Nell'attualità, spunta sempre qualcuno, uno dei soliti noti, che ci fa la morale sul ruolo e la funzione degli intellettuali … eh, che palle!
Ma, chi sarebbero questi intellettuali; e soprattutto, chi sarebbero gli intellettuali? Di certo, gli appartenenti a una categoria, ammesso che esista, che non potrebbe non avere a che fare che con il sistema della divisione del lavoro e con la pratica odierna delle più svariate specializzazioni.
In un sistema economico siffatto, la figura dell'intellettuale è contemplata sia da Platone, nell'antichità, che da Adam Smith, nella modernità. Per il primo, la diversità è originaria ed è pertanto essa stessa causa della divisione del lavoro; per il secondo, la questione è più complessa tanto che all'interno di una qualsiasi società moderna ciascun lavoro è in parte causa e in parte effetto dell'intero sistema di produzione e di consumo. Così che, l'esercizio di ogni ruolo e funzione dipenda per così dire non tanto dal talento naturale di ciascun lavoratore quanto piuttosto dal sistema economico di appartenenza.
L'intellettuale platonico è pertanto quello stesso filosofo e sapiente che per sua propria natura era destinato al governo (questo è il termine usato da Platone!) della nazione. In tempi moderni, diremmo: colui che è destinato al ruolo di consigliere del re o del principe o in senso lato dello Stato. E che, mediante l'esercizio di un ruolo e di una funzione rimasti alterati nel tempo, anche oggi esercita il ruolo di "sacerdote" o comunque dignitario del potere costituito, di "cortigiano" o, come si sarebbe detto qui da noi in Italia appena un paio circa di decenni addietro, comunque un intellettuale "organico", in ogni caso un predestinato. Ma, è evidente: organico a cosa? Se non appunto a un partito, a una corte, a una massoneria, a una chiesa, ovvero a una comunità "chiusa" di appartenenza che, in ogni caso, assolva e assolve al ruolo e alla funzione di gestire e garantire il potere "organico", così come costituito!
Secondo i "molti", intellettuale sarebbe pertanto chi si fa portavoce e manifesta un pensiero che sia quello stesso e non un altro. Così che, a emblema: il sinistro Marx, filosofo borghese che nel corso del proprio tempo pare non sia mai entrato in una miniera, sia ritenuto senz'altro un intellettuale di pregio assoluto; titolo invece che non dovrebbe mai appartenere al destro Heidegger, per avere avuto e nutrito nel corso del proprio tempo simpatie nazionalsocialiste e pur se universalmente noto tra gli addetti come il maggiore filosofo del Novecento.
Così che, il modello dell'intellettuale che prevale ancora oggi è quello dell'intellettuale "di parte", quasi sempre al servizio delle idee e dei discorsi di chi detiene il potere. Siffatto intellettuale è l'autore, ma soprattutto l'editore, e in genere il funzionario, ovvero il media che diffonde alla massa il messaggio dell'élite di potere.
E tuttavia, un modello alternativo esiste.
Un modello per il quale letterati "autorevoli" (!) come l'austriaco Peter Handke, quest'anno, assurgono alla massima dignità del premio Nobel. Tale decisione è stata contestata dai soliti e noti "intellettuali", perché lo scrittore, amico di Slobodan Milosevic, in passato ha taciuto sia i crimini di guerra del dittatore sia difeso i carnefici di Bosnia.
Ma la critica - pur naturalmente legittima e almeno altrettanto autorevole - esprime un più grave rammarico, tanto che, più o meno sempre gli stessi, oltre a condannare il passato ideologico dell'autore austriaco de "Il peso del mondo" (Guanda), insistono soprattutto sul declino attuale del ruolo e della funzione tipici degli intellettuali. I quali sarebbero oggi sopraffatti da un sistema di comunicazione che privilegia internet e - cosa ancor più grave e inconcepibile - relega quello che ritengono il "vero intellettuale" e quindi loro stessi a un ruolo e a una funzione praticamente irrilevante, sopraffatti da bloggisti e, peggio ancora, influencer. E che bloggisti e influencer siano o non siano "autorevoli", per loro ha poca o nessuna importanza, tanto il lettore non conta!
Anche se è evidente che così non è. Se importa poco all'élite del potere - cosa che non crediamo affatto, altrimenti non se ne lamenterebbe -, importa viceversa molto alla società "aperta" dei followers e che, come sempre è accaduto accade e accadrà, giudica in base alle cose che si dicono, che siano o non siano condivise dal potere organico o organizzato.
La differenza degli intellettuali è una soltanto, che condividano una società aperta o chiusa. I molti dovrebbero essere per una società aperta e non viceversa "chiusa". Così come gli intellettuali, sempre che a loro vogliate assegnare un ruolo e una funzione specifici. Che, a mio diverso parere, non dovrebbero inv
ece avere. E, nei fatti, non hanno. Angelo Giubileo