Il Canova di L. Spina

.....di VITTORIO SGARBI


Nel Canova visto da Spina c'è la bellezza imperfetta


 

Che cosa vede, che cosa cerca Luigi Spina in Canova? Cerca l'opposto di ciò che Canova vuole essere: l'imperfezione. Altri grandi fotografi si sono misurati con Canova. Nel 1992 accolse la sfida Mimmo Jodice. Jodice, con il nitore dello sguardo fotografico davanti a forme assolute nello spazio, isolate da ogni elemento di disturbo, potenzia la perfezione di Canova, va oltre l'ideale, restituendoci la dimensione immateriale del puro pensiero. La sua intenzione è «far diventare le sculture, attraverso la Fotografia, veri e propri corpi». Non è così l'esito, perché quei corpi sono pure idee, essenza. Canova si basta, ma Jodice vuole capire «l'invenzione della bellezza», la sua origine. Jodice non documenta, insegue un segreto per rivelarlo; e le sue fotografie vivono autonomamente, quanto più sono distanti dalle sculture. Cercano un'altra dimensione, uno spazio interiore.

Diverso è il corpo a corpo di Spina. Dopo aver fotografato le sculture della collezione Farnese nel museo archeologico di Napoli, «marmi parlanti», si avventura nel mondo di Canova nel punto più lontano dalla destinazione finale delle opere. Entra nello studio dello scultore che, nel frattempo, è diventato un grande museo: la Gypsotheca di Possagno. Non so quando vi sia entrato la prima volta, ma è interessante che egli dichiari, all'opposto di Jodice, che «per quanto concerne Canova avevo meditato a lungo che la via privilegiata per affrontare una ricerca non era il noioso marmo, super fotografato e abusato. Ma il gesso!». Spina sente il gesso come l'opposto del marmo. La materia della imperfezione tattile rispetto a quella incorruttibile, dove domina l'idea e non c'è traccia della manualità. Per capire ciò che cerca sono essenziali il bianco e nero, e il progressivo avvicinamento alla materia attraverso i dettagli: «Attraversare la materia. Svelare le superfici gessose delle sculture attraverso sequenze fotografiche a contatto con il soggetto. Il gesso è, nell'atto del concepimento dell'artista, il momento fragile e variabile del sentire il corpo della scultura. L'atto del creare nel momento più delicato. Dove bisogna raggiungere un equilibrio. Tra il genio dell'artista e i limiti della materia. Il gesso bianco, luminoso, senza forma. L'inconsistenza del gesso è metafora dell'esistenza umana. L'artista cerca di spalmarlo, modificarlo e assoggettarlo ad una forma. Il gesso, fatto scultura, è vera espressione dell'animo creativo. Materia primigenia e oscura che s'illumina nel fragore e nell'esaltazione della creazione».

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