venerdì 8 luglio 2016
Sgarbi ‘riporta’ a casa la Monna Lisa. Sì, ma è un’automobile | estense.com Ferrara
*nota di Roby Guerra " Ma sempre troppo grande Vittorio! Per la piccola Ferrara, di cranio e
non solo. Un automobile spot soltanto? Grande l'automobile sempre
simbolo del futurismo, liberatrice di spazio e di tempo, altro che mini
gulag car e sharing sopravvalutati solidali! Monna Lisa torna nel
registro di sistema con l'automobile 2.0 intanto, poi queste azioni
futuriste devono essere i Politicanti a concretizzarli, non gli
artisti!!!"
È scomparso Yves Bonnefoy. Un linguaggio scavato una poesia dell’essere Pierfranco Bruni
È scomparso Yves Bonnefoy.
Un linguaggio scavato una poesia dell'essere
Pierfranco Bruni
È morto Yves Bonnefoy. Un poeta, un critico delle arti. Un traduttore delle relazioni tra linguaggi e forme. Nella sua poesia il sentire il tempo come scavo e poesia dell'essere. Si cammina con lui nella parola. La poesia come esperienza dell'anima, come vissuto di esistenze, come fuoco e metafora di un viaggio inesorabile e insondabile, ma anche come costante di una ricerca metafisica che coinvolge il taciuto e l'ombra della parola.
C'è una caratteristica fondamentale in tutta l'opera di Yves Bonnefoy che è l'intrecciare l'immaginazione con le parole, ovvero con il linguaggio.
Nella sua poesia ci sono le "eternità del fuoco". Ma tale metafora è adottabile nella lettura dell'opera complessiva di Bonnefoy, nella quale sono rintracciabili i segni di una estrema consolazione – resurrezione. In fondo il suo approcciarsi iniziale alla letteratura, poi sviluppatasi in quel suo intrecciare la poesia – linguaggio alla critica – pensiero, ha avuto proprio come elemento di fondo il risorgere.
Far risorgere con la consolazione la parola dandole il linguaggio della resurrezione. Uso questi concetti non in termini necessariamente laici ma effettivamente cerco di dare al tutto un immaginario sacrale. Perché la poesia, la parola, il linguaggio sono le estreme coordinazioni di una sacralità.
La poesia ha il suo valore sacro ed è sacro il linguaggio in quanto è sempre espressione dell'anima. Così in questi splendi versi di una poesia dal titolo, appunto, "Eternità del fuoco": "Fenice rivolta al fuoco, che è destino/E chiaro paese raggiante le ombre,/Sono, gli dice, colei che tu attendi,/Vengo a smarrirmi nella tua terra grave". La poesia ha una sua natura e questa sua natura ha un involucro le cui foglie sono malinconia e piacere. Può spegnersi.
Sogno – pensiero è un legame forte che diventa una trama di un viaggio immaginario e dentro il tempo della memoria. In suo articolo apparso su "Il Sole 24 Ore" (1999) ebbe a scrivere riferendosi al quadro della poesia del Novecento, ma non necessariamente del Novecento: "L'immaginazione è la nostra facoltà di rappresentare delle immagini, in altre parole, delle forme o delle figure la cui esistenza è puramente mentale. Ma è anche l'atto durante il quale ci avvaliamo di questa facoltà immaginativa per sostituire a una situazione reale, quella in cui ci troviamo al momento, una situazione diversa, reale solo nella nostra mente. A questo fine facciamo appello alle nostre capacità di ideazione, anticipazione e memoria e se ci imponiamo questo sforzo è perché spesso il risultato di questa sostituzione ci fa piacere. Essa ci consente di realizzare, sia pure solo in forma di sogno, e spesso senza alcuna conseguenza diretta sulla nostra esistenza reale, un desiderio che non siamo in grado di soddisfare nella situazione in cui ci troviamo".
La poesia come una "forma di sogno". Ma è sogno. Perché il sogno vince sulla realtà e la poesia non ha bisogno del reale in quanto Bonnefoy è convinto che "il mondo immaginato ravviva il nostro desiderio di essere". In lui insiste una caratteristica che forse si potrebbe definire meta-evangelica soprattutto quando parla della salvezza.
