Angelo Giubileo, Le tavole dei destini



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Da: Angelo Giubileo <angelogiubileo6@gmail.com>

La rivelazione contenuta in scritti segreti deriva dall'idea che gli dei disponessero di una propria tavola scrittoria sulla quale prima incidere e poi vergare i destini di ogni vita. È dunque esistito ed esiste tuttora un filo che lega la vita alla scrittura e si dipana in ciò che chiamiamo sapienza o conoscenza di ciò che (to chreon), accade e quindi viene trasmesso. Questa idea di sapienza attraversa tutte le culture, retaggio del patrimonio dall'antica Mesopotamia, e giunge attraverso l'Islam fino all'epoca elisabettiana di Shakespeare e di cui è traccia in particolare nel suo Enrico VIII: "O Dio! Se si potesse leggere nel Libro del destino e vedere il volgere del tempo..." (parte seconda, III, I, 67-68).
Il breve testo che ora segue è in parte una mia rielaborazione sintetica di ciò che conclude Stephanie Dalley nel suo "Il retaggio della Mesopotamia", pubblicato da Adelphi nel 2016. E tuttavia occorre precisare e aggiungere che le più recenti ricerche individuano retaggi di culture antecedenti alla cultura della Mesopotamia, risalenti a un ceppo protoindoeuropeo datato a partire almeno dal VII millennio e.a. (H. Haarmann). Ma, restiamo qui alle conclusioni della Dalley, che partono dalla cultura "mesopotamica" (!?).
L'idea del destino (che Emanuele Severino traduce con <l'essere dello stare e lo stare dell'essere medesimo>) di ogni vita, e quindi della sapienza o conoscenza di ogni cosa, viene confusa con l'idea dell'immortalita' di corpo e anima, e prende così forma d'interpretazione narrativa in personaggi o figure mitiche quali Zoroastro, Ciro, Pitagora, Mosè, Salomone, Melchisedec, Apollonio di Tiana, Gesù di Nazareth. E invece, attraverso il racconto, il significato del <segreto> di una vita supposta trascendentale è piuttosto quello dei <segreti> di una vita terrena che, sulla propria via, ognuno raccoglie, impara e trasmette a tutti coloro che lo seguiranno. Mediante un processo che oggi diremmo di imprinting ma ancora più comunemente è detto di iniziazione. Laica, religiosa o gnostica che sia.
Scrive la Dalley che l'idea della rivelazione dei segreti è saldamente rappresentata nella cultura islamica dalla "Storia di Buluqiya, nota e tenuta in gran conto presso i Sufi". Invece, nel periodo elisabettiano, attraverso il "Libro dei segreti, per il quale si fa il nome di Alberto Magno, tradotto dal latino in lingua inglese". Il libro "fornisce i nomi di piante e animali in una sorta di <caldaico> ormai incomprensibile; vi si trovano inoltre informazioni su pianeti e sulle meraviglie del mondo. Ricette e consigli profani hanno sostituito gli antichi rituali per insufflare vita divina nelle statue". E negli uomini. 
E allora è anche così che può essere riscoperto il <vero significato> racchiuso nelle "sacre scritture". Come peraltro aveva ben compreso l'autore del Corpus Hermeticum, che nel libro XVI espressamente scrive: "Coloro che già seguono principi opposti diranno che lo stile è oscuro e nasconde il significato. E sarà considerato ancora più oscuro in tempi a venire, quando i Greci riterranno opportuno tradurre questi scritti dalla nostra lingua nella loro. La traduzione produrrà un gravissimo stravolgimento del senso degli scritti e provocherà grande oscurità".
Ed è così pertanto che la cultura della sacra scrittura, incisa su pietra, stilata su tavolette di argilla, vergata nei libri, rivive ancora oggi, e chissà per quanto altro tempo ancora (!?), nel racconto che - sappiamo oggi non fu certo egli il primo - di Gilgamesh: "Cerca la cassetta di rame delle tavolette, sblocca la serratura di bronzo, apri la porta che cela i suoi segreti, tira fuori la tavoletta di lapislazzuli e leggila, la storia di quell'uomo, di Gilgamesh, che sperimento' ogni possibile sofferenza".
Angelo Giubileo 


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Roberto Guerra