibrazioni di diversa intensità rispetto al fiotto di luce che investe il Cristo. Pura, mirabile regia cinematografica. Il secondo, il capolavoro assoluto di Gherardo, in una spirituale anticipazione di Rembrandt, è il Cristo davanti a Caifa , opera teatrale e ammirevole per l'umanissima espressione del Cristo, messo a fuoco dal faro di luce rispetto agli sfocati astanti sullo sfondo. La figura di Caifa, col dito levato, è parlante e viva, grazie al lume che proietta una striscia luminosa sul braccio e dà parola e palpito al volto. Qui il pittore raggiunge la perfezione. Il terzo dipinto, per molti versi straordinario, forse il più complesso di quelli italiani di Gherardo delle Notti, è la Decollazione di San Giovanni Battista , il cui schema grandioso corrisponde ai principî di decoro dei frati di Santa Maria della Scala. C'è un grande ritmo nei movimenti rallentati dei personaggi, con una intima plasticità che governa la composizione, più compiaciutamente luministica che naturalistica, alla ricerca di effetti speciali e degli ornamenti di stoffe, piume e turbanti.
Alla fine, rispetto alla Decollazione del Battista di Caravaggio a Malta, tutto appare edulcorato, accarezzato da luci morbide, nelle opere di Gherardo delle Notti, che traduce il dramma della vita, nella sua insostenibile tensione, in teatro, dove, insieme al pittore che pensa, trovano occupazione il coreografo, lo scenografo, il costumista, il direttore delle luci. Mentre Gherardo sale sul palcoscenico, Caravaggio sta sulla strada".
IL GIORNALE
"Possiamo serenamente affermare che dalla rivoluzione caravaggesca discendono due grandi invenzioni: la fotografia e la luce elettrica. L'affermazione è meno paradossale di quanto possa apparire, perché si manifesta come una constatazione relativa, da un lato, al concetto di «attimo decisivo» introdotto nella interpretazione della fotografia da Cartier-Bresson; dall'altro, all'evidenza di una luce artificiale in molte invenzioni dei caravaggeschi di stretta osservanza, spesso più radicali dello stesso maestro
Tra questi alcuni veri e propri specialisti, che verranno riconosciuti e classificati dai contemporanei e dalla critica proprio per questa specialità.
Il più noto, e il più riconosciuto e riconoscibile, è certamente Gherardo delle Notti, che traduce, per assonanza, ma anche per sostanza visiva, il nome originale di Gerrit van Honthorst. Transitato in Italia intorno al 1610, l'anno della morte di Caravaggio, lì rimase circa un decennio, fino all'estate del 1620, quando rientrò nella sua patria, Utrecht. Più di altri, non meno notevoli, Gherardo approfondisce la sua ricerca sulla luce, che era stata anche, con diversa intensità, propria di Hendrick ter Brugghen e di Dirck van Baburen; e, più tardi, di Matthias Stomer. Intorno a loro, e in particolare a Gherardo delle Notti, vanno ricordati geni e comprimari, da Georges de La Tour a Pietro Paolini, a Francesco Rustici, a Rutilio Manetti, fino all'equivoco Trophime Bigot, nome di comodo nel quale si articolano tre o quattro artisti, sempre più estremi nel trasformare una candela in lampadina.
Il più programmatico in questa impresa fu Gherardo delle Notti. L'occasione di una mostra nella Galleria degli Uffizi, con l'esposizione dei soli dipinti italiani, «quadri bizzarrissimi e cene allegre», ci consente, una volta per tutte, di capire una storia che ha i suoi antefatti nelle tele di Antonio e Vincenzo Campi in San Paolo in Converso a Milano e in quelle di Luca Cambiaso, veramente sorprendenti. In particolare Cristo davanti a Caifa del pittore genovese, già nella collezione di Vincenzo Giustiniani nel 1600, fu visto da Gherardo che si confrontò anche con altri spettrali notturni di Andrea Donducci detto Mastelletta. Di fronte a quegli intensissimi controluce, in ambientazioni buie, si misura il pittore olandese, rassicurato da alcuni esperimenti nella stessa direzione di ter Brugghen, come la Negazione di Pietro , ora in collezione Spier, il cui lontano ascendente è il dipinto di stesso soggetto di Caravaggio, imprudentemente acquistato dal Metropolitan Museum of Art di New York dopo essere stato abusivamente esportato dall'Italia, dove era stato visto e riconosciuto, alla fine degli anni '60, nella collezione Imparato Caracciolo a Napoli.
