mercoledì 31 dicembre 2014

UILS: messaggio di fine anno 2014

Antonino Gasparo


Messaggio di fine anno del presidente della UILS, Antonino Gasparo  

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha sollecitato le forze politiche e sociali, maggioranza e opposizione, a prendere atto della grave situazione in cui si trova il Paese. Chiede più coesione, per compiere scelte idonee urgenti, per risolvere la precarietà occupazionale e produttiva, in modo di riacquistare la fiducia dei mercati, come lo era negli anni ottanta.

L’appello è rivolto a tutti i ceti sociali affinché si sottopongano ai necessari sacrifici economici, anche se pesanti, al fine di uscire dalla crisi che sta travolgendo il Paese in modo irreversibile. La UILS condivide l’invito e le preoccupazioni del presidente della Repubblica. La UILS considera il presidente della Repubblica come il capo di una grande famiglia cosi come di e sempre definito Sandro Pertini in avvenimento quando si trovava insieme ai lavoratori sia in Italia sia all’estero e gli riconosce il saggio dovere di indicare ai membri della famiglia la strategia per evitare di cadere in disperate situazioni. Questo sarebbe il dovere morale di ogni padre responsabile che ama la famiglia, disposto anche a donare piacevolmente la propria vita pur di salvare il benessere, l’onore e il prestigio famigliare. La UILS ritiene che il presidente della Repubblica dovrebbe prendere una esemplare iniziativa riducendo il suo emolumento a euro 3.000 mensili. Tale esempio sarebbe considerato dalla collettività un gesto d’amore verso il paese. Sicuramente sarebbe gradito da tutti i cittadini e tutti seguirebbero il suo assennato esempio nel sopportare i sacrifici imposti dai governi.
 
Per leggere l'articolo integrale e per conoscere le proposte della UILS  clicca qui.


ANTONINO GASPARO PRESIDENTE UILS



Responsabile ufficio stampa:
Daria Contrada,
Ufficio Comunicazione Istituzionale UILS 

Pierfranco Bruni e il SLSI: Pascoli e Dante anniversari nel 2015

Pierfranco Bruni


La scuola veicolo di cultura tra la tradizione e la classicità del moderno da Dante a Pascoli: due Anniversari da non dimenticare

Il Sindacato Libero Scrittori Italiani lancia il ruolo della classicità nella contemporaneità delle culture./Pascoli a 160 anni dalla nascita nell’Anno di Dante e il ruolo della scuola nel Progetto del Sindacato Libero Scrittori Italiani./Francesco Mercadante e Pierfranco Bruni:  “La scuola veicolo di cultura tra la tradizione e la classicità del moderno per il 2015, un invito per rileggere la civiltà dell’umanesimo dei linguaggi in un confronto tra i saperi profondi” -


Giovanni Pascoli/Anniversari/sindacatoliberoscrittoritaliani/Dopo il Centenario della morte - 1912 celebrato con incontri e un convegno internazionale si ricorda e si celebra Giovanni Pascoli a 160 anni dalla nascita (1855). Un avvenimento che si lega alla rilettura della letteratura italiana e non solo del Novecento e permetterà un confronto a tutto tondo, soprattutto nei Licei, su Pascoli e il mondo classico perché alla luce di questo anniversario si propone una rilettura degli scritti pascoliani su Dante di cui si celebrano i 750 anni dalla nascita.
Su entrambi, Pascoli e Dante, il Sindacato Libero Scrittori e la Fuis hanno lavorato e continuano in un progetto che li vedrà impegnati per tutto il 2015 e l’obiettivo è quello di aprire due finestre sul mondo della cultura: la scuola di ogni ordine e grado e un confronto molto aperto e serrato con il mondo scientifico. Metodologia didattica e funzione storico – bibliografica – scientifica sono i due percorsi che il SLSI – FUIS si sono proposti per un dialogo soprattutto con le nuove generazioni.
Il Pascoli celebrato tra il 2012 e 2013, nel Centenario della morte, con le diverse edizioni del saggio di Pierfranco Bruni e Marilena Cavallo, “Il mare di Calipso” (Pellegrini), ha avuto un riscontro straordinario sia in Italia che in molte realtà culturali di Paesi esteri. Con il ricordare Pascoli non si vuole ripartire dal Centenario, ma l’obiettivo è quello di portare nella dialettica culturale gli studi di Pascoli dedicati a Dante. Un Pascoli non conosciuto, quello che ha affrontato, studiato Dante pubblicando dei saggi che oggi risultano di grande interesse perché scavano in una chiave di lettura completamente originale.
Francesco Mercadante, Presidente del SLSI, ha dichiarato che “Stiamo portando avanti un lavoro che lascerà il segno e il nostro compito è sempre più quello di aprire confronti all’interno di una cultura che resta profondamente legata alla tradizione, ma si ritrova a fare i conti con un dibattito contemporaneo che è sempre privo di riferimenti o di elementi culturali leggeri. Noi vogliamo partire dai riferimenti forti e profondi per discutere”.
I 160 anni dalla nascita di Pascoli (nel 2015) sono un elemento per ritornare su un Pascoli che, come ha affermato Pierfranco Bruni, Vicepresidente del SLSI, e coautore del saggio su Pascoli, “è completamente fuori dalla visione schematica del ‘filosofo’ del fanciullino, sul quale bisognerebbe ritornare proprio per alcuni elementi di grande interpretazione del mondo orientale, e poi perché è necessario, proprio nel 2015, leggere Dante, del quale mi occupo in una stretta relazione con il pensiero del Novecento, anche attraverso gli scritti di Pascoli che hanno una loro profonda venatura metaforica. Questo perché ormai il SLSI si è aperto completamente ad un confronto con i giovani e con le realtà scolastiche, e con una nuova classe docente e dirigenziale, attraverso studi che riguardano anche la tipologia delle Antologie e dei testi di letteratura adottati nelle scuole. Il Sindacato Libero Scrittori ha anche il diritto e il dovere di salvaguardare la libertà delle culture”.
Pascoli, una nuova discussione nell’anno di Dante, abbraccia sostanzialmente tutta la storia della letteratura italiana dal Medioevo al primo Novecento.


