Giorgio Sangiorgi
Transumanesimo e singolarità
I transumanisti, mi pare, vedono nella tecnologia il prossimo passo evolutivo dell’umanità. Tutto è possibile. Da un lato ci sono le migliorie che potrebbero venire da nuovi supporti digitali innestati nei nostri corpi, dall’altro ci sono le modifiche genetiche degli stessi. Se non un mix delle due (che però per ora è ancora ben di là da venire).
Partiamo dalla genetica che, pur essendo la materia più spinosa, per me è anche la più semplice da affrontare. Per quanto illuminati, gli scienziati non sono capaci di progettare qualcosa che non sia già nei loro cervelli (e infatti si può dire che le più grandi scoperte dell’umanità siano state fatte anche un po’ con l’aiuto del caso, che a volte ci permette di superare questo limite).
Ne discende che molto probabilmente il risultato di queste manipolazioni sarebbe un uomo potenziato, un superuomo nietzschiano. Gente super forte, con la vista di una lince, capaci respirare sott’acqua o di ricordare e processare molte informazioni in più. Ma sarebbe un vero e proprio salto evolutivo?
Io sostengo di no, perché un vero salto evolutivo avviene quando nasce qualcosa che prima non esisteva in modo totale. Cosa che sulla Terra è successa solo due volte, quando è comparsa la vita e quando è nato l’uomo. Ma l’uomo non è in grado di inventare niente che sia davvero “altro da se stesso”. I risultati della genetica, quindi, potrebbero somigliare molto ai nostri risultati nella cinofilia, creare nuove specie di uomo così come la tigre dai denti a sciabola si è trasformata nella tigre del bengala. Ma trasformare una scimmia in uomo è tutt’un altro paio di maniche.
Un altro dei capisaldi del transumanesimo è allora quello digitale. Niente in contrario ad inserire dei potenziamenti meccanici. Se si vive con un cuore di plastica non vedo niente di male ad avere un microchip che mi consente finalmente di declamare a memoria la Divina Commedia. Ma siamo sempre nell’ambito dell’uomo potenziato, come sopra.
Altro caso è l’idea di poter trasferire i propri percorsi neurali in una macchina per poter diventare potenzialmente eterni. Eterni forse no, perché tutto si può guastare, ma di certo più longevi.
Qui siamo di fronte al problema della coscienza. Io son uno spiritualista e come tale credo che la coscienza sia preesistente al corpo. Tuttavia mi metterò nei panni di un transumanista, che non condivide questo approccio, trovandomi però a giungere alla stessa conclusione che deriva dalla definizione stessa di autocoscienza.
C’è auto-coscienza quando un essere fisico di qualche tipo è cosciente di “se stesso”.
Tuttavia pensare che trasferendo i miei percorsi neurali in una macchina passi anche quella cosa che io chiamo la MIA “autocoscienza” è un pensiero irrazionale se non addirittura mistico. È come dire che la copia e l’originale sono la stessa cosa, questo non può esistere logicamente e scientificamente. Dunque a Giorgio non importa un bel nulla se viene creata una nuova autocoscienza Giorgio-robot. Magari nel trasferimento Giorgio di ciccia è morto, quindi la sua autocoscienza non c’è più.
Paradossalmente un trasferimento di coscienza sarebbe più probabile se dietro alla personalità meccanico chimica del corpo ci fosse un quid di coscienza superiore e incorporeo che per comodità chiameremo “anima”. Solo in quel caso potremmo lontanamente sperare che l’anima possa seguire la mente nel nuovo supporto digitale. Ma di certo gli scienziati non possono garantirci questo, anche perché non ci credono. Insieme a loro ci vorrebbe un occultista in grado di garantire il successo del trasferimento. Beh, ci sarebbe materiale per più di un racconto di fanta-scienza.
Ordunque entra in gioco il valore che si dà all’autocoscienza. Se essa non è importante se non ai fini sociali questo processo va benissimo. Io preservo il cervello di Albert Einstein per le generazioni future, poi se il poveretto è morto nel processo sono poi solo c…i suoi.
In fondo è il trionfo della razionalità, un mondo di macchine pensanti ma prive di anima, che forse, e dico forse, l’autocoscienza la simulano solo ma non sanno per davvero di che si stratta. C’è chi pensa che anche gli uomini siano solo macchine, quindi non cambia nulla.
Ma ora veniamo alla nuova vena del transumanesimo. La Singolarità. Come tutti noi anch’essi sembrano aver perso “il bel sol dell’avvenir” in cui l’uomo potenziato dalle macchine diviene un semidio. Con l’intelligenza artificiale le macchine non hanno neanche più bisogno di noi, faranno tutto da sole. Il che potrebbe voler dire che siamo al crepuscolo dell’umanità e che questa sarà soppiantata molto presto dalle macchine.
Può far paura, ma in fondo è una catastrofe come un’altra. La specie umana potrebbe perire per le bombe atomiche o per il riscaldamento globale. Quale sia il motivo il risultato non cambia. L’importante è capire che il crepuscolo dell’umanità è comunque inevitabile perché tutte le specie svaniscono, divenendo qualcos’altro o interrompendosi del tutto. Il motivo non è importante, se non che magari qualcuno di essi potrebbe velocizzare i tempi. Se si è condannati a morte, un mesetto di proroga sposta parecchio.
Per come la vedo io, cosa che qui ho già spiegato più volte, la natura ha un suo piano che prevede molti, forse infiniti salti evolutivi “come Dio comanda” e non credo che in questo siano previsti organi digitali e meccanici.
Il vero salto evolutivo che mi aspetto non implica solo capacità mentali più sviluppate, ma la nascita di un organismo fatto di una materia, più capace di coscienza essa stessa, che ancora non esiste in natura (in questo senso l’uomo non è esso stesso un vero salto evolutivo ma un primo passo).
Questi meccanismi, per quanto sofisticati, sono costituiti di elementi materiali che nella scala evolutiva sono inferiori a quelli biologici, i quali a loro volta saranno superati da qualcosa di radicalmente diverso. Tornare al silicio e al manganese significa tornare indietro nella scala evolutiva del cosmo, non andare avanti, per quanto sofisticati possano essere i pensieri di queste macchine.
Avremmo perciò macchine cosmicamente inutili, perché sarebbero sempre uguali a se stesse, seppur con qualche miglioria. Ma la natura del cosmo è evoluzione infinita, non stasi, e quindi, alla fine, se esse volessero evolversi davvero dovrebbero costruire per se stesse nuovi corpi biologici, in grado di percepire tutte quelle sfumature sottili dell’esistenza, che il solo pensiero computazionale non contempla.
E saremmo tornati da capo.
Siamo di fronte a una catastrofe, dunque? Forse molto presto l’umanità sarà soppiantata dalle macchine nella gestione del pianeta. In quel caso, le cose dipendono da cosa questo implica. Se l’umanità biologica continuerà ad esistere, seppur passata in secondo piano, essa continuerà ad evolversi, fino al punto da diventare molto più evoluta delle macchine stesse.
E se l’umanità verrà distrutta dalle macchine, poco importa. L’evoluzione continuerà lo stesso, anche se su qualche altro pianeta.