Rispetto a quella di altri caravaggeschi, la visione di Gherardo rappresenta la mediazione tra il metodo di Bartolomeo Manfredi e lo smalto cromatico e luminoso dei fiamminghi. Questo gli consente risultati nuovi e tempestivi (già nel 1610-11), come nel teatrale e pluriluministico Giuditta e Oloferne , riconosciuto da Giovanni Papi presso Didier Aaron di Parigi. Di qui inizia un'escursione drammatica che porta Gherardo delle Notti, fin dai primi anni del secondo decennio del Seicento, a maturare gli effetti speciali cui ha legato il suo nome: il Cristo morto con due angeli in palazzo Reale a Genova (1613), la Cena con sponsali degli Uffizi (1613), Gesù nella bottega di Giuseppe ora nella Bob Jones University di Greenville (1614), il San Luca di Chambéry (1614), il Cristo davanti a Caifa della National Gallery di Londra (1615-16), la Negazione di Pietro di Rennes (1616-17), la Derisione di Cristo di Los Angeles (1616-17), la Decollazione di san Giovanni Battista per la chiesa di Santa Maria della Scala a Roma (1618). Sono questi i momenti più significativi della parabola del pittore, interrotti soltanto dalla pala per il convento dei Cappuccini di Albano Laziale, in una ambientazione serotina a luce naturale, dove sembrano prevalere le suggestioni di Tiziano, di Ludovico Carracci, di Lanfranco.
A parte questa testimonianza, così umanamente intensa da muovere emozioni nello stesso Roberto Longhi, lo scopritore di Caravaggio e dei caravaggeschi, ci possiamo soffermare su tre importanti dipinti della prima e compiuta maturità di Gherardo delle Notti. Il primo è la Derisione di Cristo di Los Angeles, che rielabora il modello della Incoronazione di spine di Caravaggio in un politezza luminosa che si distribuisce con mirabili effetti sui volti irridenti dei carnefici, con calcolate vibrazioni di diversa intensità rispetto al fiotto di luce che investe il Cristo. Pura, mirabile regia cinematografica. Il secondo, il capolavoro assoluto di Gherardo, in una spirituale anticipazione di Rembrandt, è il Cristo davanti a Caifa , opera teatrale e ammirevole per l'umanissima espressione del Cristo, messo a fuoco dal faro di luce rispetto agli sfocati astanti sullo sfondo. La figura di Caifa, col dito levato, è parlante e viva, grazie al lume che proietta una striscia luminosa sul braccio e dà parola e palpito al volto. Qui il pittore raggiunge la perfezione. Il terzo dipinto, per molti versi straordinario, forse il più complesso di quelli italiani di Gherardo delle Notti, è la Decollazione di San Giovanni Battista , il cui schema grandioso corrisponde ai principî di decoro dei frati di Santa Maria della Scala. C'è un grande ritmo nei movimenti rallentati dei personaggi, con una intima plasticità che governa la composizione, più compiaciutamente luministica che naturalistica, alla ricerca di effetti speciali e degli ornamenti di stoffe, piume e turbanti.
Alla fine, rispetto alla Decollazione del Battista di Caravaggio a Malta, tutto appare edulcorato, accarezzato da luci morbide, nelle opere di Gherardo delle Notti, che traduce il dramma della vita, nella sua insostenibile tensione, in teatro, dove, insieme al pittore che pensa, trovano occupazione il coreografo, lo scenografo, il costumista, il direttore delle luci. Mentre Gherardo sale sul palcoscenico, Caravaggio sta sulla strada".
IL GIORNALE
venerdì 20 marzo 2015
I Linguaggi della Parola poesia e musica in un viaggio etnoletterario Curato da Pierfranco Bruni (Responsabile Etnie del Mibact)
Nella Giornata Mondiale della Poesia
i Linguaggi della Parola
Originale Cartella per intrecciare poesia
e musica in un viaggio etnoletterario
Curato da Pierfranco Bruni
(Responsabile Etnie del Mibact)
Nella
Cartella si “vive” un percorso attraversando alcuni versi di cantautori
italiani che hanno caratterizzato la storia della cultura e della letteratura e
musica in senso più particolare nel corso dell’ultimo Cinquantennio.
I
versi della canzone nel verso della poesia: è questo l’intreccio che il
Sindacato ha voluto sottolineare cercando di creare un raccordo tra i linguaggi
della poesia.