1939. La diffusione dell'Islam alla vigilia della seconda guerra mondiale. Una retrospettiva su cui riflettere. 8-

In Francia i musulmani erano concentrati nel 1939-1940 oltre metà a Parigi ove, ascendevano a circa 60 mila ed avevano una bella moschea, inaugurata solennemente al termine del primo conflitto mondiale e costruita con i contributi governativi. Nel 1926 era stata anche fondata presso di essa l'Istituto musulmano, nel quale si tenevano corsi di lingue e di religione. Nel 1934 era stato pure inaugurato un grande ospedale, costato 25 milioni, e la municipalità di Parigi aveva ceduto il terreno per un cimitero, mentre erano stati già costruiti edifici moderni particolarmente ad uso dei numerosi marocchini, tunisini ed algerini, ospiti della capitale, anche in ragione dei contatti della Francia con le sue colonie. Era esponente della comunità musulmana nordafricana il noto sidi Kaddur ben Gabrit, presidente della Société des Habous des Lieux Saints de l'Islam, costituitasi nel 1917. In Germania sorgeva una moschea a Berlino, ove si pubblicava l'organo panislamico al-Ittihad al Islam. Nella capitale tedesca vi era anche un'associazione della quale era presidente il convertito dottor Hamid Marcus e segretario l'imam indiano dottor S.M. Adbullah. Un altro gruppo islamico esisteva a Vienna, in Austria, ove aveva sede una forte associazione islamica. A Praga un altro organismo musulmano raggruppava elementi anche stranieri convertiti ed aveva esponenti hag Mohammed Abdallah Briskius e fraulein Azizah Illinger. Nell'Europa centro.orientale vi era un'altra moschea in costruzione a Varsavia ed un'altra a Budapest. In Jugoslavia i musulmani erano compatti, ma non godevano della piena libertà religiosa e questo dava luogo a lamentele. Tuttavia essi hanno a disposizione centinaia di moschee, scuole elementari, istituti superiori, tribunali e altre istituzioni ed erano anche rappresentati nella pubblica amministrazione. Nel governo jugoslavo si annoveravano 30 deputati e senatori. Hanno diversi giornali e riviste, oltre che tipografie, soprattutto in Bosnia. Serajevo era il centro dell'Islam slavo con oltre il 50% della popolazione e 100 moschee. La maggior parte di tali organi era in territorio croato e anche bulgaro. Forte l'Islam albanese, con il centro culturale di Tirana. Anche in Grecia, in quel periodo, si stava costruendo una grande moschea. -8
, continua.
Casalino Pierluigi, 31.12.2014

