Gramsci? Grande, ma uomo violento bolscevico e comunista


Certo, la grandezza morale di Gramsci è fuori discussione: affrontò lunghi anni di carcere, che lo minarono nel fisico e che lo portarono a una morte precoce, senza deflettere mai dalle sue idee. Ma se si deve fare «una analisi oggettiva e libera del suo pensiero», non si può ignorare che esso si iscrive interamente nel leninismo e nella rivoluzione bolscevica. Nel 1919-20 (il «biennio rosso») Gramsci esaltò la violenza rivoluzionaria (che tanta importanza avrà nell'ingrossarsi del movimento fascista). Di tale esaltazione diede un saggio impressionante quando analizzò, su L'ordine nuovo, la natura della piccola e media borghesia italiana. «La borghesia dei funzionari pubblici padre-figlio, dei piccoli proprietari industriali e agricoli, commercianti in città, usurai nelle campagne». Questa piccola e media borghesia veniva definita da Gramsci «la peggiore, la più vile, la più inutile, la più parassitaria»