Sono
stati inseriti testi di autori che hanno usato il dialetto e le lingue
intrecciate con delle forme propriamente etniche e simboliche nella costruzione
della stessa koinè.
Uno
scavo nella antropologia della parola per dare un significato ai legami della
comunicazione. D’altronde il tema centrale della Settimana della Cultura nel
Mondo di quest’anno rispecchia proprio un percorso che riguarda: “L’Italiano
nella musica, la musica nell’italiano”.
“Chiaramente,
dichiara Pierfranco Bruni, curatore del Progetto ed esperto di culture del
Mediterraneo e del mondo etno - antropologico, c’è un interesse particolare nel
rapporto tra la tradizione del linguaggio della canzone, che attraversa la
poesia, e la poesia che ha, nel suo interno, il ritmo, la musicalità, la
cromaticità delle parole. Ci sono, comunque, altri elementi, sottolinea Bruni,
come il recupero etnico del linguaggio come nel caso di Fabrizio De André, che
occupa lo scenario con il suo vocabolario mediterraneo e anche Pino Daniele,
che pone al centro della sua ricerca la parola come lingua di una profonda
espressione umana, ma c’è, altresì, il valore aggiunto del dialogare tra il
dialetto e la purezza della lingua come nei testi di Franco Califano”.
“Infatti,
cesella Pierfranco Bruni, in Califano la tela del linguaggio è formata dalla
lingua italiana e dalla lingua romana se si vogliono intendere i dialetti come
lingua, e su questo il dibattito è molto articolato e abbastanza aperto e non
bisognerebbe porre alcuna chiusura”.
“Si
pensi, continua Bruni, al De André che usa il genovese, il sardo, il napoletano
non come modelli complementari ma interattivi della sua ricerca. O a Califano che accomuna il parlato quotidiano con la
parola recitata. Si tratta, comunque, di uno studio che è partito da molto
lontano e che sta offrendo risultati notevoli sia sul piano delle conoscenze
sia su quello delle comparazioni storico – linguistiche - letterarie”.
La Cartella si apre a ventaglio partendo dal testo di Domenico
Modugno e annovera autori, non viventi, sino a Mia Martini e a Rino Gaetano e
alla malinconia mediterraneità di Giuni Russo. Ma raccoglie anche delle schede
tematiche ben definite su Luigi Tenco, Franco Califano, Mia Martini e Fabrizio
De André.
Sono
autori sui quali Pierfranco Bruni ha dedicato numerosi saggi e libri (Il de
André del cantico mediterraneo o il Califano delle etnie) nei quali la presenza
dello scavo etno - antropologico è abbastanza presente. La ricerca rientra nel
Progetto che Pierfranco Bruni cura per il Mibact. La Cartella si compone di 11
schede.
Dentro lo studio di Mimmo Centonze

LO STUDIO DELL'ARTISTA
APRE LE PORTE AL PUBBLICO
Dentro lo studio di Mimmo Centonze
Matera<
/b> ad arte
Presentazione del libro Dentro Matera
di Armando Sichenze
Venerdì 20 marzo 2015 ore 18:30
Studio Mimmo Centonze - Via Collodi 2 - Matera
LA NOTIZIA
MATERA - Venerdì 20 marzo 2015 alle ore 18:30 lo studio dell'artista
Mimmo Centonze aprirà per la prima volta le porte al pubblico, in occasione della presentazione del libro "Dentro Matera",
scritto dall'architetto e ordinario di composizione urbana e
architettonica presso l'Università degli Studi della Basilicata Prof. Armando Sichenze, all'interno della rassegna "Matera ad arte".
Mimmo Centonze parlerà soprattutto ai giovani presenti nel pubblico e svilupperà, in un'intervista condotta dal Prof. Armando Sichenze, il concetto di abitare uno spazio urbano
qual è lo studio nel quale lavora, così come è stato sviluppato
all'interno del libro "Dentro Matera" in cui si racconta proprio il
rapporto e la vita passata dall'artista all'interno del suo studio come
spazio atto alla creatività in una città ora capitale di culture.
Il libro aiuta a comprendere in quale modo, dagli anni Ottanta in poi, dentro Matera,
durante e dopo la rigenerazione dei Sassi, nascono nuove energie vitali
e cambia il modo stesso di progettare, trasformando le antiche povertà
nella ricchezza di un'originale biodiversità abitativa. Queste
sono le forze che, negli ultimi 15 anni almeno, hanno prodotto il valore
rigenerante di Matera. In cui si scopre che anche il presente contiene
un tempo.
