LA NON TROPPO DOLOROSA ED INFELICE CESSIONE DI NIZZA E SAVOIA ALLA FRANCIA OVVERO UNA RILETTURA AUTENTICA DI UNA PAGINA POCO CHIARA E ANCORA CONTROVERSA DEL NOSTRO RISORGIMENTO

 Il 1° marzo 1860 Napoleone III ruppe gli indugi (anche su sollecitazione di un'opinione pubblica inquieta sull'argomento, oltre che preoccupata della probabile soluzione della questione romana, che stava interessando tutto il mondo cattolico-francofono, Canada compreso) e pretese Nizza e Savoia, cadute nel dimenticatoio dopo le prime intese del 1859. E ciò, disse l'imperatore dei francesi "...in vista della trasformazione dell'Italia in Stato possente". A Villafranca la Francia di Napoleone fu messa in condizione di fare marcia indietro (e non solo dalle gravi perdite subite in vite umane nel corso del conflitto dei Franco-piemontesi contro l'Austria: le Legazioni, infatti, dovevano tornare al Papa, il Ducato di Modena agli Asburgo-Este e il Ducato di Parma ai Borbone, il Gran Ducato di Toscana ai Lorena. Cavour si dimise da primo ministro per il comprensibile rifiuto dell'Austria di averlo alle trattative di pace, non avendo l'esercito piemontese riportato vittorie significative negli scontri, compreso San Martino che, contrariamente a quanto scrivono gli storici aulici, fu una scaramuccia di basso profilo. Il primo punto del trattato armistiziale di Villafranca, che prevedeva una confederazione di Stati Italiani sotto la presidenza del Papa, non piacque a Cavour. Il premier sardo dovette prendere atto, infatti, che i francesi avevano conquistato ed ottenuto la Lombardia, salvo le fortezze del quadrilatero, controllandola con il generale Valiant, grazie a cinquantamila uomini, armati di modernissimi fucili e di cannoni rigati, vittoriosi sugli imperial-regi a Magenta e a Solferino, pur con la perdita di oltre ventimila uomini. La vista delle perdite francesi e l'atteggiamento delle potenze europee, non troppo favorevoli all'allargamento ad est della Francia, spinse Napoleone III a reclamare ormai apertamente Nizza e Savoia. Il Piemonte si trovò quindi in casa i francesi, dopo aver tentato di cacciare gli austriaci. l'emissario còrso Benedetti giunse a Torino con l'ultimatum su Nizza e Savoia, che finì per aprire la porta occidentale d'Italia allo straniero. Ma sui successivi sviluppi torneremo.
Casalino Pierluigi