1939. La diffusione dell'Islam alla vigilia della seconda guerra mondiale. Una retrospettiva su cui riflettere. - 7


Passando alle Americhe, nel 139-1940 le statistiche relative alla diffusione dell'Islam offrivano i seguenti dati: Canada 0,006%, USA 0,14%, Guyana olandese 25%, Guyana britannica 68%, Guyana francese 6%, Brasile 0, 06 %, Venezuela, Colombia e Argentina insieme 0,1%. In altri termini i musulmani costituivano dunque lo 0,10% della popolazione del Nord America e lo 0,12% del Sud e del Centro America. Non era priva, però, di interesse qualche notizia circa il rapido sviluppo dell'Islam in quelle terre. Quanto al Brasile, si faceva notare la costituzione nel 1934 dell'Associazione della Gioventù musulmana" con programma culturale e religioso, e l'esistenza in Brasile di colonie siriane e libanesi,composte anche di cattolici peraltro. Le associazioni arabe erano, tuttavia, ben organizzate. Nel 1939-1940, negli USA su 175 mila musulmani ben 75 mila erano convertiti americani. Non si contavano le moschee e le associazioni islamiche, in continua espansione in tutto il Paese.La propaganda era attiva ovunque, specialmente nei grandi centri e si registrava anche una nazione islamica nera se pure in formazione. Negli USA le conversioni avvenivano al ritmo di 15 mila all'anno, secondo stime locali. Oltre ai musulmani tradizionali, sunniti e shiiti,  tra i neri fiorivano le sette eterodosse dei Bahai e degli Ahmaddiyyah, Si aveva notizia anche del "The Moorish Holy Science Temple, associazione dei neri massonici. Riguardo all'Oceania la statistica del tempo offriva una cifra apparentemente esigua rispetto a quanto avvenuto in modo impressionante dalla metà del XX secolo ad oggi. Non è un caso, comunque, che già da allora (1939-1940) si segnalava un movimento sensibile di crescita dell'Islam: il proselitismo era attivissimo nelle isole Gilbert, nelle Ebridi, nella Nuova Caledonia e qualche traccia si coglieva in Australia e New Zealand. Per l'Europa e i paesi sovietici, i dati disponibili erano i seguenti: Inghilterra 0,1%, Francia 0,3%, Finlandia 0,2%, Germania 0,3%, Albania 57%, Jugoslavia 12%, Bulgaria 15%, Ungheria 15%, Grecia 2%, Romania 1%, Polonia 0,4%, Lituani 0,1%, Russia sovietica e tutto il resto dell'URSS 0,3%, Crimea 56%, Kazan 65%, Isole italiane dell'Egeo 10%, altri paesi percentuali non pervenute al tempo. In complesso i musulmani in Europa rappresentavano in totale l'1,1% della popolazione residente. Circa gli sviluppi dell'espansionismo islamico, in ogni caso percepito in ascesa, occorre dire che nel Regno Unito esisteva la "British Moslem Society", centro Londra, della quale fu presidente Lord Headly, morto nel 1936, I musulmani inglesi erano ancora a livello di 5 mila, la maggior parte a Londra e diversi erano di famiglie ragguardevoli. Fra di essi avevano grande influenza le correnti Ahmadiyyah e questo appunto aveva fatto sì che , alla morte di Lord Headly, il suo successore Omar Stewart Rankin, essendosi opposto a tale corrente, aveva dovuto rassegnare le dimissioni. Il Rankin era divenuto a sua volta presidente della nuova Associazione musulmana sunnita della Gran Bretagna per la diffusione dell'Islamismo secondo gli insegnamenti di el-Azhar. Di questa nuova associazione era segretario un egiziano e contava subito di 150 membri, tolti alla società rivale. A questo movimento ortodosso aderiva l'Istituto musulmano del professor el-Mawgi, ove si insegna la lingua araba. Oltre alla moschea degli Ahmadi di Woking, ve ne era un'altra indiana nel East End. 7- continua.
Casalino Pierluigi, 31.12.2014