A partire dall'esperienza artistica di Centonze e dalle attività svolte a sostegno della candidatura di Matera a "Capitale Europea della Cultura 2019",
ci si in
terrogherà su ciò che più interessa a sud del mondo del "fenomeno
Matera", sede di una cultura la cui bellezza fisica è fondata sulla
rigenerazione dell'umanità e della vita, nei cambiamenti dei modi
abitativi. Ci si chiederà poi come non disperdere le ricchezze e i
capitali abitativi più autentici della città per non consumare soltanto
la cultura invece di produrla. Si utilizzeranno alcuni flash narrativi
e le scintille vitali, prodotte nel libro, per creare assonanze e
rimandi, utili per un nuovo racconto della città, nella direzione
innovativa di una rigenerazione urbana che si nutre dell'incontro tra
culture diverse.
Infine ci si ricollegherà ai 12 workshop internazionali, svoltisi nell'anno 2014, secondo il programma del Nature City Lab: "Fare strada a Matera" nella rigenerazione urbana, per utilizzare il libro Dentro Matera/In to Matera come strumento di promozione di nuove esperienze
d'incontro col mondo.
In allegato:
- La locandina dell'evento "Dentro lo studio di Mimmo Centonze - Matera ad Arte"
MimmoCentonze.com
Ufficio stampa
VIDEO
giovedì 19 marzo 2015
Museo di Tunisi: vittime italiane
Terrore al museo di Tunisi: 22 morti, due sono italiani*
Il
commando armato ha attaccato il parlamento tunisino: era in corso
un’audizione sulla lotta al terrorismo. Il bilancio totale parla di 22
morti, di cui 17 stranieri. Uccisi i due terroristi tunisini. L'urlo
della connazionale in ostaggio: "Qui stanno sparando a tutti, vi prego
aiutateci"
info art. completo Il Giornale
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tunisi-spari-parlamento-e-museo-diversi-morti-e-feriti-i-1106520.html
*Alla fine le fonti ufficiali confermano 4 vittime italiane... l'Isis islamico ha rivendicato l'ennesima strage... poche
ore dopo che persino il Papa ha praticamente urlato, dopo l'ennesima
strage di Cristiani, nascosta dal mondo quasi, FERMATELI. Un solo
commento: i vari ... Prodi... Monti... Bersani... Letta... Renzi,
paladini del buonismo suicidale non si sentono minimamente in colpa?
Sono le prime vittime italiane del terrorismo musulmano Isis... tutti
civili, nessun militare nessun prete... civili, a parecchi forse è
sfuggita questa fredda sottozero statistica..
Il
commando armato ha attaccato il parlamento tunisino: era in corso
un’audizione sulla lotta al terrorismo. Il bilancio totale parla di 22
morti, di cui 17 stranieri. Uccisi i due terroristi tunisini. L'urlo
della connazionale in ostaggio: "Qui stanno sparando a tutti, vi prego
aiutateci"
info art. completo Il Giornale
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tunisi-spari-parlamento-e-museo-diversi-morti-e-feriti-i-1106520.html
*Alla fine le fonti ufficiali confermano 4 vittime italiane... l'Isis islamico ha rivendicato l'ennesima strage... poche ore dopo che persino il Papa ha praticamente urlato, dopo l'ennesima strage di Cristiani, nascosta dal mondo quasi, FERMATELI. Un solo commento: i vari ... Prodi... Monti... Bersani... Letta... Renzi, paladini del buonismo suicidale non si sentono minimamente in colpa? Sono le prime vittime italiane del terrorismo musulmano Isis... tutti civili, nessun militare nessun prete... civili, a parecchi forse è sfuggita questa fredda sottozero statistica..
info art. completo Il Giornale
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/tunisi-spari-parlamento-e-museo-diversi-morti-e-feriti-i-1106520.html
*Alla fine le fonti ufficiali confermano 4 vittime italiane... l'Isis islamico ha rivendicato l'ennesima strage... poche ore dopo che persino il Papa ha praticamente urlato, dopo l'ennesima strage di Cristiani, nascosta dal mondo quasi, FERMATELI. Un solo commento: i vari ... Prodi... Monti... Bersani... Letta... Renzi, paladini del buonismo suicidale non si sentono minimamente in colpa? Sono le prime vittime italiane del terrorismo musulmano Isis... tutti civili, nessun militare nessun prete... civili, a parecchi forse è sfuggita questa fredda sottozero statistica..
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