E' arrivato il tempo in cui si discuta di un nuovo modello di democrazia forse più conforme ai tempi in cui viviamo
Eccoci qua, con la malaugurata prospettiva di ritornare di nuovo al punto di partenza, in questo gioco dell'oca all'italiana in cui pare proprio che non si riesca a fare un passo in avanti o anche più. Nell'ultimo ormai quasi decennio di crisi istituzionali di governo - a partire dalla crisi dell'estate 2011 con l'incarico affidato a Monti in sostituzione di Berlusconi - l'inquilino di Palazzo Chigi è stato incaricato dal Presidente della Repubblica, come prevede la Costituzione, ma mai a seguito di votazioni politiche. Unica eccezione: il governo gialloverde, appena "sfiduciato" tuttavia dal suo ministro dell'Interno Salvini.
All'esito dell'annuncio di sfiducia, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto: "farò in modo che sia la crisi più trasparente della storia". Ha evitato così la scelta delle proprie dimissioni e ha di fatto imposto lo svolgimento del dibattito di crisi in Parlamento. Nell'ambito della risoluzione del percorso decennale di crisi, si tratta dunque di fare un altro passo in avanti. Alla salvaguardia del voto degli elettori, principio assolutamente fondamentale in democrazia, si aggiunge da lunedì prossimo un altro importante passaggio istituzionale che, nelle gestione di crisi del Governo, restituisce al Parlamento il proprio ruolo e compito istituzionale.
Esaurito il dibattito parlamentare, dichiarata la fine del governo in carica, il Presidente della Repubblica, secondo una prassi che viene definita "convenzione costituzionale", avvia le consultazioni tra i rappresentanti dei gruppi parlamentari per l'affidamento di un nuovo mandato o incarico di governo oppure rinvia a nuove consultazioni popolari. Le convenzioni costituzionali operano nei cosiddetti "spazi vuoti" lasciati dalla Costituzione e pertanto non sono assimilabili né a fonti del diritto né a forme di risarcimento di tipo giurisdizionale. Costituiscono, essenzialmente, un fatto politico.
Semplificando, ma senza banalizzare la questione, diciamo che l'esito della crisi dipende in gran parte dall'azione del Presidente della Repubblica, come anche dimostrato dalla gestione delle crisi di governo nel periodo compreso tra il 2011 e il 2018. Una stessa azione sostanzialmente mutata nel tempo, perché in linea con lo zeitgeist o spirito del tempo o tendenza culturale prevalentemente in atto. Concludo allora dicendo che, a mio parere, siamo di fronte a un'occasione finanche storica per il nostro paese: confermare la via democratica del voto popolare e contestualmente aprire il dibattito sulla nostra stessa forma di democrazia parlamentare o un diverso modello di democrazia, in qualche modo presidenziale, forse più conforme al tempo vissuto e vivente.
Angelo Giubileo