QUANDO L'ITALIA ERA LA LUCE DEL FUTURO

Se si ripensa alla rivoluzione culturale ed educativa che, tra il XIV secolo e il XVI secolo, segnò lo spirito e la storia d'Europa, delineando un futuro possibile di humanitas a vasto raggio, si coglie il fantastico nesso tra la visione critica socratica alla eudaimonia aristotelica alla ricerca della conoscenza. Può pero sorprendere lo scoprire come l'umanesimo, certamente nato in Italia e propagatosi nel resto del Vecchio Continente, sia già presente nel nostro Paese fin dalla fine del Duecento: mentre, infatti, in Europa l'insegnamento era ancora nelle mani della Chiesa, in Italia la formazione dei giovani non era più monopolio dei religiosi. La laicità della didattica si stava affermando da noi con straordinaria efficacia e vivacità. Da questa linfa nacque quell'Umanesimo che viene considerato uno dei lasciti più importanti della gente italica. L'intellettuale laico nel Medio Evo si manifestò paradossalmente anche in soggetti, apparentemente imbevuti di sentimento e dottrina religiosa, come fu Dante, il quale, per la sua specificità, non rinunciò mai a quella "virtute e conoscenza" che mette in bocca al suo Ulisse della Commedia. In altri termini nel Bel Paese si sviluppò un nuovo senso della storia e di essere diversi da quegli antichi rispetto ai quali l'uomo medievale nutriva profondo rispetto, ritenendosi di esso legittimo continuatore. L'esempio di Dante può sembrare contraddittorio, ma l'atmosfera culturale che si respirava conferma quella che è stata definita da Ronald Witt l' "eccezione italiana".
Era quello il tempo in cui l'Italia era maestra e luce di futuro.
Casalino Pierluigi