STEFANIA ROMITO
Sto parlando di Luciano De Crescenzo, nato a Napoli il 20 agosto del 1928 e morto a Roma il 18 luglio del 2019. Lo scrittore-ingegnere, o l'ingegnere-scrittore, che dalla sua Napoli, dalla sua mediterraneità ha intrapreso un viaggio nella scrittura, nella letteratura, nel cinema passando da attore attraverso un percorso di rapporti teatrali.
Dopo questo libro vennero altre esperienze interessanti come la Napoli di Bellavista. Sono figlio di persone antiche, pubblicato nel 1979. Il suo viaggio nell'attività letteraria è stato intrapreso attraverso due modelli: la filosofia e il mito. Egli diceva che mito e filosofia sono un intreccio costante soprattutto per noi che siamo greci, mediterranei. Che siamo dentro questa mediterraneità.
Si inizia a percorrere il viaggio di Luciano De Crescenzo attraverso la Storia della filosofia greca. I presocratici del 1983. Il suo discorso su Bellavista continua con il libro Oi dialogoi. I dialoghi di Bellavista. Riprende in seguito il discorso filosofico passando ad un altro volume del 1986 dal titolo Storia della filosofia greca. Da Socrate in poi.
Si può notare come il suo percorso letterario sia dentro i cardini della filosofia e del mito che è dentro la filosofia greca. Il libro su Elena verrà dopo e successivamente pubblicherà altri testi sulla grecità e sul mito tra cui Zeus. I miti dell'amore del 1992 e I miti degli dei del 1993. Nello stesso anno dà alle stampe un testo che ha posto le premesse per una riflessione profondamente precristiana che raccoglie il senso dell'ontologia mitica.
Ciò dimostra che dentro questa visione della letteratura c'è una profondità di conoscenze in cui si racconta la storia dell'Occidente e dell'Oriente, grazie sempre ad una grande ironia che è quella napoletana che si veste di mistero. Emblematicamente usa la parola come metafora creando il sorriso, il riso, la teatralità dell'ironia, perché ogni suo libro vive di teatralità. È come se fosse dentro il libro stesso, come se vi fosse la recita.
Nel 1999 pubblica I grandi miti greci. Gli Dei, gli eroi, gli amori, le guerre. Una notevole risorsa culturale soprattutto per le nuove generazioni che si sono confrontate con uno scrittore contemporaneo penetrando la classicità. Un dato significativo in un tempo di modernità in cui sovente si dimenticano i valori delle tradizioni.
Conclusa questa fase (dopo averci regalato due libri significativi per un passaggio non soltanto letterario ma anche umano e esistenziale, mi riferisco a Il tempo e la felicità del 1998 e a La distrazione del 2000) De Crescenzo si confronta con i modelli filosofici che sono più vicini a noi, ovvero con la filosofia medievale. Nel 2002 scriverà un libro dal titolo Storia della filosofia moderna. Da Niccolò Cusano a Galileo Galilei.
Leggendo questi titoli pensiamo immediatamente a un filosofo.
Lavorando su questo tracciato ci regala anche un immaginario singolare, quello che si vive nel libro dal titolo Gesù è nato a Napoli. La mia storia del presepe (2013). In questo modo si articola il mondo di Luciano De Crescenzo. Un fatto di grande interesse poiché pone sempre all'attenzione il dubbio, mai la certezza o la verità. Egli dirà: "Il dubbio mio buon amico è una divinità che bussa con gentilezza alla tua porta e chiede di essere ascoltata".
Sono del parere che questo sia il dato centrale in cui si muove la sua scrittura, l'esistenza del tempo di Luciano De Crescenzo. Nascere a Napoli, laurearsi in Ingegneria e poi vivere a Milano, ritornare spesso a Napoli, fermarsi a Roma, è un segno tangibile di come i luoghi abbiano potuto influire all'interno del suo viaggio letterario e umano.
Ecco il rapporto dei luoghi che caratterizza il senso della ragione. Nella sua autobiografia dirà: "Aveva ragione Pascal quando diceva: l'infelicità del mondo dipende dal fatto che nessuno vuole restare a casa sua".
Una osservazione fatta con il sostegno del suo dire napoletano, ma anche con la saggezza dell'uomo che aveva vissuto e dello scrittore che aveva scritto. Sempre nel suo libro autobiografico scriverà: "Il saggio non nega e non afferma, non si esalta e non si abbatte, non crede né all'esistenza di Dio né alla sua esistenza. Il saggio non ha certezze, ha solo ipotesi più o meno probabili".
Una frase lapidaria per raccontare, in questo drammatico momento, un Luciano De Crescenzo che può essere considerato un vero e proprio riferimento pedagogico per comprendere quegli aspetti che vivono nella filosofia, nel mito e nella vita.
Lo incontravo spesso al Premio Strega. Con quella sua cadenza napoletana sapeva vivere l'eleganza in un vestito bianco con cappello. Il suo sguardo impeccabile, calmo e rassegnato, era quello degli antichi saggi che conoscono il tempo della vita e il tempo della fine. Un vero scrittore moderno che non aveva mai dimenticato quella classicità in cui la mediterraneità era l'incipit di un esistere nella tradizione delle forme, dei costumi e dei linguaggi. Uno scrittore che applicava la saggezza dell'ironia, al linguaggio, alla parola, al libro.
Gli anni passano. Gli scrittori anche. La letteratura resta. Un giorno ci incontreremo nella grande giostra delle parole per raccontarci non solo ciò che abbiamo vissuto, ma ciò che saremo ancora. Perché lo scrittore è un profeta. Altrimenti resta un cronista.