ROBOT - SOGNO E INCUBO DI UN'IDEA GENIALE DELL'UOMO
E' vero: i robot lavorano con noi e per noi, ma c'è il rischio concreto che, presto, lavorino anche al nostro posto o addirittura sfuggano di mano e lavorino contro di noi. Il robot come sogno e incubo dell'uomo è antico: creare un essere uguale a noi è la tentazione che nasce con l'uomo, desideroso di imitare superbamente Dio.
Gershon Sholem, studioso della cabala nel 1965 chiamò Golem Aleph il primo computer creato in Israele. Non è un caso che allo Judishes Museum di Berlino si sia appena inaugurata una mostra (che durerà fino al 29 gennaio 2017) dedicata al Golem, evento di straordinario fascino che ben si adatta ai ragazzi e più ancora ai bambini. Nel Talmud si trovano le prime descrizioni di una creatura modellata con polvere e fango (come il primo uomo) che prende vita grazie ad una magica combinazione di lettere ebraiche.
L'esperimento fallisce, spiega lo stesso Talmud, perché può riuscire nell'impresa solo un rabbino senza peccato e perfettamente giusto. Ma nessun essere umano lo è pertanto il Golem resta un sogno irrealizzabile. Anche per tale ragione ogni Golem creato è destinato a rivoltarsi contro l'uomo che lo ha eventualmente concepito. Ecco perché cercare di crearne uno è grande peccato nella visione ebraica.
L'uomo però, naturalmente, non si rassegna, né può rassegnarsi. Nel 1915 un romanzo di Gustav Meyrink riportò d'attualità il Golem e con il primo conflitto mondiale macchine diventano protagoniste con i panzer e gli aerei. Nello stesso anno sul medesimo argomento fu girato un film da Paul Vegener, cui seguirono altri film muti.
Il Golem robot perfetto rimane dunque una metafora, anche se tutti pensano di scoprirlo celato nel cellulare che domina le loro vittime e come un grande fratello ci domina e ci spia. I ragazzi di fronte alla moderna robotistica sognano da parte loro di costruire il loro Golem, con gli elementi di plastica della Lego.
Un fatto è certo, per concludere, che il domani, anzi il futuro, come aveva previsto Jules Verne, sarà un futuro di macchine intelligenti sempre che anche l'uomo sia tale.
LUCI ED OMBRE DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Sul fenomeno dell'intelligenza artificiale e del suo rapporto con gli umani mi sono già occupato su Asino Rosso in diverse occasioni.
Oggi, in pieno sviluppo della autonomia delle macchine e, in forza dei progressi nel machine learning e nel cognitive computing, il ruolo degli umani nei sistemi automatici si sposta decisamente rispetto al passato; più, infatti, le macchine imparano a svolgere i nostri compiti, più noi esseri umani perdiamo la capacità di sostituirle.
E ciò perché, progredendo verso la singularity e constatando che le macchine ragionano sempre meglio, la nostra capacità di interazione e di comunicazione è sensibilmente peggiorata. Non è più il tempo in cui, come si legge nel Mago d'Oz, Dorothy, incontrava l'Uomo di latta e i due riuscivano a comunicare tra loro, anche se il robot era bloccato dalla ruggine e si esprimeva con difficoltà.
I progressi dell'intelligenza artificiale e nel computer learning stanno alterando i confini fra uomini e macchine, ma in tale contesto evolutivo non va trascurato il punto di vista degli umani, che hanno sì capacità limitata di memoria e di movimento, ma al tempo stesso una notevole adattabilità al cambiamento, di cui il mondo dell'automazione è ancora priva.
Occorre pertanto concludere che, nonostante tutto, va sempre messo al centro della questione l'uomo e ad esso bisogna adattare le macchine e non viceversa. Questo è e sarà lo snodo fondamentale dello sviluppo dell'automazione del futuro.