Da: Pierluigi Casalino
Dai libri posseduti dalle biblioteche dei grandi Ordini mendicanti dei secoli XIII-XIV e perduti lungo i secoli, è stato appena scavato un altro prezioso e raro gioiello della ricerca storicoletteraria su Dante e l'Islam avviata poco più di un secolo fa, ma che trae origine persino in tempi precedenti. Il gioiello, anzi un vero giacimento, è la piccola, ma significativa biblioteca raccolta da un frate converso domenicano di nome Ugolino, di cui sappiamo che all'inizio del Trecento svolse il compito prestigioso di arcarius, cioè di guardiano della celebre arca sepolcrale di San Domenico, eseguita nel 1267 per l'omonima chiesa bolognese da Nicola Pisano e dalla sua bottega. L'elenco dei libri che in età avanzata fra' Ugolino decise di regalare al proprio convento, è stato ricavato dallo studioso italiano Luciano Gargan, purtroppo scomparso qualche anno fa, dall'atto di donazione, datato 1312, conservato in una pergamena dell'Archivio di Stato di Bologna che in realtà era già stata pubblicata poco più di cinquanta anni fa da due storici dell'Ordine domenicano, rimanendo però del tutto inerte in fondo ad uno studio per specialisti. A valorizzarlo è stato dunque proprio Luciano Gargan, la cui geniale capacità di riconoscere i dettagli importanti immersi nel magma e di collegarli in una sottile e utilissima ricostruzione storiografica. Tra i tanti dettagli raccolti da Luciano Gargan (Luciano Gargan, Dante, la sua biblioteca e lo Studio di Bologna)emerge misteriosamente il Libro della Scala di Maometto, non altrimenti menzionato ed illustrato in modo stupefacente in questi termini: item voluti frater Hugolinus predictus quod huic donationi adderetur liber qui dicitur Scala Mahometti....Secondo Gargan, quindi, Dante potrebbe aver letto davvero, tradotta in latino, la storia del viaggio di Maometto nell'oltretomba, accompagnato dell'arcangelo Gabriele. Pote' leggere non significa necessariamente che lesse. Il dibattito su Dante e l'Islam e quello delle fonti arabe della Commedia si è riaperto clamorosamente, rinnovando la tesi di Asin Palacios, ma anche della stessa Maria Corti alla fine del XX secolo. Pertanto non solo l'eventuale racconto di Brunetto Latini, ma anche e soprattutto questo più che possibile diretto contatto da parte di Dante del Liber Scalae risulta prova ormai quasi certa dell'influenza escatologica islamica nella Divina Commedia. Ora disponiamo della prova storicamente sicura che negli stessi anni in cui Dante scriveva la Commedia, in una delle biblioteche in cui è verosimile che egli abbia studiato si conservava il Libro della Scala, forse nella versione latina approntata nel 1264, nella Toledo di Alfonso X il Saggio dal notaio Bartolomeo da Siena. La pubblicò nel 1949 Enrico Cerulli, tenendola da un codice parigino segnalato nel 1944 da Ugo Monneret de Villard, e congetturando, come spesso ho detto in diverse precedenti occasioni, che Brunetto Latini, maestro di Dante e ambasciatore di Firenze a Toledo, potesse essere stato mediatore dell'arrivo in Italia. Già peraltro il Cerrulli puntualizzava le acute ricerche del grande arabista spagnolo Miguel Asin Palacios che primo nel 1919 aveva segnalato le affinità dell'impianto concettuale e figurale dell'architettura dell'aldilà dantesco rispetto a quello islamico. Oggi, scoprendo che nel 1312 i domenicani bolognesi possedevano il Libro della Scala, la questione va riaperta con un grado di attendibilità e compatibilità molto più alto. A questo punto non si può ricordare le intuizioni di Maria Corti proprio a proposito di quanto lei ha scritto sulle letture di Dante a Bologna ( Dante ad un nuovo crocevia, Maria Corti, 1981). Una di queste felici intuizioni viene confermata anche da Gargan che dimostra il certo incontro di Dante con l'averroismo latino a Bologna. Un discorso che è solo agli inizi, ricco di prospettive e di straordinarie scoperte.
Casalino Pierluigi