La salvezza è possibile toccarla dopo che tutto è distrutto. La salvezza nasce dalla distruzione: "E' vero che occorreva distruggere e distruggere e distruggere,/E' vero che la salvezza era a quel prezzo" (da "L'imperfezione è la natura"). Dentro questo labirinto di pensiero religioso – sacro, Bonnefoy pone l'importanza dell'imperfezione. L'opera d'arte non solo la si deve leggere e comprendere nel suo senso incompiuto, ma anche nella sua dimensione – valore di imperfezione. Come gli uomini che sono l'immagine dell'imperfezione. E in questo concetto la sua religiosità del linguaggio si fa sacralità della parola.
Ancora nella poesia appena citata il contrasto/conflitto/risoluzione si tematizza su un tale versante: "Amare la perfezione in quanto soglia,/Ma conosciuta negarla, dimenticarla morta,//L'imperfezione è la cima".
Qui sta forse il senso del suo camminare tra la vita e le parole. La sua poesia è in questo immaginario di pensieri che diventano scoglio di esistenze, già dicevo, ma anche in un fuoco che "squarcia il giorno" nel giorno che rincorre l'alba e l'alba è sempre rincorsa per essere vissuta come luce. Ed è la lingua che si interiorizza come senso. Il senso dell'esistere.
La lingua occorre considerarla, ci dice Bonnefoy, come "un materiale sottomesso a una operazione totalmente e radicalmente indenne dalla personalità dell'operatore. Quindi resta un'operazione sulla Forma, l'impostazione infine di una forma al flusso di parole che di per sé hanno perso un senso" (così scriveva sul "Corriere della Sera", 22 settembre 2001). È la metafora nella metafisica del vivere il peso e la profondità di una parola che è riassume la complicità dell'essere, del pensiero e della forma.
Nella sua poesia, ma si potrebbe dire nella sua scrittura e nel suo scrivere, il silenzio non è una parola taciuta, ma diventa un linguaggio del vivere: "… come nascere impaziente/Sconvolge il suolo,/Tu neghi con gli occhi/Il peso delle argille stellari".
Dunque, una scrittura scavata ma anche una scrittura dell'essere. Non solo dell'essere stato, e quindi un coinvolgere il tempo come immaginario perso nell'immaginario di un tempo conquistato, ma soprattutto della salvezza vissuta. In questo concetto della salvezza vissuta si vive, in Bonnefoy, la salvezza conquistata e da conquistare tempo dopo tempo. Un poeta nella scrittura del pensiero.
Yves Bonnefoy era nato a Tours il 24 giugno del 1923. E' morto a Parigi l'1 luglio del 2016.
L'omicidio razzista di Emmanuel Chidi Namdi? Colpa anche del PD buonista uber alles!
http://www.estense.com/?p=559432
Il tutto in un clima di prevalente disinformazione buonista generalizzata a scapito anche dei migranti onesti e capaci di integrarsi (Stiamo parlando di Grandi Numeri). Purtroppo la Bellezza o la Cultura salvano le persone ma non cambiano il mondo, innestano evoluzioni mentali e poi sociali si ma a medio e lungo termine, mentre il Reale tutt'oggi sfugge a veresoluzioni umanitarie e di salvaguardia dei valori veri occidentali, ribadiamo per l'incapacità culturale (anche in malafede) delle macchine politiche a tutti i livelli, dai governi italiani, all'Unione Europea e all'Onu e delle Macchine stesse dell'Informazione: veresoluzioni che esigono tempi a breve termine, urgenti.
Gli scenari immediati sono anche inquietanti, anche perchè il livello medio sociale e civico è già regredito per contaminazioni etnico sociali acritiche in dinamiche palesemente neomedievali e neotribali.
I delitti di Milano del folle clandestino di qualche anno fa con l'ascia a cielo aperto e questo pestaggio omicida di un italiano xenofobo verso un migrante onesto dimostrano come indizi estremi tale regressione psicosociale e comunitarie.... Una regressione che tuttavia già si manifesta da altri e diffusi indizi, sempre per il mito della facile integrazione generale acritica: regressioni neotribali e neomedievali in sconcertante aumento; è come in Medicina, un virus che compromette l'organismo intero. I costumi collettivi ritornano al passato, l'emulazione è anche inconscia, come segnalano anche femminicidi e altre barbarie dalle cronache, territori stessi in molte città ingestibili o quasi...
