Angelo Giubileo, IL SEGRETO DEL NATALE E LA NOTTE DELL'AVVENTO



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Da: Angelo Giubileo <angelogiubileo6@gmail.com>

*Filosofo e Giornalista

**su Asino Rosso blog

"Magnifiche sorti e progressive...". La sintesi, che il Poeta rifugge, sta tutta qui, in quel detto che essenzialmente cancella il passato e istituisce la dittatura del presente e del futuro.
Paolo non trovò accoglienza alcuna presso l'Aeropago ateniese e, ricordando l'episodio, decise di rivolgersi ai Corinzi in modo diverso, ma mai prescindendo dal messaggio relativo al secondo e quindi nuovo Avvento del già nuovo "Chrestos" platonico.
Dalla tesi ebraica di un futuro "terreno", tradita dai fatti occorsi, alla tesi di un futuro "celeste" di resurrezione, teorizzando una forma di apocatastasi divina. Tutto già detto e ridetto, in epoche e millenni pregressi. E quindi davvero nulla di nuovo sotto il sole... 
Paolo proseguì allora nel suo viaggio e giunse a Roma, laddove trovò terreno fertile per il suo presente e futuro messaggio... Equivalente alla formazione e globale diffusione di un impero, unico e assolutista.
E comunque occorsero oltre tre secoli perché questa tesi, progressista, venisse definitivamente, si fa per dire (!), accolta. Tre lunghi secoli durante i quali, viceversa, il passato non fu mai cancellato - ma solo sepolto sotto la cenere dei nuovi culti ufficiali, civile e religioso -, e quindi il passato restava comunque lì, nell'Ade o Inferno che sia, sempre pronto a riemergere come un'araba fenice. 
Passato presente e futuro, un mito trinitario eterno: "In principio era il verbo, e il verbo era presso Dio, e il verbo era Dio". E allora, dov'era la novità di Paolo? A intendere correttamente il messaggio, non c'era, non c'è, non poteva "esser-ci". 
L'Avvento di Paolo sarebbe stato piuttosto l'Apocalisse coincidente con l'Avvento definitivo di Giovanni. Crescendo e moltiplicandosi a dismisura, a dispetto del celibato sacerdotale (!), l'umanità aveva già aperto e avrebbe ancora aperto il futuro all'avvento della Bestia trionfante: il Santo è uno, le due Bestie i molti. L'uno e gli altri sopraggiungono e trovano quindi accoglienza da "Dio" e in "Dio" - finanche uno e trino, nient'altro che forme e nomi dell'unico <essere> che <è> - e quindi nell'<essere> che tutto intero <è>. Perfino oltre il tempo, passato presente e futuro. 
L'uno o l'essere, e i molti o gli <enti>. Sarà in fine Heidegger a ricondurre l'uomo sulla via di Parmenide e nell'aperto della radura ri-velare il "silenzio" dell'<essere>, eterno, che accoglie tutti gli <enti> sia al di qua che al di là del tempo. 
E il Poeta? Ad Egli non resta che "ra(m)memorare l'enigma dell'essere".


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Roberto Guerra