Poesie virtuose e di ricerca, liriche e modernissime di Paolo Melandri. Noto poeta, già del giro della Scuola Romana di Filosofia Politica (Università La Sapienza).
....Paolo Melandri, A che valse? (Poesia)
ebook Street Lib/Asino Rosso, 2023)
di Roby Guerra in
Noto anche a Roma in particolare e in Italia, in certo ambito filosofico controculturale, romagnolo e insegnante, Paolo Melandri spicca per certo non comune dis-equilibrio poetico: diversa compenetrazione e simultaneità testuale, sulla scia di certa neoavanguardia celebre in decenni di fine secolo 900, tuttavia in modulazioni virtuose e nuovamente liriche originali.
In questo senso, secondo noi, non distante da certa poetica futurista, quella del cosiddetto secondo futurismo, meno roboante e provocatoria, un poco come l'Aeropittura.
Come Soffici, Buzzi, Govoni, Benedetto ecc.
E in tal senso, finita in certo modo, la stagione "dirompente e sperimentale pura" delle parole in libertà, le parole restano letteralmente libere, oltre l'ismo.
Come dovrebbe essere (oltre certa perdurante crisi dell'attuale poetica contemporanea, troppo autoanalitica e poco s-oggettiva) la stessa poesia italiana, oggi.
I versi per certa calcolata naturale... combinatoria e danza dei possibili, sullo sfondo come "archetipo" scansioni musicali, evocano frattali...
Le emozioni del fare anima alla Hillman, cifrate in chiave modernissima, cuore, amore, femminile libero, e così via, senza alcun sentimentalismo e i battiti dell'amore-cuore-fiore tornano parlanti e intensi-e, retorica spesso diffusa altrove zero!
Un 0,1 pulsante e creativo senza codice binario.
1 POESIA DA A CHE VALSE? DI PAOLO MELANDRI
La meridianaLa meridiana attorno
al dito medio e l'ametista chiara
al tuo anulare offerto come pegno
fra tazze sorseggiate di tisana,
quando impalmai l'incanto del tuo corpo
immateriale (duplice millennio
che entro l'anello stringi tra le dita
col sole che il rubino ci incastona),
la tua purezza languida infinita
che mi smarrisce e salva e mi perdona,
il topolino grigio tra le chiome
che ora disciogli ed ora avvolgi in nodo
con mani di sottile comunione
al flusso dei miei sguardi senza approdo,
e gli archi a mezzaluna delle ciglia
su palpebre del fior di melarance,
la tua struggente assorta meraviglia,
la cipria che ti impollina le guance
più delicate ancora del mughetto,
come un velo traslucido di sogno,
il diafano nitore di rossetto,
e la trepida brezza di germoglio
che scivola sui lembi della veste
nel mattino celeste
o verso sera,
non sanno esprimere le mie parole.
Ma il giorno in me si invera
se ti contemplo e ascolto la tua voce,
ricamo d'armonia che l'aria smerla,
se il viso appoggi con movenza dolce
al dorso della mano tua dimessa,
se l'abisso degli occhi ti si imperla
di umida luce intrisa di promessa…
E questo, non mentire, tu lo sai:
che i nostri fremiti di corpi intatti
si cercano da sempre nel viavai
tetro, illusorio, livido di anfratti,
noi due, respiri unisoni di sguardi
nel breve cerchio d'ora che si sfiocca;
stringiti a me, adorata, non è tardi:
sigilliamo il silenzio a bocca a bocca.
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