E al di là del libero arbitrio che non può giustificare nulla, i mandanti morali sono è l'intera Classe Politica italiana, troppo buonista da un lato (e in malafede spesso per Business Migranti), riassumendo, incapace di modulare la sfida epocale dei migranti secondo i nostri valori democratici e occidentali, dall'altro troppo poco complesse -le opposizioni- come risposte vereumanitarie, al di là delle diagnosi verosimili che ancora peraltro in Italia e Europa si esorcizzano, svelando l'impotenza reale, per disegni politici o follia condivisa poco importa.
Ci vorrebbe una tabula rasa molto ampia delle intere classi politiche oggi ai vertici, ovunque, nuove generazioni giovani politiche con basi conoscitive e non ideologiche... Utopia, i tempi sono stretti, e le rivoluzioni appaiono solo all'improvviso, non si possono pianificare! Non resta, ma anche qua manca la volontà politica e spesso culturale anche, che una specie di patto nazionale , come ai tempi degli anni di piombo, contro il terrorismo rosso, uscendo dal mito buonista e dal debolismo alternativo, per salvare il salvabile, Oppure anni bui facilmente prevedibili.
Syd Barrett, il grande poeta dei Pink Floyd
Syd Barrett? un poeta spaziale icona dell'era siderale ed elettronica, il padre fondatore dei Pink Floyd, i primi album sempre fondamentali, The Piper.... Interstellar Overdrive, Saucerful ..secrets, Ummagumma, anche i suoi singoli finali... Baby Lemonade ecc, memoria registro di sistema che i Pink Floyd, Roger Waters e tutti gli altri membri della band hanno sempre onorato non solo con dediche esplicite come Wish You Are o questo .. CRAZY DIAMOND, ma im tutti gli album successivi alla dipartita assolutamente letteraria e tragica sia ben chiaro del geniale Syd, roba da fare impallidire quasi Proust e Kafka! Se la poesia ha senso nel duemila, Syd Barrett uno dei grandi poeti, suoi i testi anche dei primi album , a dir poco straordinari, del XX/XXI secolo matrix!
fonte La Repubblica
La sua band ha un nome molto originale. Ma chi le ha suggerito il nome Pink Floyd?". "Gli alieni!". "Sono una persona piena di polvere e chitarre", a cominciare da quella Fender Esquire intarsiata di piccoli specchi circolari. Genio e somma sregolatezza, simbolo del b-side del sogno psichedelico inglese dei baby-boomers, un talento immane bruciato nel volgere di appena tre o quattro primavere: il 7 luglio di dieci anni fa ci lasciava Roger Keith Barrett, detto Syd. Era nato a Cambridge il 6 gennaio del 1946; e sempre lì morì, dopo un'eclissi durata oltre trent'anni. Il tempo di fondare una delle rockband più influenti di sempre, i Pink Floyd (dal nome degli amati bluesmen Pink Anderson e Floyd Council…. o su input extraterrestre) e di imprimere il suo segno creativo e svagato nell'inconscio collettivo di più generazioni di musicisti. Dei Floyd, Syd è stato l'anima e il frontman incontrastato dal 1965 alla fine del 1967: solo dopo sarebbe decollato il biconsolato Roger Waters/David Gilmour. Li ha presi per mano e condotti verso territori interstellari, in direzione di un beat imprevedibile e infarcito di invenzioni chitarristiche, magari usando un accendino al posto del plettro. Poi, si sa, i troppi acidi assunti hanno concorso a macerargli il cervello: Barrett è uscito da se stesso, e già non era più lui quando la band si è vista costretta ad allontanarlo, continuando però a evocarlo per tutti i dischi degli anni settanta, quelli del poderoso successo commerciale.
....... CONTINUA
http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2016/07/07/news/syd_barrett_a_dieci_anni_dalla_morte-143138067/