1939. La diffusione dell'Islam alla vigilia della seconda guerra mondiale. Una retrospettiva su cui riflettere. -6

Simile al fenomeno indiano degli intoccabili è quello della conversione e dell'elevazione religioso-sociale dei negri pagani dell'Africa Occidentale, si diceva nel 1939-1940. Meno organizzati degli indiani, si sottolineava, apparivano ugualmente disposti a cambiare credo e fede, poiché sentivano, a dire di chi li frequentava, i limiti dei loro culti, desiderando di promuoversi socialmente, oltre che, bisognava riconoscerlo, economicamente. Il negro, si faceva allora presente, poteva trovare tali aspirazioni largamente e facilmente nell'Islam (il caso della conversione all'Islam wahhabita- saudita- del Gabon alla fine del XX secolo, ne è stata una riconferma in seguito), che quindi incontrava un terreno ben disposto alla sua propaganda. Esso Islam, infatti, sembrava (e sembra ancora con i mezzi finanziari che oggi ha a disposizione) un livello civile ed una credenza religiosa effettivamente superiore al primitivo animismo e soprattutto avvinceva con la sua larga accondiscendente legge morale piuttosto assolutoria e comunque percepita dalle popolazioni negre semplice o rudimentale. Per di più la società islamica nella sua solidale coesione sociale sembrava, peraltro, garantire al neo-convertito quell'aiuto di cui ha bisogno. Inoltre la già citata facilità del dogma, la scarsezza e semplicità degli obblighi religiosi, l'assenza di misteri che conturbino la mente e il fondamentale concetto di uguaglianza che si manifestava (e tuttora si manifesta) nell'uso del comune copricapo, portato tanto dal sovrano che dal più umile fellah. Tutte considerazioni che spiegavano (e continuano a spiegare) il successo della marcia trionfale e conquistatrice dell'Islam. I missionari cattolici, infatti, affermavano (e in genere lo affermano ancora ai giorni nostri) che i musulmani riuscivano assai prima di loro a formare dei propagandisti fra i convertiti, di quello che essi non ottenevano (o non ottengono) per istruire dei semplici catecumeni. Nel Nyassa, in dieci anni, la penetrazione musulmana, si notava, era stata generale e generalizzata, se non addirittura irrefrenabile e travolgente: erano già presenti in ogni villaggio con la loro capanna-moschea. Nei possedimenti francesi, che costituivano tanta parte del Nord e dell'Occidente dell'Africa, l'Islam trovava in ogni caso un ottimo alleato nella politica francese, protettrice ad oltranza dell'Islam, anche a fini di tutela degli interessi coloniali. Altri mezzi della diffusione era segnalata la propaganda spicciola dei commercianti musulmani, che da centri costieri si spargevano nell'interno e risalivano i fiumi, spingendosi fino al Ciad, dall'altro lato era l'azione di carattere apparentemente ascetico dei marabutti o capi religiosi, che tenevano a far setta e ve ne erano stati e ve ne sono tuttora, che hanno un seguito anche di varie migliaia di fedeli. Inoltre l'Islam aveva, come riferivano sempre i missionari cattolici e cristiani in genere, le sue forme strategiche d'azione: ad esempio era riuscito a convertire gli Hussa nigeriani, nella zona di Kanu, il quali trovandosi a controllare geograficamente le vie della Guinea al Ciad, avevano cominciato a svolgere una lenta penetrante opera di accerchiamento dei negri delle foreste del Niger e del retroterra guineiano. I notabili musulmani avevano creato un vero impero e condizionavano le sorti dei commerci e dei traffici in concorrenza con i negri cristiani del sud, in questo, si ribadiva, con l'aiuto o complicità degli inglesi, in ossequio alla loro tradizionale politica del divide et impera. Quanto, poi, al Sudan francese, in particolare, colpì la pubblica opinione francese e non solo francese, la relazione del vescovo missionario Monsignor Molin, Vicario Apostolico di Bamako (oggi Mali), apparsa sulla Croix di Parigi il 23 marzo 1932 - che fu a suo tempo riprodotta e riportata su vari organi scientifici, oltre che missionari. L'interesse del documento, di grande attualità ancora ai nostri giorni, trascendeva l'importanza contingente e del territorio al quale si riferiva, per la capacità di analisi e di prospettiva. A proposito dei mezzi sussidiari di propaganda, il prelato francese scriveva: "...gli agenti della propaganda musulmana sono numerosi; sono funzionari indigeni, soprattutto interpreti, intermediari necessari fra i negri e il personale francese dell'amministrazione coloniale, il quali riservano ogni favore ai loro correligionari,....rappresentanti di ditte commerciali europee, i quali nei villaggi dove si stabiliscono per l'acquisto di prodotti locali, fondano spesso accanto al loro negozio una scuola coranica...Ma in ispecie voglio nominare quei parassiti odiosi rappresentati dai marabutti...profittatori senza scrupoli della credulità popolare dei neri, essi incutono terrore con il loro atteggiamento deciso e violento, con il loro sguardo minaccioso...si mostrano religiosi...inoltre essi lusingano il loro (dei negri) spirito di indipendenza e predicando la liberazione dei negri da parte dell'Islam...Ciò che fa loro (ai neri) preferire così l'Islam alla religione cattolica, quando la conoscono poco, non è la fede in Maometto, ma è il fatto che l'Islam non chiede loro nessuno sforzo, nessun catechismo da imparare, nessuna morale fastidiosa e soprattutto nessun ostacolo da superare, prospettando come desiderabile e raggiungibile la poligamia. I neri, continua Molin, sono tutti convinti che il cattolicesimo è la vera strada di Dio (diceva un catechista indigeno), ciò che impedisce loro di seguire la strada è il fatto che hanno e vogliono prendere parecchie mogli. Anche però fra i negri molto dipende dall'indole della razza o da un vario complesso di circostanze interne ed esterne". Ad esempio, nel Congo belga, si raccontava, gli indigeni erano refrattari al fenomeno musulmano e fioriscono, invece e vi sono d'altra parte ben organizzate ed attive le missioni cattoliche. 6-continua
Casalino Pierluigi, 31.12.2014